Perché aumenterà l’Iva?

 Si parla molto dell’aumento dell’Iva che scatterà, a meno di auspicabili sorprese dell’ultimo momento ad ottobre 2013, perché, come hanno anche provato a dimostrare molti studi delle principali associazioni di consumatori, sarà una vera e propria mannaia sulle famiglie italiane.

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Stando alle ultime notizie che arrivano dalle stanze dei bottoni, l’aumento di un punto percentuale dell’aliquota Iva, che passerebbe così dall’attuale 21% al 22%, potrebbe essere fatto slittare ancora di qualche tempo, al massimo fino a gennaio 2014, ma difficilmente l’appuntamento potrà essere ulteriormente procrastinato.

Le ragioni principali per le quali l’aumento dell’Iva è inevitabile sono due: uno che riguarda i conti dello Stato italiano e l’altro è l’Europa e gli standard che l’Italia deve mantenere.

► I possibili effetti dell’aumento dell’Iva ad ottobre 2013

I conti in tasca all’Italia

Partendo dal presupposto che l’aumento dell’aliquota Iva di un punto percentuale vale per le casse dello stato – almeno in teoria – 4 miliardi di euro all’anno, l’aver posticipato l’aumento da giugno a settembre ha già comportato un ammanco del gettito Iva di circa un miliardo, che è stato recuperato con aumenti spalmati su altre tasse.

Posticipare di altri tre mesi vorrebbe dire perdere 1 miliardo di euro ogni tre mesi, che al momento lo Stato italiano non può permettersi di perdere se non vuole sforare gli standard imposti dall’Europa.

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L’Europa e la questione del deficit

Se l’Italia vuole mantenersi entro gli standard imposti dall’Europa sul rapporto tra il debito pubblico e il Pil. Il paese, per uscire dalla procedura di infrazione, deve rispettare il vincolo del 3%. Soluzioni alternative all’aumento dell’Iva quindi sembrano non esserci, a meno che l’Italia non decida di sfidare l’Europa.

 

Il PIL italiano calerà dell’1,8% nel 2013 secondo l’Ocse

L’ economia europea sembra aver imboccato una fase di ripresa e di crescita, annunciata da molti segnali positivi che sono oggi sotto osservazione da parte degli addetti ai lavori.

Anche per l’Eurostat l’Eurozona è fuori dalla recessione

Dall’ ambiente internazionale però non arrivano buone notizie per la futura ripresa economica dell’ Italia. L’ Ocse ha infatti previsto che nel corso del 2013 il Prodotto Interno Lordo Italiano subirà una ulteriore contrazione dell’ 1,8%.

Com’è cresciuta la spesa pubblica

 Spendere molto, per una pubblica amministrazione, non è sempre negativo se questa spesa equivale all’erogazione di un maggior numero di servizi. A guardare la spesa pubblica italiana, però, si resta di stucco visto che in 15 anni l’aumento dei costi a carico dello stato è aumentato quasi del 70 per cento.

Spread e borsa italiana da record

Il riferimento è al periodo che va dal 1997 ad oggi. Le uscite dello stato sono contabilizzate in 300 miliardi di euro. Fortuna che le entrate fiscali sono aumentate un po’, sono in crescita precisamente del 52,7 per cento e per questo il gettito fiscale è salito di 240 miliardi di euro.  Se poi si vanno a considerare soltanto le imposte locali allora s’inizia a parlare di aumenti vertiginosi del 204 per cento.

In generale a pubblica amministrazione italiana spende tantissimo ed è molto difficile che di questo passo si approdi al famoso federalismo fiscale. L’Italia, in generale, ha due grandissimi problemi che si chiamano: debito e conti pubblici. Il nostro paese, in questi 15 anni, non è stato in grado di ridurre la spesa e tanto meno di ridurre il debito pubblico.

Il debito pubblico italiano sale a 2.075 miliardi

Secondo un’analisi recente fornita dalla CGIA, la spesa pubblica è cresciuta del 68,7 per cento che in euro equivalgono a ben 296 miliardi. Alla fine di quest’anno la situazione potrebbe essere ancora più grave con la spesa pubblica che crescerà fino a 726,6 miliardi di euro.

In calo la competitività dell’Italia secondo la Commissione Europea

 La Commissione Europea ha recentemente aggiornato il quadro delle competitività delle nazioni e delle regioni del Vecchio Continente. Ha infatti stilato il nuovo Indice 2013, in cui la posizione dell’ Italia, rispetto a quella delle altre nazioni europee, è risultata più che sofferente. Dal punto di vista della competitività economica, infatti, il nostro Paese ha perso numerose posizioni in classifica, andando ad attestarsi allo stesso livelli di alcune nazioni dell’ area balcanica e di alcune regioni della Spagna meridionale. 

Il PIL tricolore scende ma non tantissimo

 L’usura torna di moda soprattutto a Sud e l’indebitamento delle famiglie con gli strozzini preoccupa anche la politica. Sull’argomento interviene anche il premier spiegando che se la ripresa del PIL, della fiducia e dei consumi è in atto nel nostro Paese, ci sono territori in cui la ripresa stessa sarà molto più difficile.

Ma se non è uniforme questa ripresa, si può lo stesso parlare di miglioramento della situazione finanziaria italiana? La risposta è affermativa e trova un fondamento anche nel report stilato dall’OCSE che sottolinea come il calo del PIL italiano ci sia ancora, ma il rallentamento è minore del previsto.

Piazza Affari crede nella ripresa economica

Il periodo di riferimento è il secondo trimestre del 2013. Il rallentamento del Prodotto Interno Lordo italiano è stato dello 0,2 per cento, migliorando il -0,6% del primo trimestre. Nel complesso, migliora la situazione in tutta l’area OCSE dove il PIL aumenta dello 0,5 per cento e risulta in accelerazione rispetto al +0,3 per cento registrato all’inizio dell’anno.

L’Italia, adesso, sembra molto più vicina alla fine della recessione. L’OCSE dice che il rallentamento è ancora importante nel nostro paese ma la caduta del PIL è stata attutita. Non è certo un incoraggiamento senza capo né coda visto che i dati sono suffragati dall’andamento dell’indice PMI diffuso in questi giorni.

Per l’Ocse rallenta la flessione del PIL italiano

 Anche per l’ Ocse l’ Italia sembra finalmente aver imboccato la strada della ripresa. E se ancora non è possibile parlare di una inversione di tendenza vera e propria, le ultime rilevazioni sul PIL del Belpaese sembrano indicare la presenza di segnali incoraggianti. Nel secondo trimestre del 2013, infatti, da aprile a giugno, l’ Italia non ha ancora sfiorato i numeri positivi, ma almeno la caduta del prodotto interno lordo ha subito un rallentamento.

Per Zanonato la ripresa economica arriverà entro la fine del 2013

 Il Ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato ne è convinto. La ripresa dell’ economia italiana arriverà entro la fine del 2013, con segnali ancora più tangibili verso l’ inizio del 2014, e il prodotto interno lordo italiano tornerà a crescere. Negli ultimi mesi, infatti, il calo del PIL del Paese è stato sempre più ridotto: questo fenomeno fa quindi sperare che presto si avrà una inversione di tendenza.

Come si sviluppa un ciclo economico

 L’analisi delle fasi del ciclo economico serve ad individuare i momenti salienti dello sviluppo di un’economia e per questo, conoscere un ciclo economico, è fondamentale per avere idea di quello che sta succedendo ad un paese o alla borsa.

Lo schema classico di un ciclo economico è fatto di espansione, poi di contrazione e poi ancora di ripresa. E per determinare in che fase si è, si prendono in esame l’andamento del Prodotto Interno Lordo o della disoccupazione.

Cosa sostiene la teoria del mercato efficiente

Per esempio, se c’è una fase di espansione conclamata, allora il PIL è in crescita e in modo inversamente proporzionale diminuisce il tasso di disoccupazione. Nella fase di recessione, invece, accade il contrario, cioè cresce il tasso di disoccupazione e si riduce il volume della produzione dei un paese.

Per essere corretti, però, bisogna dire che esistono quattro fasi e non tre: la prima è una fase di espansione che raggiunge un secondo stadio, ovvero il picco massimo, per poi avviarsi verso una fase di contrazione e raggiungere il livello minimo.

La teoria del prospetto

La recessione, che è un termine molto usato negli ultimi mesi, si ha quando l’economia di un paese rallenta, c’è un calo di tensione nell’attività economica. Il rallentamento diventa recessione vera e propria quando ci sono due trimestri di calo del PIL. Negli altri casi di flessione si parla di depressione.

Rallenta il calo del PIL della Grecia

 Dalla nazione ellenica, investita da sei anni a questa parte dalle conseguenza di una durissima crisi, arrivano i primi spiragli positivi. Per il terzo trimestre consecutivo, infatti, il Prodotto Interno Lordo greco ha rallentato la sua caduta libera. Nei mesi che vanno da aprile a luglio, infatti, il PIL ellenico è sceso solo del 4,6% rispetto al 5,6% che era stato possibile registrare nel primo trimestre del 2013.

PIL in frenata e poco lavoro per la Grecia

 La Grecia è pronta per tornare sullo scacchiere finanziario internazionale ma è anche vero che non ha ancora messo a posto i conti. In questo momento si parla molto della situazione del PIL e dell’occupazione.

Cresce ancora la disoccupazione in Grecia

Siamo di fronte al terzo trimestre consecutivo in cui la Grecia deve fare i conti con un crollo del prodotto interno lordo. Il premier Samaras è convinto che comunque siamo alla vigilia di un cambiamento e tutte le speranze sono riposte nel settore turistico che per via dei prezzi molto bassi, dovrebbe essere alla base del boom di Atene.

Schäuble vuole aiutare ancora Atene

Allo stesso tempo, però, non si deve pensare che l’andamento positivo del mercato turistico sia in grado di incidere su tutti i settori dell’economia europea visto che il tasso di disoccupazione, almeno stando alle ultime analisi, è a livelli molto alti. Siamo di fronte ad un nuovo record.

Per la ristrutturazione del debito, quindi, si deve aspettare ancora qualche mese e la situazione, nel lasso temporale considerato, potrebbe addirittura peggiorare visto che a settembre si vota in Germania e le direttive tedesche in Europa sono fondamentali per la stabilità finanziaria di Atene.

Tanto per dare qualche numero ricordiamo che nel secondo trimestre del 2013 il PIL greco è calato del 4,6 per cento migliorando rispetto alla precedente flessione del 5,6 per cento.