Peggiora la situazione spagnola

 In Spagna non si parla più, ormai, di crisi, ma di recessione. A gravare su una situazione già difficile c’è il debito dell’area euro, la crisi del mercato immobiliare interno e, come accaduto anche altrove, le misure adottate per il risanamento che, anche se volte al raggiungimento di obiettivi a medio o lungo termine, hanno delle ricadute immediate sull’economia reale del paese.

Perché conviene l’investimento in Bonos?

In queste ora la Banca Centrale di Spagna ha diffuso i dati sull’andamento del paese nell’ultimo trimestre. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la Spagna, negli ultimi tre mesi del 2012, ha avuto un abbassamento del Pil pari a 0,6 punti percentuali.

In Spagna aumentano i salari minimi, ma anche i pignoramenti e gli sfratti

Anche se si tratta ancora solo di una stima, si può vedere come questa contrazione sia la peggiore per il paese iberico degli ultimi tre anni (era il secondo trimestre del 2009 quando il Pil spagnolo segnò un -1,1%). Nel complesso la Banca Centrale spagnola, e fra qualche giorno potranno confermarlo anche i dati dell’ente statistico nazionale, indica una contrazione economica dell’1,3% su base annua, quindi una prospettiva migliore di quella presentata dal governo che aveva previsto un calo del Pil pari all’1,5%.

La Banca, inoltre, prospetta anche un peggioramento dei dati sulla disoccupazione, che alla fine del 2012 si è assestata al 26% della popolazione, contro il 25% precedentemente stimato.

Per Confindustria i programmi dei partiti sull’economia reale sono insoddisfacenti

 Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi in una intervista al Tg1 ha parlato dei programmi dei partiti politici per le prossime elezioni e ha criticato la mancanza di riferimenti chiari all’economia reale. Gli ultimi dati della banca d’Italia e del Centro Studi di Confindustria parlano di un calo del Pil dell’1%, oltre la previsione dello 0,2%  fatta in precedenza.

Programma per aumentare export dei prodotti italiani

La preoccupazione del presidente di Confindustria è quindi per l’economia reale. Giorgio Squinzi ha affermato:

Siamo decisamente preoccupati perché dai programmi dei partiti riscontriamo insufficiente attenzione ai problemi dell’economia reale, che in questo momento è il vero problema del paese.

Il 2013 potrebbe essere difficile per l’economia italiana, con la politica concentrata molto sulla finanza e poco sull’economia reale.

Confindustria sta realizzando un documento in cui saranno inseriti gli obiettivi economici che la prossima legislatura dovrebbe realizzare per migliorare la situazione dell’Italia.

 

Nuova manovra per superare la crisi

Gli obiettivi che sono stati individuati nel documento, così come presentati da Giorgio Squinzi, sono: il primo la crescita superiore al 2% all’anno; il secondo è rimettere il manifatturiero al centro dell’attenzione del Paese portandone l’incidenza sul Pil ad oltre il 20% dal 16,7% di oggi -la situazione del settore della manifattura in Italia ha avuto un drammatico calo del 25% rispetto al 2007-  e il terzo è il raggiungimento del rapporto tra debito-Pil nell’ordine del 100 per cento.

Il titolo del documento è Priorità: crescita e occupazione e già fa capire come l’aumento del carico fiscale non è per Confindustria la soluzione.

Incidenza del Pil sul calcolo delle pensioni

 Il Prodotto Interno Lordo indica la quantità di ricchezza che un paese è riuscito a produrre. In Italia, nel corso dell’ultimo anno e anche dei cinque precedenti, il PIL ha avuto un costante andamento discendente e questo suo valore incide anche sul calcolo degli assegni pensionistici erogati dall’Inps.

Pensioni di anzianità, le novità dal 2013

A farne le spese saranno soprattutto i lavoratori che decidono di andare in pensione durante il 2013, in quanto si troveranno ad aver versato meno contributi, e questo li farà rientrare nel sistema misto: quello per cui la pensione viene calcolata in parte con il metodo retributivo e in parte con quello contributivo. Ed è proprio in questa seconda metodologia di calcolo che si farà sentire di più l’incidenza del PIL.

In sostanza, chi andrà in pensione nel 2013 e nel 2014, si vedrà corrispondere dall’Ente di Previdenza Sociale un assegno più basso di almeno il 3% rispetto a quello che avrebbero percepito se il PIL italiano non si fosse abbassato.

Elenco coefficienti di calcolo per le pensioni

Questo calcolo è stato fatto dalla Uil, secondo i quali i pensionati più svantaggiati saranno quelli del sistema misto che avevano meno di 18 anni di contributi versati bel 1995 (coloro che già li avavevano versati avranno la pensione solo in base al sistema retributivo). Secondo la UIL per questi lavoratori la perdita stimata è del 6,17 per cento nel 2013 e al 5,8 per cento nel 2014.

Revisione stime Pil 2013

 La Banca d’Italia ha stimato nell’ultimo bollettino un calo del Prodotto interno lordo pari 2,1% nel 2012 e di conseguenza ha anche operato una revisione al ribasso delle stime previste per l’anno in cors.

Pil

Il Pil, come riporta a ragion veduta il Bollettino, diminuirà dell’1% alla fine dell’anno in corso e non dello 0,2%, come valutato precedentemente, a causa del peggioramento del contesto internazionale e del perdurare della debolezza dell’attività nei mesi più recenti.

Crescita nel secondo semestre

Nel documento che si configura come una sinossi del bollettino, gli esperti chiariscono che il panorama è tuttavia una prima proiezione di un ritorno alla crescita nella seconda metà del 2013, sia pure su ritmi blandi e con ampi margini di miglioramento, ma anche con ampi margini di incertezza.

Il rilassamento finanziario e dunque la graduale ripresa degli investimenti, oltre al parziale miglioramento del clima di fiducia, dovrebbero agevolare la ripartenza economica. In un siffatto quadro Bankitalia ha annunciato che la dinamica del prodotto rimarrebbe comunque negativa nella media del 2013 e tornerebbe leggermente positiva nel 2014.

2014

Per l’anno prossimo la previsione è positiva soltanto per lo 0,7%.

Bundesbank corregge stime crescita

 La Bundesbank ha rivisto al rialzo le previsioni di crescita del Prodotto Interno Lordo della Germania.

Il paese, la cui economia è una delle più solide del vecchio continente, secondo la Banca Centrale e l’Ufficio Federale di Statistica che aveva diramato le prospettive, avrebbe risentito nel 2013 della congiuntura economica sfavorevole in cui versano tutti gli altri paesi, in particolare quelli della zona sud del Mediterraneo.

Con la crisi generale rallenta anche la Germania

Oggi, invece, la Banca Centrale Tedesca ha diramato il suo rapporto mensile nel quale si legge chiaramente che l’economia della Germania ha delle prospettive molto più rosse di quanto precedentemente stimato e che, anche se la situazione difficile, potrà essere risolta in brevissimo tempo.

Dalla precedente stima, si legge nel documento, la situazione è cambiata e soprattutto è migliorato l’export, grazie, in modo particolare agli ordini che arrivano dai paesi in via di sviluppo che hanno fatto tirare un respiro di sollievo alla produzione industriale. A dare ancora maggiore fiducia è la ripresa di mercati strategici per l’export come Usa e Cina.

Record di occupati in Germania

Inoltre, la Germania può anche contare su un mercato del lavoro stabile, che, nonostante la crisi e le aziende che hanno richiesto aiuto al Governo, la situazione è stabile e in grado di migliorare nel breve termine.

Contrazione Pil Germania

E’ stato un finale 2012 difficoltoso per la Germania. L’ economia europea numero 1 ha fatto registrare un calo del Prodotto Interno Lordo nel quarto trimestre dell’anno appena conclusosi. I dati preliminari resi noti dall’Ufficio Federale di Statistica parlano pertanto di una Contrazione dello 0,5 per cento in più rispetto al terzo trimestre.

La voce era nell’aria già da una settimana nei corridoi dei principali centri economici. Sette giorni fa è stato reso noto che la produzione industriale tedesca ha fatto registrare un calo del 2,9% durante il novembre del 2012.

Oltre a ciò, già durante il mese scorso, la Bundesbank aveva anticipato la contrazione, definendola significativa e contestualizzandola con l’ultimo trimestre dell’anno precedente. Le cause, ancora una volta, sono da ascrivere alla crisi del debito sovrano che ha pesato non poco su investimenti e spese.

BILANCIO 2012

Tirando le somme, la crescita del Prodotto interno lordo nel 2012 è stata minima. Un magro +0,7%. Non è prevista una crescita maggiore per l’anno in corso.  Soffermandosi, dunque, sul dato complessivo riguardante l’andamento del Pil tedesco nel 2012, gli analisti hanno dichiarato che si aspettavano un aumento del Pil 2012 dello 0,8%. In confronto al 2011, anno in cui la crescita era stata del 3%, e al 2010, anno in cui la crescita aveva toccato il  record del 4,2%, il dato è alquanto preoccupante.

2013 (e 2014)

E il 2013? Cosa prevedono gli analisti?  Durante la prima metà la ripresa economica sarà ancora debole, al punto che Bundesbank (nel consueto report mensile) ha dimezzato le previsioni per l’anno in corso, stimando un +0,4% rispetto al +1,6% indicato in precedenza. Per il 2014 la crescita è vista dell’1,9%.

Il PIL nel 2013: ancora un anno non florido

 Le previsioni sull’incremento del PIL nel 2013, adesso, sono molto più caute che alla fine dell’estate quando gli analisti, spinti dall’entusiasmo dei mercati, avevano parlato di ripresa già a partire dal prossimo anno. Oggi è stato spostato il limite temporale dell’inversione di tendenza e poi si è passati a parlare di stallo piuttosto che di crescita.

Questo vuol dire che la ripresa tanto agognata non ci sarà nel 2013 ma occorrerà attendere il 2014 per tornare a sorridere. Speculazione? Non proprio. La base dati su cui sono costruite queste intuizioni, è quella del rapporto AFO 2012 2014, lo stesso che ha preso in esame il perdurare della sofferenza delle banche.

Secondo l’ABI, il 2012 si concluderà con una contrazione del PIL pari al 2,1 per cento e nel 2013, l’anno prossimo, si avrà ancora una flessione dello 0,6 confermata dai dati del primo semestre cui ne seguirà un altro in lieve rialzo.

Il saldo sarà maggiormente benaugurante nel 2014, quando si porterà a casa un risultato interessante: il +0,8% del PIL, una crescita lieve ma comunque di crescita di parla.

Molto più pessimistico dell’ABI, il CER che prevede una flessione dell’attività produttiva italiane anche nel 2013, pari all’1 per cento con una leggerissima ripresa nel 2014 che non supererà lo 0,6 per cento.

L’economia USA cresce più di quanto sperato

Gli analisti americani avevano previsto che l’economia americana sarebbe cresciuta del 2,7% nel terzo trimestre del 2012, con un possibilità di revisione al 2,8%, ma, dati alla mano, si sono dovuti ricredere e rivedere al rialzo le stime fatte.

Il PIL degli Stati Uniti, infatti, ha fatto registrare un aumento del 3,1%, l’incremento più forte dal quarto trimestre 2011.

Il merito di questa crescita del Pil tra luglio e settembre è stato dell’export, che è cresciuto dell’1,9%, quasi un punto percentuale in più di quanto si aspettassero gli analisti.

Di contro, però, va segnalato anche un forte calo dell’import, che,  diminuisce per la prima volta dopo il 2009. Chiaro indicatore del fatto che è il mercato interno ad essersi indebolito. Revisioni al rialzo anche per la spesa pubblica, che è stata rivista dal +3,5% a +3,9%, comunque stimata in calo per i prossimi trimestri, soprattutto a causa del Fiscal Cliff.

Infatti, nel caso in cui non si dovesse raggiungere un accordo, e le ultime notizie vanno in questa direzione, all’inizio del 2013 sull’economia americana potrebbe abbattere un costo di circa 600 miliardi di dollari tra tagli alla spesa pubblica e l’aumento delle tasse.

Fitch conferma rating italiano: “A-“

 Giudizio negativo di Fitch per il debito italiano. Il rating del nostro paese rimane a “A-” con outlook negativo. Certo non una buona notizia, ma comunque una conferma che, nonostante le previsioni restino negative, l’agenzia di rating ha ben giudicato il processi di consolidamento fiscale messo in atto dal governo e le riforme strutturali di questi ultimi tempi.

Secondo Fitch il deficit del budget per quest’anno sarà sotto il 3% del Pil, un calo notevole rispetto al 5,9% del 2009.L’agenzia di rating ha fiducia soprattutto negli sviluppi futuri del paese, che potrebbero portare ad una stabilizzazione dell’outlook, sempre che le riforme strutturali di cui si è tanto parlato continuino ad essere messe in atto anche nel caso di un cambio al vertice dello stato. Fitch crede che, alla credibilità del potenziale di solvibilità al lungo termine per l’Italia, concorreranno soprattutto riforme strutturali per la competitività e il potenziale di crescita dell’Italia e i bassi rischi legati al settore bancario.L’outlook negativo è stato confermato in ragione della possibilità che il rapporto debito/Pil potrebbe non scendere a partire dal 2014 e del’instabilità politica italiana, la quale potrebbe portare ad una nuova sfiducia nei riguardi del debito sovrano italiano.

Sull’outlook pesa anche la situazione generale dell’Eurozona. La possibilità di un persistere della crisi, se non quella di un suo peggioramento, non possono dirsi completamente scongiurate.

 

 

Pil al -2,4%. Italia peggior paese del G20

L’Ocse non ha notizie confortanti per l’Italia. Durante il terzo trimestre il Prodotto Interno Lordo è sceso del 2,4%, a fronte di un aumento complessivo nel resto dei Paesi che formano l’area del G20.

Il Pil degli altri Paesi dell’area, infatti, è aumentato dello 0,6%, espandendosi del 2,6% complessivo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Il Pil italiano, invece, scende dello 0,2% nel trimestre e del 2,4% su base annuale. Si tratta del dato più negativo per quanto concerne tutta l’area.

Poco meno peggiore di quello (sempre italiano) del secondo trimestre, quando era sceso dello 0,7 per cento rispetto al secondo trimestre 2011 e del 2,4% su base annuale.

L’Ocse, organizzazione con base a Parigi, ha messo in evidenza la contrazione congiunturale fatta registrare dall’Italia. Qualcosa in positivo si è mosso ma, come visto, si tratta di poco. Molto poco. L’Italia dunque guadagna il titolo di Maglia nera del G20, mettendo a registro l’unica proiezione negativa a pari merito con quella del Regno Unito (il cui Pil è sceso dello 0,1% tendenziale).

Cresce invece il Pil della la Cina. Complessivamente, inoltre, il Pil dell’Eurozona è calato di un -0,6% tendenziale.