Il prezzo del petrolio continua ad essere fortemente legato alle tensioni politiche fra Stati Uniti, Cina e Iran e per questo, nonostante un primo semestre del 2019 cominciato in netta ripresa, gli investitori finanziari continuano a mantenersi prudenti circa le stime per il futuro.
“I prezzi del greggio dovrebbero essere valutati intorno ai 66 dollari al barile per il 2019 e sui 65 dollari al barile nel 2020 – spiegano da Geneve Invest, società di gestione patrimoniale con sede a Ginevra e in Lussemburgo, confermando le stime già rilanciate dalla Banca Mondiale – Si tratta di una previsione un po’ in ribasso rispetto alle prospettive di crescita di inizio anno, che fa i conti con una produzione petrolifera statunitense superiore alle attese e con la disputa commerciale in corso fra Stati Uniti e la Cina, i due più grandi consumatori di petrolio al mondo”. Anche secondo l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) le tensioni commerciali danneggiano le prospettive a breve termine e rendono complessa anche la gestione del mercato sul medio periodo, obbligando i paesi produttori a rallentare la produzione per mantenere i prezzi entro un livello di guardia e stabilizzare il mercato.
“Dall’inizio del 2019 – spiega Omar Liverani, Relationship Manager per Geneve Invest – il greggio ha registrato un aumento del prezzo quasi del 30%, ma non è ancora riuscito a recuperare il calo del 40% registrato nel quarto trimestre del 2018. L’importante in questa fase è assicurarsi che la crisi fra Stati Uniti ed Iran, e la conseguente diminuzione di esportazioni del greggio iraniano, possa essere compensata, some sembra, dall’offerta di petrolio di paesi OPEC. Nello specifico, si prevede un aumento della produzione di petrolio negli Emirati Arabi Uniti, in Kuwait, in Arabia Saudita e, fuori dall’Organizzazione dei Paesi Produttori, della Russia. A partire da queste dinamiche, chiude il discorso Liverani dalla sede lussemburghese di Geneve Invest, l’outlook economico difficilmente raggiungerà le stime OCSE, che a novembre 2018 stimavano una crescita sino a raggiungere, nel 2019 gli 80 dollari al barile. In questo scenario il prezzo del Brent dovrebbe invece attestarsi intorno ai 70 dollari nel prossimo semestre, a meno di un’escalation militare fra Stati Uniti e Iran che da un lato farebbe esplodere il prezzo del petrolio, anche oltre i 90 dollari al barile, dall’altro avrebbe un impatto molto pesante sui segmenti finanziari più rischiosi, come obbligazioni high yield, ad alto rendimento e mercati emergenti. E’ una prospettiva molto remota, che va monitorata.”