L’Italia potrebbe crescere più dello 0,8%

Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha affermato in un’intervista al Corriere della Sera che la crescita nel 2014 potrebbe essere superiore allo 0,8 per cento, ma che non si è in grado di dire con maggiore precisione di quanto.

 Nell’intervista al Corriere della Sera, al ministro Padoan è stato chiesto se la crescita potrebbe essere più alta rispetto allo 0,8 per cento previsto all’inizio di questo mese nel documento di economia e finanza (Def) che contiene gli obiettivi per i prossimi anni. Padoan ha risposto “Penso proprio di sì, anche se non si può stimare di quanto” e riprende le affermazioni del Presidente del Consiglio Matteo Renzi che nella conferenza stampa aveva detto che il governo era stato cauto nella valutazione della crescita ma che si pensa che questa possa essere maggiore di quanto previsto nel documento di economia e finanza.

In Italia, l’economia si è ridotta nel 2012 e nel 2013 ed è tornata a crescere su base trimestrale, per la prima volta in più di due anni, durante gli ultimi tre mesi dello scorso anno. Per alcuni economisti, il Prodotto interno lordo (Pil) in Italia aumenterà solo dello 0,6 per cento nel 2014.

 

Il ministro Padoan al Fmi parla del rapporto tra riforme e crescita

 

Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha anche affermato che la decisione del governo di abbassare le tasse sul lavoro aumentando di circa 80 euro al mese, dal prossimo mese, gli stipendi fino a 1.500 euro dovrebbe essere reso permanente al fine di avere effetto. Il ministro ha detto che se una misura del genere non è permanente non potrà essere credibile e non ci saranno più soldi da spendere per i cittadini. Il governo si aspetta che il mercato interno si possa riprendere.

La Francia farà tagli per raggiungere il 3%

 Il ministro delle Finanze francese Michel Sapin ha affermato che la Francia ha ottenuto il sostegno dei partner europei per rallentare la riduzione del suo deficit pubblico, ma dovrà comunque rispettare il suo obiettivo del rapporto deficit – Pil nel 2015.

La Francia deve riportare il disavanzo in linea con il limite comunitario del 3 per cento del reddito nazionale il prossimo anno. Un obiettivo che la maggior parte degli economisti considera fuori dalla sua portata dopo che il disavanzo è arrivato al 4,3 per cento nello scorso anno, mancando il suo obiettivo del 4,1 per cento.

 

La Francia ha mancato l’obiettivo europeo sul deficit

 

Il ministro Sapin ha detto che non ha cercato l’appoggio di Bruxelles per avere più tempo per tagliare il deficit, ma piuttosto ha discusso e parzialmente ottenuto il supporto per modificare la velocità della riduzione del disavanzo. Il ritmo è stato quindi modificato ed è stato discusso con i partner europei in modo che sia ben chiaro. La Francia avrà un ritmo di riduzione del disavanzo leggermente più lento del previsto, ma ovviamente dovrà tutti gli impegni.
I commenti del ministro Sapin hanno ricevuto una risposta da parte di Bruxelles. Non si è avuto un commento diretto, ma un portavoce della Commissione europea, dopo l’incontro con il ministro Sapin la scorsa settimana a Washington, ha affermato che la Francia dovrebbe mantenere i suoi impegni per evitare di danneggiare la credibilità della zona euro.

Ci sono persistenti interrogativi sulla capacità della Francia di ridurre il deficit e questi stanno avendo un impatto sui suoi costi di finanziamento. La domanda degli investitori è alta sulle obbligazioni fisse e indicizzate all’inflazione.
I socialisti di Hollande hanno una risicata maggioranza in parlamento. Nel suo partito si dice che è il ritorno della crescita che dovrà stabilire se il deficit scenderà a meno del 3 per cento.

Il piano da 50 miliardi di euro di risparmi in tre anni si basa sul congelare alcune pensioni e altre prestazioni e fermare gli aumenti salariali del settore pubblico. Il programma completo sarà visto nei prossimi giorni prima di un voto parlamentare e poi sarà formalmente presentato a Bruxelles.

La Francia ha già ricevuto due anni in più per raggiungere l’obiettivo del 3 per cento, e la Commissione europea non è nella posizione di volere concedere più tempo.

Per Padoan l’economia italiana è ancora fragile ed è necessario rinviare il pareggio di bilancio

 L’enorme debito pubblico in Italia è arrivato a un altro nel mese di febbraio, come ha affermato Bankitalia nei giorni scorsi. L’importo è salito di 17,5 miliardi di euro da gennaio come ha mostrato la Banca d’Italia.

La Commissione europea ha criticato il bilancio dell’Italia per non aver fatto abbastanza per abbattere il debito, che è intorno al 132% del Prodotto interno lordo (Pil). Come risultato ha messo l’Italia sotto controllo specifico rispetto agli squilibri macroeconomici eccessivi, che comprendono il debito elevato e la scarsa competitività.

 

Commissione europea, promosso in Def italiano

 

Il budget dell’Italia è stato approvato dall’ex premier Enrico Letta, mentre il nuovo Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha presentato un importante pacchetto di tagli fiscali e investimenti per rilanciare la debole economia italiana. La settimana scorsa il governo ha approvato un progetto economico che mira al pareggio di bilancio in termini strutturali entro il 2016. Il Def dice che il rapporto debito – Pil è destinato a salire al 134,9% nel 2014.

Il portavoce del commissario europeo per gli affari economici e monetari Olli Rehn ha affermato che l’Unione europea ha accolto con favore gli aspetti del progetto di Renzi, ma ha ricordato che l’Italia era tenuta a pareggiare il bilancio in termini strutturali. Per lUe l’Italia deve bilanciare il budget per ridurre il suo debito ed essere in linea con le regole.

Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha detto che in Italia l’economia è ancora fragile e da qui dipende la necessità di rinviare il pareggio di bilancio. Il ministro ha parlato al Senato e alla Camera affermando che lo slittamento del pareggio di bilancio è necessario anche per la situazione difficile del mercato del lavoro.

Il rallentamento della Cina e gli obiettivi

 La Cina quest’anno crescerà meno di quanto previsto? Un aspetto che al governo sembra importare meno di quello che si crede. Il Presidente della Cina Li ha affermato la settimana scorsa che c’è una certa flessibilità intorno all’obiettivo per la crescita del Prodotto interno lordo (Pil) della nazione, senza specificare qual è il tipo di rallentamento che si può tollerare.

Il Presidente ha specificato che l’obiettivo di crescita del Pil è di circa il 7,5%, non il 7,5% in sé, e questo significa che c’è un certo grado di flessibilità. Li ha aggiunto che le principali preoccupazioni del governo sono i posti di lavoro e i mezzi di sussistenza.

 

Cina, un rallentamento economico previsto

 

Il ministro delle Finanze Lou Jiwei ha detto che la crescita a partire dal 7,2% sarebbe raggiungere l’obiettivo di quest’anno di “circa” il 7,5% e che la cosa più importante è l’occupazione, non l’esatto livello di crescita.

Il capo dell’ufficio statistiche Ma Jiantang ha affermato che l’economia cinese ha avuto un buon inizio di anno con i principali indici relativamente ad alti livelli.

La Cina ha però messo in evidenza un’economia che sta rallentando e questo preoccupa il mercato in termini globali. Le sfide della Cina, però, sono tante e non solo quelle dello specifico livello di crescita. Il Presidente Li si concentra anche sull’inquinamento, sull’aumento del debito e dei rischi di default per dei prodotti finanziari e delle società.

La Cina, che negli ultimi anni è cresciuta molto, è diventata una base centrale per l’economia e la finanza mondiali e un suo rallentamento è in grado di influenzare l’economia e le piazza finanziarie di tutto il mondo.

 

Per Confindustria crescita del Pil sopra lo 0,5% a rischio

 Secondo il Centro Studi di Confindustria, le previsioni della crescita del Prodotto interno lordo (Pil) superiore allo 0,5% nel 2014 sono a rischio. La stima precedente di Confindustria era dello 0,7%, mentre ora anche la stima dello 0,5% potrebbe essere ricalcolata al ribasso. Alla base, l’Associazione degli industriali individua due fattori principali che frenano la ripresa. Questi fattori sono da una parte lo scenario globale e, dall’altra parte, la scarsa competitività.

Bankitalia con Visco ha parlato di una ripresa lenta per l’Italia. Ora Confindustria parla di crescita che stenta a ripartire.

 

Squinzi, Confindustria: “liberarsi dalla burocrazia”

 

Sul fronte esterno, quindi, il problema è lo scenario globale. Il report del Centro Studi di Confindustria parla di “grande nebbia dell’incertezza sulla solidità dello scenario globale”.

Sul fronte interno, il problema della competitività e quelli strutturali sono messi in luce: “sul fronte interno operano gli handicap competitivi, strutturali e le lunghe code della crisi”. Si fa riferimento anche alle situazioni di incertezza come quella in Ucraina che sono capaci di minare la già debole fasi di ripresa.

Su questo punto, il report di Confindustria parla del fatto che la possibile escalation in Ucraina con le sanzioni alla Russia potrebbe mettere a rischio 111 miliardi di importazioni dall’Italia. Nel report si legge: “un terzo dell’import russo dall’Italia è riconducibile a beni di consumo che sono i settori made in Italy più esposti a un’eventuale escalation delle sanzioni”.

Sul fronte interno ci sono le vere sfide per la ripresa economica. Secondo viale dell’Astronomia bisogna considerare “gli ostacoli fatti in casa, tutto ciò che rende il Paese poco attrattivo per gli investimenti: dall’eccessiva regolamentazione ai tempi lunghi della pubblica amministrazione, dalla tassazione alta (in particolare il cuneo fiscale) all’inefficienza della spesa pubblica”. Due problemi importanti sono anche la restrizione del credito e i debiti della pubblica amministrazione verso le imprese italiane.

Previsioni di crescita aumentate per il Regno Unito

 Le previsioni ufficiali di crescita economica del Regno Unito sono state aumentate per i prossimi due anni, ma tagliato per gli anni successivi. Le stime dell’Office for budget responsibility (Obr) ha mostrato che il Prodotto interno lordo (Pil) dovrebbe aumentare del 2,7% nel 2014, contro una previsione del 2,4% a dicembre. La previsione di crescita per il 2015 è stata aumentata dal 2,2% al 2,3% e per il 2016 è rimasta invariata al 2,6%. Per il 2017 si passa dal 2,7% al 2,6% e per il 2018 dal 2,7% al 2,5%.

Il cancelliere George Osborne ha annunciato le previsioni nel discorso sul bilancio e ha affermato che l’economia continua a recuperare più velocemente del previsto. L’Obr ha avvertito di possibili rischi che potrebbero minacciare le sue previsioni di crescita. In particolare, si fa riferimento alla possibile escalation della situazione in Ucraina che rischia di portare a una crescita inferiore.

 

Pil del Regno Unito e sterlina

 

Le previsioni di crescita a breve termine e di abbassamento a lungo termine suggerisce, secondo l’Obr, che la capacità dell’economia in termini di sviluppo viene utilizzata più velocemente di quanto previsto.

Osborne ha detto che nonostante i miglioramenti il Paese sta ancora facendo troppi prestiti e poco risparmio, pochi investimenti e non abbastanza esportazioni.

L’Obr ha affermato che i tagli fiscali sono stati solo in parte compensati dagli aumenti delle tasse, con il resto dei soldi che dovrà provenire dai 5,75 miliardi di sterline di tagli alla spesa incentrati sugli anni 2016-2019, cioè dopo le elezioni politiche.

I dati diffusi dall’Ufficio di statistica nazionale hanno mostrato che il tasso di disoccupazione del Regno Unito si attesta al 7,2% alla fine di gennaio.

Sindacati italiani, contro il piano economico di Renzi

 «Renzi mi è parso disattento al fatto che c’è una parte del Paese che ha pagato un prezzo altissimo durante questa crisi, che ha più volte cercato di invertire le politiche economiche proprio perché la crisi non continuasse a precipitare», una parte di Paese che attende «una svolta», ha detto il segretario  dei sindacati italiani della Cgil, Camusso.

Pil in crescita a dicembre, negativo su base annua

 Nel quarto trimestre del 2013 il prodotto interno lordo italiano è risalito al segno positivo, cosa che non accadeva da nove trimestri. Bisogna infatti risalire al periodo aprile-giugno del 2011 per ritrovare un trimestre in crescita su base congiunturale.

Secondo i dati emessi dall’Istat, nel trimestre di riferimento la domanda nazionale (al netto delle scorte) ha prodotto un incremento del Pil nazionale pari a + 0,1%.

 

Pil Eurozona in ripresa e meglio anche i consumi

 

Il contributo apportato a questa crescita dal volume dei consumi delle famiglie e della spesa della Pubblica Amministrazione è stato nullo, mentre l’apporto degli investimenti fissi lordi è stato positivo per lo 0,1%. La variazione delle scorte ha invece contribuito per valori negativi (-0,4 punti percentuali),contrariamente alla domanda estera netta che ha fornito un contributo positivo per 0,3 punti percentuali. La variazione congiunturale è stata positiva nel comparto agricolo (0,8%) e nel settore strettamente produttivo dell’industria con un +0,1%.

Variazioni pari a zero registra però il comparto dei servizi, mentre un picco negativo riguarda le costruzioni (-0,7%). Su base annua tuttavia l’Istat ha registrato in via definitiva per il 2013 un calo complessivo del Pil di 1,8 punti,con un leggero recupero rispetto ai dati preliminari che stimavano una contrazione dell’1,9%.

Le performance negative dell’anno precedente si riflettono anche sullo scorcio iniziale del 2014 per quanto riguarda il commercio, il turismo e l’intermediazione commerciale. Secondo l’Osservatorio Confesercenti, infatti tra gennaio e febbraio dell’anno in corso in questi settori si sono rilevate più di 29.000 cessazioni di attività, contro 11.413 nuove aperture, con un saldo negativo finale di 17.723 unità, che segna il peggior dato degli ultimi 40 anni.

L’Italia fuori dalla recessione ma con dubbi sulla crescita

 L’Istat ha mostrato come il Prodotto interno lordo (Pil) italiano si è espanso dello 0,1% nel quarto trimestre dello scorso anno rispetto ai tre mesi precedenti, confermando una stima precedente e la congruenza delle previsioni.

Tuttavia, il Pil in Italia è diminuito dello 0,9% rispetto al trimestre finale del 2012 , come ha aggiunto l’Istat, e questo porta a una revisione verso il basso della stima preliminare di un calo su base annua dello 0,8 %.

 

Tanti i fallimenti e le chiusure per la crisi

 

L’Istat ha anche rilevato che gli investimenti fissi sono cresciuti a un ritmo trimestrale dello 0,9%, mentre i consumi  interni sono piatti. Questi dati mostrano dettagli su come l’economia in Italia sta per concludere una fase di recessione che durava da nove trimestri consecutivi.

Il commercio estero ha aggiunto 0,3 punti percentuali al consuntivo, le esportazioni sono cresciute dell’1,2% sul trimestre e le importazioni dello 0,2%.

In crescita anche il settore agricolo dello 0,8% rispetto al terzo trimestre, mentre il settore manifatturiero è cresciuto dello 0,3%. Il settore dei servizi è rimasto fermo, mentre il settore delle costruzioni ha fatto registrare una contrazione dello 0,7%.

I dati dell’Istat mostrano anche che la spesa delle famiglie ha continuato a contrarsi mentre la spesa pubblica è cresciuta ad un tasso trimestrale dello 0,2% in termini destagionalizzati.

Nonostante la fine della contrazione, l’economia in Italia è stata profondamente segnata dalla recessione, sollevando dubbi circa il suo futuro potenziale di crescita. Il tasso di aperture di nuove imprese nel settore commerciale non alimentare nei mesi di gennaio e febbraio è stato il più basso in 40 anni, mentre molti piccoli negozi hanno chiuso.

Pil Eurozona in ripresa e meglio anche i consumi

 L’economia dell’ Eurozona è in lenta ma costante ripresa. La conferma del trend positivo è attestata dai dati diffusi da Eurostat, in base ai quali negli ultimi tre mesi dello scorso anno il Prodotto interno lordo (Pil) nell’area dell’euro è cresciuto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,5% sullo stesso periodo del 2012. Segnali ancor più incoraggianti vengono dal complessivo dei paesi membri dell’Unione Europea: l’economia ha infatti registrato migliori risultati nella misura dello 0,4% rispetto al periodo giugno-settembre e dell’1,1% rispetto all’anno precedente.

Gli indici di Eurostat confermano anche per l’ Italia la medesima tendenza alla crescita, con valori pari ad un +0,1% congiunturale e ad un -0,8% tendenziale.

 

La ripresa in Europa con la Bce che aspetta un consolidamento

 

Sulla base dell’intero 2013, tuttavia, il dato resta negativo nell’ambito di Eurozona (-0,5%) mentre risale su numeri positivi nella UE a 28 paesi (+0,1%). Per quanto riguarda il Pil vanno segnalati i valori negativi di Cipro (-1%), Danimarca (-0,5%), Finlandia (-0,3%) ed Estonia (-0,1%) ed il miglior risultato (+1,7%) conseguito dalla Svezia.

In questo quadro tendenzialmente incoraggiante, il trend verso la ripresa viene confermato anche dai dati sulle vendite al dettaglio nel mese di gennaio 2014. Nell’Eurozona infatti esse sono cresciute dell’1,6% rispetto a dicembre, quando avevano fatto registrare il segno negativo di 1,3%. Nell’Unione Europea la progressione si è collocata a +0,9% dopo un calo dello 0,7%. Il segno positivo si evidenzia anche nel confronto con l’anno precedente: +1,3% e +1,9%.

Sul fronte dei consumi, i maggiori incrementi su base annua si evidenziano in paesi com il Lussemburgo (+12,2%), l’Estonia (8%) e il Portogallo (6,6%). Valori negativi invece per la Danimarca e Malta, entrambe a -0,7%.