Per Standard and Poor’s il Pil italiano crescerà dello 0,5%

 La crescita economica annua dell’Itali che cerca di uscire dalla recessione sarà in media solo dello 0,5% tra oggi e il 2016 per l’agenzia internazionale di rating Standard and Poor’s. Tale stima è più bassa della crescita del prodotto interno lordo (Pil) stimata dalla Banca d’Italia dello 0,7% quest’anno, e di altre agenzie, che hanno previsto una espansione del Pil nel 2014 dello 0,6%.

Standard and Poor’s ha anche affermato  che sta tenendo sotto osservazione il debito sovrano in Italia a causa delle incertezze sulle politiche di governo e perché il debito dovrebbe salire al 134% del Pil entro la fine di quest’anno. L’agenzia, in un rapporto sul debito sovrano nelle economie europee, anche esortato il governo italiano a prendere ulteriori misure per aumentare la produttività, liberalizzare i mercati del lavoro e aumentare la crescita del Pil.

 

S&P mantiene in “negativo” il rating sull’Italia

 

Standard and Poor’s ha anche affermato che potrebbe rivedere l’outlook per il debito italiano se il governo non avrà realizzato riforme strutturali nei mercati del lavoro e dei prodotti e servizi. Queste riforme sono considerate importanti per arrivare a un livello più elevato di crescita dell’economia italiana.

La scorsa settimana, il Fondo monetario internazionale ha detto anche che l’Italia sembra emergere dalla sua più lunga recessione in due anni e si aspetta che l’economia italiana possa recuperare lentamente, con una crescita del 0,6% quest’anno e dell’1,1 % nel 2015. Le previsioni sono quindi della fine della recesssione e di un ripresa debole. Le riforme del mercato del lavoro, con la disoccupazione a livelli record, e le privatizzazioni sono le mosse con le quali il governo cercherà di migliorare l’economia e il debito pubblico.

Negli Usa crescita dei consumi e del Pil

 L’aumento dei consumi delle famiglie e le esportazioni robuste hanno mantenuto l’economia americana su un terreno solido nel quarto trimestre, ma i salari stagnanti potrebbero sgretolare alcuni degli elementi di slancio economico all’inizio del 2014. Il prodotto interno lordo negli Stati Uniti è cresciuto ad un tasso annuo del 3,2%, come ha affermato il Dipartimento del Commercio, in linea con le aspettative degli economisti.

In precedenza molti economisti si aspettavano un ritmo di crescita inferiore al 2%, mentre la crescita nella seconda metà dell’anno potrebbe avere un ritmo del 3,7%. La spesa dei consumatori è stato l’elemento principale della crescita nel quarto trimestre, ma c’era anche un importante impulso che arriva dal commercio.

 

Perché i mercati emergenti preoccupano Wall Street

 

Il dato sul Pil in crescita nel quarto trimestre è arrivato il giorno dopo che la Federal Reserve ha parlato di crescita dell’attività economica negli ultimi trimestri. La Fed ha annunciato un’ulteriore riduzione dei suoi acquisti di obbligazioni mensili e sembra potersi scrollare di dosso la sorpresa del rallentamento della crescita di posti di lavoro nel mese di dicembre.

I consumi negli Usa sono aumentati a un tasso del 3,3%, il migliore dal quarto trimestre del 2010. La spesa dei consumatori, che rappresenta oltre i due terzi dell’attività economica americana, è avanzata a un ritmo del 2% nel terzo trimestre.

La crescita robusta della domanda dovrebbe mettere l’economia su un sentiero di crescita più forte quest’anno. Tuttavia, i salari stagnanti potrebbero richiedere un certo margine di sconto dei consumi nei primi mesi dell’anno. Inoltre, gli investimenti delle imprese dovrebbe moderarsi e il buon andamento delle esportazioni è improbabile che venga ripetuto.

L’economia della criminalità al 10% del Pil

 Il giro d’affari dell’economia controllata dalle mafie nazionali vale decine di miliardi di euro all’anno, con una redditività altissima incentrata per lo più sul narcotraffico.
Il denaro sporco che circola nel sistema finanziario ed economico del nostro Paese ha raggiunto nel 2013 una quota del 10% del PIL, ed è stimato in complessivi 170 miliardi all’anno, 75 dei quali sottratti al Fisco.

I margini di profitto vanno dai 17,7 ai 33,7 miliardi di euro, con una divisione del mercato che, sempre su base annuale, pone in testa alla classifica della redditività il commercio e lo spaccio di stupefacenti (7,7 miliardi di euro), seguito dalle estorsioni (4,7 miliardi), dallo sfruttamento della prostituzione (4,6 miliardi) e dalle contraffazioni (4,5 miliardi).

 

In rescita il business delle ecomafie

 

Le attività di contrasto della Guardia di Finanza sono riuscite negli ultimi dodici mesi a sottrarre a questo immenso capitale illecito una fetta di 3 miliardi di euro, corrispondenti al valore dei beni sequestrati alla criminalità organizzata.

Un dato positivo che tuttavia si rivela irrilevante dal punto di vista percentuale (meno del 2 per cento) al confronto con il valore assoluto dei 170 miliardi che costituiscono il budget annuale dell’industria di mafia.

Le imprese della criminalità organizzata movimentano inoltre un fiorente indotto basato su illegalità e riciclaggio attuato nelle forme più diverse – dall’usuraio di quartiere, alle società finanziarie, ai broker assicurativi – ed operano in un mercato dei capitali occulto che è assai più agile e veloce degli strumenti legislativi o amministrativi costruiti per contrastarlo. Basti pensare che solo nel 2013 l’UIF di Bankitalia (Unità di Informazione Finanziaria) ha inoltrato alla Polizia valutaria ben 86 mila segnalazioni di operazioni finanziarie sospette, il 40% in più rispetto al 2012.

La ricerca italiana “impatta”

 Una recente indagine del governo inglese (rilevabile in http://bit.ly/1d4BNxq) ha messo in confronto la quantità di ricerche effettuate nei paesi più evoluti con il cosiddetto fattore di impatto, ossia il numero che indica quante volte uno studio sia stato citato per importanza e qualità in altri studi o riviste scientifiche.

Tra i paesi coinvolti nell’indagine (Stati Uniti, Gran Bretagna, Cina, Francia, Giappone, Germania, Italia, Canada, Brasile, India, Russia) gli Stati Uniti si classificano al primo posto per numero di ricerche realizzate (il 24% del totale mondiale), ma quanto a fattore d’impatto si collocano alle spalle della Gran Bretagna, che vanta il primato mondiale del fattore d’impatto con l’1,6% di ricerche citate.

 

La fiducia dei consumatori è in crescita a gennaio

 

L’Italia, che realizza il 4% delle ricerche mondiali, si colloca la quinto posto per fattore d’impatto con un significativo 1,4%, uguale a quello della Germania  che però è titolare del 6% di ricerche globali) e leggermente superiore a quello della Francia, che produce il 5% della ricerca scientifica mondiale.

L a posizione dell’Italia acquista un particolare valore se si considera che il nostro paese investe in ricerca solo un modesto 1,25% del PIL, contro le aliquote maggiori rappresentate dal 2,88% della Germania, il 2,77% degli Stati Uniti, il 2,25% della Francia,l’ 1,77% della Gran Bretagna.

Alquanto negative le performance della ricerca russa, che a fronte di un 2% di ricerche prodotte sul totale mondiale, guadagna un fattore d’impatto pari solo allo 0,6% (inferiore a quello indiano e brasiliano), abbastanza modesto, come lo è quello della Cina che con il 17% della ricerca mondiale tocca un fattore d’impatto non che non supera lo 0,7%.

In crescita il fatturato delle aziende

 Stando agli ultimi dati Istat gli ordinativi dell’industria a novembre, dopo 22 mesi, hanno registrato un aumento del 2,3% rispetto ad ottobre e del 3,0% su base annua grazie alla trazione giunta dal mercato nazionale, in controtendenza riguardo a quanto accade di solito.

Confindustria, Pil al ribasso vale 200 miliardi l’anno

 In Italia il PIL viaggia sempre lentamente e a quote basse. Rispetto alle già non esaltanti performance del decennio precedente, dal 2008 ad oggi si è dispersa e volatilizzata una fetta di reddito nazionale pari a 200 miliardi all’anno. Su base individuale questa perdita corrisponde ad un reddito “bruciato” pari a 3.500 euro per abitante.

È questo il segnale di allarme lanciato in questi giorni dal Centro Studi di Confindustria, che in un suo recente rapporto enumera tutte le criticità e le strozzature dell’economia italiana, ed esprime forti riserve circa l’effettiva capacità del nostro Paese di superare l’attuale e persistente fase di fiacca che caratterizza la produzione nazionale.

 

Le previsioni di Confindustria per il 2014 alla luce della Legge di Stabilità

Rispetto al picco raggiunto nel 2007,ultimo anno prima della crisi, il PIL italiano è diminuito del 9,1% , ma questo dato è reso ancor più preoccupante dai modesti tassi della ripresa ipotizzata.

Secondo Confindustria, l’Italia non sarà infatti in grado di recuperare la metà di questa flessione prima del 2019, mentre il recupero dell’altra metà richiederà tempi ancora superiori a questa data limite.

La profondità e la durata dell’attuale recessione gettano quindi molte ombre anche sulle possibilità future di sviluppo e sulle potenzialità di crescita nel medio periodo che allo stato calano da un punto a mezzo punto percentuale. In altre parole l’economia italiana, dopo avere subìto una brusca caduta, ora ha minori capacità di slancio e dinamismo per ritornare ai livelli precedenti la crisi.

Anche secondo l’FMI gli interventi varati dall’esecutivo nel biennio 2011-12 dovranno essere attuati pienamente per innalzare il PIL italiano del 10% nei prossimi 10 anni, al ritmo di un punto percentuale all’anno.

La Gran Bretagna è l’economia in più rapida crescita in Europa Occidentale

 I dati ufficiali di questa settimana mostrano che l’economia britannica è cresciuta l’anno scorso facendo registrare la crescita annuale migliore dal 2007. I dati ufficiali confermano la posizione della Gran Bretagna come l’economia a più rapida crescita in Europa occidentale.

 

Politiche economiche e cambiamenti climatici

 

Gli economisti si aspettano che il Regno Unito cresca dello 0,7% nell’ultimo trimestre dello scorso anno, a seguito della crescita dello 0,8% nel terzo trimestre. Il prodotto interno lordo (PIL) ha una crescita complessiva dell’1,9%, la più forte crescita annuale dal 2007, è più alta in maniera consistente rispetto allo 0,3% del 2012.

La Gran Bretagna ha la più rapida crescita economia in Europa Occidentale e l’anno dovrebbe essere cresciuta quattro volte più velocemente rispetto alla Germania, in crescita dello 0,4% l’anno scorso.

Alcuni economisti ritengono che nel quarto trimestre la crescita del Regno Unito potrebbe corrispondere allo 0.8%, anche se altri hanno detto che la performance di ottobre potrebbe essere leggermente più fiacca per il settore dei servizi che ha visto un rallentamento negli ultimi tre mesi dell’anno.

Il capo economista di Citigroup UK Michael Saunders ha dichiarato che i dati parziali finora mostrano una solida crescita della produzione industriale, ma un modesto aumento di vendite al dettaglio e un piccolo cambiamento nelle costruzioni.

Mentre il tasso di crescita della Gran Bretagna dovrebbe continuare su questi ritmi quest’anno, gli economisti hanno sollevato diverse preoccupazioni per il fatto che la ripresa sia eccessivamente basata sulle spese dei consumatori e che questo potrebbe essere insostenibile senza un significativo aumento dei salari, degli investimenti e della crescita delle esportazioni.

Ue, il debito pubblico cala al 92,7%

 Nel terzo trimestre del 2013, il debito pubblico medio dei Paesi dell’Eurozona è diminuito rispetto ai tre mesi precedenti, e si è attestato  al 92,7% del Pil.

Alla fine di giugno del 2013 infatti, il debito era fissato a quota 93,4%. In termini meramente percentuali si tratta di un calo di 0,7 punti, ma è assai più significativo il fatto che questo è il primo ribasso che si registra a partire dalla fine del 2007.

In valori assoluti, rileva Eurostat, ciò implica una diminuzione del debito da 8.875,107 a 8.841,823 miliardi.

Tuttavia, sempre rispetto al terzo trimestre del 2012, il debito pubblico relativo ai 17 paesi della moneta unica è aumentato, sia in termini di valore assoluto (ammontava a 8.529,324 miliardi) sia in termini di punti percentuali sul Pil (era del 90,0%).

 

Nuovo record del debito pubblico

 

Sulla formazione del debito pubblico incidono i prestiti intergovernativi erogati principalmente a Grecia, Portogallo e Irlanda, che da soli gravano per il 2,4% del Pil, corrispondenti a 224,686 miliardi. Anche questi dati si segnalano in crescita sia rispetto ai dati del trimestre precedente (2,3%, 221,079 miliardi) sia a rispetto quelli del terzo trimestre 2012 (1,7%, 158,483 miliardi).

Per quanto riguarda l’Unione Europea dei 28 , invece, il debito pubblico è salito ancora raggiungendo il valore di 11.310,458 miliardi di euro, pari all’86,8% del Pil. Nel trimestre precedente erano 11.282,059 miliardi (86,7% del Pil) e nello stesso periodo del 2012 erano 10.959,398 miliardi (84,9% del Pil).

Il debito pubblico italiano rimane ancora il più alto, in termini percentuali, fra i Paesi dell’intera Unione , ma è comunque diminuito di 0,4 punti nel terzo trimestre 2013 (132,9%) rispetto al trimestre precedente (133,3%): si tratta della prima flessione a partire dal terzo trimestre del 2011.

Il Pil terrà conto di nuove basi

 A partire dal prossimo mese di settembre la Commissione Europea adotterà per gli stati membri un nuovo modello di calcolo dei bilanci nazionali, l’European System of Accounts 2010 che sostituirà il metodo attualmente in uso, risalente al 1995.

Il nuovo metodo, che tiene conto del maggior impatto prodotto sui bilanci dalle nuove tecnologie, dai beni e dai servizi della proprietà intellettuale,dalla globalizzazione del sistema economico, produrrà una interessante maggiorazione media del PIL dell’Unione europea.

► Per la Commissione Europea l’Italia rischia di venir meno al Patto di Stabilità

Per l’Italia l’applicazione del sistema implicherà un rialzo del PIL tra l’1% e il 2%, soprattutto in virtù del fatto che gli oneri finanziari per ricerca e sviluppo saranno trasferiti dalla voce “spese” alla voce “investimenti”.

Analogamente gli esborsi per i nuovi sistemi di difesa, considerati finora “mezzi distruttivi”, saranno catalogati come potenziali ”produttivi di sicurezza”, e transiteranno sotto il capitolo degli investimenti.

Anche altri Paesi extraeuropei, Stati Uniti inclusi, hanno aggiornato o sono in procinto di aggiornare le procedure di calcolo dei propri bilanci col nuovo standard internazionale.

► Le previsioni della Commissione Europea per l’economia italiana nel 2014

Il nuovo metodo, proprio negli Stati Uniti, dal 2010 ad oggi ha prodotto un incremento del PIL del 3,5% , con ricerca e sviluppo che da soli incidono per il 2,5%.

Secondo fonti dell’Unione Europea, l’influenza di tale ( più accurata) metodologia di calcolo potrà determinare un incremento medio del 2,4% dei bilanci continentali: dai 2-3 punti in più per Belgio,Danimarca, Germania, Francia Olanda ai 3-4 per Austria e Gran Bretagna, con punte del 4-5 in paesi quali Finlandia e Svezia che vantano i più alti tassi di spese ed investimenti nel campo della ricerca e sviluppo.

Per bankitalia ripresa debole e non priva di problemi

 Bankitalia conferma che la ripresa c’è ma è debole. Dopo le comunicazioni della Banca centrale europea (Bce) sulla situazione in Europa nel suo bollettino mensile, anche Bankitalia conferma un andamento simile per l’economia italiana.

La Banca d’Italia prevede per una crescita del Pil che quest’anno in Italia dovrebbe essere dello 0,7% e nel prossimo anno dell’1%. Il bollettino economico di Bankitalia considera gli scambi internazionali e la leggere ripresa degli investimenti come gli elementi fondamentali del miglioramento dell’economia.

► Bankitalia mostra un’Italia quarta per pressione fiscale e seconda per debito pubblico

La Banca d’Italia evidenzia che nell’ultimo trimestre del 2013 l’attività è tornata a crescere anche se l’anno è stato negativo con il Pil in calo dell’1,8%. Le previsioni per l’ultimo trimestre del 2013 sono di un aumento della produzione industriale dell’1%. Un dato incoraggiante visto che la produzione industriale era calata nei due anni precedenti. Per i prossimi mesi bankitalia prevede ancora miglioramenti.

Produzione industriale in crescita dopo più di due anni

La condizione economica dell’Italia non è contraddistinta da crescita debole senza rischi o problemi. La Banca d’Italia dice che c’è ancora una “elevata incertezza, con rischi orientati prevalentemente al ribasso per la crescita”.

I dati specificano come la ripresa seppure debole non interessa le piccole aziende e quelle che sono site maggiormente al sud. Anche quelle orientate al mercato interno hanno più problemi. La ripresa, quindi, arriva soprattutto dalle esportazioni con domanda interna debole e aziende grandi che esportano che sono in un migliore stato di tipo economico. Nel bollettino della Banca d’Italia si legge “Alla perdurante debolezza della domanda interna, che risente della fragilità del mercato del lavoro e dell’andamento fiacco del reddito disponibile, si contrappone un quadro dell’attività industriale più positivo”.