L’invecchiamento della popolazione mette in crisi il welfare

 Se per il resto del mondo la preoccupazione maggiore è l’esplosione demografica, in Italia succede il contrario: l’implosione demografica, ossia la sempre meno presenza di nuove nascite, sta portando il paese ad un rapido invecchiamento. Il problema in questione sembra essere una prerogativa più del sud Italia che delle altre parti.
► Un milione di famiglie italiane è senza lavoro

Secondo una ricerca del Censis, infatti, entro il 2030 la popolazione anziana del sud crescerà ad un ritmo più sostenuto rispetto al resto del paese (il 35,1% più velocemente) e il welfare pubblico potrebbe non essere in grado, complice anche la crisi economica, di far fronte con un’offerta adeguata alla crescente richiesta di cure mediche e assistenziali.

Secondo lo studio, infatti, anche se oggi il rapporto tra il numero di ultra 65enni e di ultra 14enni nel sud d’Italia è più basso di due punti percentuali rispetto alla media nazionale, nei prossimi venti anni questo rapporto è destinato ad invertirsi, con il numero di persone con più di 65 anni destinato a raddoppiare.

Quindi, laddove oggi a prendersi cura dei non autosufficienti sono gli altri membri della famiglia, in larga parte le figlie, fra qualche anno questa situazione non sarà più possibile e il welfare, se non verranno apportate le dovute modifiche, non sarà in grado di far fronte alle aumentate richieste di assistenza.

► Indagine europea sulla ricchezza delle famiglie: in Italia una su sei è povera

Secondo il Censis l’unica soluzione possibile è quella di sfruttare le poche risorse disponibili per

mettere insieme imprese sociali, nuove professioni, nuove tecnologie, nuove modalità di erogazione dei servizi: fare del Meridione il laboratorio di un nuovo welfare di comunità.

L’italia è un paese per vecchi

 L’Italia è un paese per vecchi. Anzi, senza volontà di offendere nessuno, si può dire che l’Italia è un paese di vecchi. Questo, almeno, è quanto emerge dai dati pubblicati dal’Istat – dati che si riferiscono al 2011 – che mettono in relazione il numero delle persone che percepiscono una pensione con il numero delle persone occupate.

► Sale la spesa per le pensioni che però sono sempre più povere

Nel 2011 in Italia c’erano 71 pensionati ogni 100 lavoratori. Un rapporto che fa capire come mai il sistema del welfare in Italia sia così tanto sofferente.

Ma il numero dei pensionati non è uguale in tutta la penisola: nelle regioni del Sud, infatti, sia ha la media più alta di pensionati rispetto ai lavoratori, con un rapporto di 82 pensionati ogni 100 occupati, mentre la media si abbassa salendo verso il nord, regioni nelle quali il rapporto di dipendenza è di 66 a 100.

► Come cambia la pensione anticipata con la Riforma Fornero

Anche l’andamento su base annuale dal rapporto di dipendenza tra pensionati e lavoratori non segue un andamento regolare nel corso degli anni: a livello nazionale, infatti, nel periodo compreso tra il 2001 e il 2006 il rapporto di dipendenza è diminuito, passando da 74 pensionati ogni 100 occupati nel 2001 a 70 ogni 100 occupati registrato nel 2006. I successivi due anni hanno visto mantenersi stabile questa media nazionale, mentre si è rilevato un altro picco nel’ultimo triennio, arrivando al dato odierno di 71 pensionati ogni 100 occupati.

Sale la spesa per le pensioni che però sono sempre più povere

 Secondo i dati previdenziali resi noti dall’Istat nel 2011 lo stato ha visto aumentare il suo esborso per le pensioni del 2,9% rispetto all’anno precedente, pari a 265,963 miliardi di euro divisi tra i 16,7 milioni di pensionati presenti in Italia. L’aumento della spesa si traduce anche in una maggiore incidenza di questa voce sul Pil (in aumento dello 0,2%, dal 16,66% del 2010 al 16,85% del 2011).
► Conguaglio fiscale 2012 – CUD 2013 per i pensionati della Gestione Dipendenti Pubblici

Altro dato che mette in evidenza questa contraddizione è il fatto che il numero dei pensionati è sceso di 38 mila unità dal 2010 al 2011.

Questo aumento di spesa per lo Stato non si traduce, almeno nella maggiori parte dei casi, in un assegno pensionistico più alto per coloro che vivono di questo tipo di reddito. Analizzando i dati dell’Istat, infatti, quasi la metà degli italiani percepisce un assegno mensile che non arriva ai 1000 euro.

Nello specifico: il 13,3% dei pensionati italiani meno di 500 euro, il 23,1% riceve tra 1.000 e 1.500 euro al mese e il 32,8% ne incassa di più. La media del rateo pensionistico mensile è di 15.957 euro all’anno, in aumento di 486 euro rispetto al 2010.

► Come cambia la pensione anticipata con la Riforma Fornero

Analizzando i dati ancora più a fondo emerge che le donne sono svantaggiate rispetto agli uomini: per loro il reddito medio da pensione per un anno è pari a 13.228 euro, contro i 19.022 euro degli uomini, e più della metà delle donne percepisce una pensione inferiore ai 1000 euro mensili, contro il 33,6% degli uomini.

 

Guida alla richiesta del Bonus Bebè 2013

 Cos’è il Bonus Bebè

Il Bonus Bebè, facilitazione economica ad appannaggio delle famiglie con bambini piccoli, è stato istituito con la Legge n. 92 del 28 giugno 2012, ed è considerato come un aiuto per il reinserimento delle madri nel mondo del lavoro. La Legge citata prevede il Bonus Bebè ancora in via sperimentale per il triennio 2013, 2014 e 2015 e si pone come un’alternativa al congedo parentale: l’Inps mette a disposizione delle madri la possibilità di accedere ad un voucher di 300 euro mensili – erogabili per un periodo massimo pari a sei mesi – da utilizzare per il pagamento del servizio di baby sitting o per le spese dell’asilo nido.

Il fondo messo dell’Inps è pari a 60.000.000,00 di euro da suddividere nei tre anni previsti dalla legislazione in materia.

► Nessun congedo parentale per i lavoratori del pubblico impiego

Chi può richiedere il Bonus Bebè 2013?

Per l’anno in corso e per i due successivi, a meno di modifiche legislative in corso d’opera, possono fare richiesta del Bonus Bebè le madri – biologiche, adottive od affidatarie – dipendenti o autonome (iscritte, cioè, alla gestione separata) di bambini che siano già nati e per quelli che nasceranno (o che comunque, nel caso di affido o adozione, arriveranno in famiglia) entro 4 mesi dalla scadenza del bando.

Chi è escluso dal Bonus Bebè?

Non possono far richiesta del Bonus Bebè coltivatrici dirette, mezzadre e colone, artigiane ed esercenti attività commerciali, imprenditrici agricole, pescatrici autonome.

L’esclusione è valida anche per le lavoratrici che non sono tenute al pagamento della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati convenzionati e le lavoratrici che già beneficiano del Fondo per le Politiche relative ai diritti ed alle pari opportunità.

► Vademecum dell’Inps sull’utilizzo dei buoni lavoro

Durata e importo e limitazioni del Bonus Bebé 

Il bonus Bebè può essere erogato per un massimo di sei mesi per un importo mensile pari a 300 euro, divisibile solo per frazioni mensili intere in base a quanto del congedo parentale abbia già sfruttato.

I due benefici, infatti, non sono sovrapponibili, anche se possono essere richiesti entrambi, ma non contemporaneamente.

Le donne che lavorano part time hanno ugualmente diritto al Bonus Bebè, ma in misura ridotta e proporzionale all’impegno lavorativo; le lavoratrici iscritte alla gestione separata possono usufruire del Bonus Bebè solo per tre mesi.

Come si fa la domanda per accede al Bonus Bebè 2013?

Tutte le madri che hanno diritto all’erogazione del Bonus Bebè possono farne richiesta attraverso il sito Internet dell’Inps, previo ottenimento del PIN (numero segreto di 16 caratteri che l’Inps dà agli assistiti che ne fanno richiesta, tutte le informazioni su Richiesta PIN on line).

Per accedere al servizio telematico per la richiesta del Bonus Bebè 2013 è necessario, quindi, collegarsi al sito dell’INPS, seguendo questo percorso: servizio del cittadino – Autenticazione con PIN – Invio domande di prestazioni a sostegno del reddito – Invio delle domande per l’assegnazione dei contributi per l’acquisto dei servizi per l’infanzia.

► Modalità di utilizzo, scadenze e sanzioni per i voucher lavoro occasionale

La richiesta per il Bonus Bebè 2013 può essere fatta per tutti i bambini che rientrano nei requisiti sopra indicati e può essere fatta anche per più figli della stessa madre, ma deve essere effettuata una richiesta per ogni figlio, anche in caso di parto gemellare, e anche prima che il figlio nasca.

Nella domanda deve essere obbligatoriamente indicato:

1. il servizio al quale si desidera aderire (baby sitter o asilo nido, in questo secondo caso, sia che si tratti di un istituto pubblico o provato, deve anche essere specificato il nome della struttura);

2. il numero dei mesi per i quali si intende richiedere il Bonus Bebè, che dovrà essere corredata dalla dichiarazione di rinuncia ai corrispettivi mesi di congedo parentale;

3. la dichiarazione di avvenuta presentazione del modulo ISEE.

Quando va presentata la domanda per il Bonus Bebè?

La domanda può essere inoltrata, secondo le modalità sopra descritte, in qualsiasi momento, ma avrà valore effettivo solo nel momento in cui verrà ufficialmente aperto il bando, nel quale sarà specificato anche il termine ultimo per la presentazione.

La domanda presentata prima della pubblicazione del bando rimarrà in bozza e sarà modificabile fino al momento dell’effettivo invio.

► Nuova normativa bonus bebè 2013

Come viene erogato il Bonus Bebè?

Se la madre ha scelto di utilizzare il Bonus Bebè per l’asilo nido sarà l’Inps stessa a provvedere all’erogazione del Bonus direttamente alla struttura indicata. Nel caso in cui, invece, si sia scelto il servizio di baby sitting l’Inps erogherà all’interessata buoni lavoro (voucher) per un valore mensile di 300 euro.

Graduatorie di accesso al Bonus Bebè 2013

La compilazione della graduatoria per gli aventi diritto al Bonus Bebè viene compilata in base all’ISEE. Nel caso di Isee dello stesso valore, il criterio adottato sarà quello temporale.

La graduatoria sarà pubblicata dopo due settimane dallo scadere del termine ultimo per la presentazione delle domanda. Dal giorno successivo alla pubblicazione sarà anche possibile rinunciare al Bonus, procedimento da effettuarsi in via telematica dal sito dell’Inps.Tutte le informazioni sul Bonus Bebè 2013

DECRETO 22 dicembre 2012 del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali

Circolare INPS n. 48 del 28 marzo 2013

Mastrapasqua chiede una riforma del welfare

 Il costo delle pensioni italiane, una delle voci di spesa più alte di tutto il sistema del welfare, nel 2012 è stato di 249,030 miliardi di euro, equivalenti a circa un terzo del totale della spesa pubblica totale (809 miliardi) e a quasi il 16% del Pil (1.588 miliardi).

► I nuovi servizi Inps per i pensionati

Per il 2013, secondo le ultime stime, tale costo è destinato ancora a salire, per arrivare a 255 miliardi di euro, che diverranno poi 262 miliardi nel 2014 e 268 miliardi nel 2015. Partendo dall’ipotesi che il Pil del paese cresca, come accade in situazioni normali, la percentuale investita per il pagamento delle pensioni di manterrebbe stabile intorno al 15,7% del Pil.

Il fatto è che, secondo quanto detto da Bankitalia, il Pil italiano, per questo 2013, dovrebbe contrarsi di circa l’1%, senza escludere la possibilità di ulteriori revisioni al ribasso, e quindi la spesa per le pensioni avrà un impatto più forte sulla ricchezza prodotta dal paese.

► Come cambia la pensione anticipata con la Riforma Fornero

E’ per questo che Antonio Mastrapascqua, il presidente dell’Inps, l’Istituto che si occupa del pagamento delle pensioni, chiede al nuovo governo, quando e se ci sarà, che tutto l’intero del welfare italiano venga rivisto, intervenendo in primis sia sul sistema della previdenza pubblica e sull’età di pensionamento, ma anche con una riforma organica che prende in considerazione tutte le varie voci di spesa.

 

Conguaglio fiscale 2012 – CUD 2013 per i pensionati della Gestione Dipendenti Pubblici

Con il Messaggio n. 5447, che ha per oggetto il Conguaglio fiscale 2012 – CUD 2013 per i pensionati della Gestione Dipendenti Pubblici, l’Istituto di Previdenza Sociale indica come è stato effettuato il conguaglio fiscale relativo all’anno 2012 per i pensionati della Gestione Dipendenti Pubblici.

 Dopo l’incorporazione dell’Inpdap e dell’Enpals nell’Inps, tutte le prestazioni erogate dall’Inps nel  2012 , sono state abbinate e sono confluite in unica certificazione fiscale – il CUD 2013 –  al fine di determinare  il conguaglio fiscale e, nel  caso sia stato accertato un debito fiscale, il recupero è stato effettuato sul trattamento pensionistico di maggiore importo.

► I nuovi servizi Inps per i pensionati

Il conguaglio del quale parla l’Inps riguarda i contribuenti con assegni pensionistici da diversi enti pensionistici: se prima, infatti, questi pensionati pagavano le imposte separatamente sui due trattamenti pensionistici, l’unificazione dl CUD ha fatto sì che le imposte si siano armonizzate. La conseguenza è stata un aumento delle tasse (l’aliquota di riferimento dell’Inpdap, ad esempio, era più bassa di quella dell’Inps) e quindi un debito fiscale da saldare.

I pensionati per i quali è stato accertato un debito fiscale avranno il rateo pensionistico di marzo più basso di quello standard, in quanto è su questo mese che l’Inps ha recuperato, in un’unica soluzione, il debito da salvare, eccezione fatta per i redditi da pensione non superiori a 18.000 euro per i quali il conguaglio è stato rateizzato quando superiore ai 100 euro. Le rate partiranno dal mese di marzo e potranno essere al massimo 10.

► Vantaggi e svantaggi della totalizzazione nazionale della contribuzione

Se il debito con l’Inps non sarà saldato attraverso le dieci rate previste, quindi entro il mese di dicembre 2013, il pensionato ancora in debito dovrà procedere al saldo entro il 15 gennaio 2014 tramite modello F24.

Tutti i dati relativi al conguaglio verranno riportati nella dichiarazione del sostituto d’imposta Modello 770/2013 – CUD 2013.

Messaggio INPS n. 5447

Vademecum dell’Inps sull’utilizzo dei buoni lavoro

 Dopo l’introduzione dei buoni lavoro, detti anche voucher, una nuova forma di retribuzione del lavoro occasionale accessorio, ha subito, dopo l’entrata in vigore, delle sostanziali modifiche di cui ci dà notizia l’Inps nella Circolare del 29 marzo 2013 n. 49.

► Modalità di utilizzo, scadenze e sanzioni per i voucher lavoro occasionale

In questa circolare si forniscono delle indicazioni sulle modifiche fatte, nello specifico, agli articoli 70 e 72 del D. Lgs. 29 settembre 2003, n. 276 sul “Lavoro occasionale accessorio”. 

Secondo la circolare dell’Inps in questione possono essere considerate forme di lavoro accessorio quelle attività lavorative di natura “meramente occasionale”, per le quali il lavoratore non percepisca uno o più compensi, nel complesso dei committenti, superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare. La precedente normativa fissava il limite di 5000 euro per ciascun committente.

Inoltre, partendo dal presupposto che il limite del compenso rimane quello indicato, secondo la Circolare Inps le prestazioni di natura meramente occasionale svolte per imprenditori commerciali o professionisti non possono essere superiori, con riferimento a ciascun committente, a i 2.000 euro annui.

Le modifiche apportate all’art. 70

Settore Agricolo

La Circolare Inps modifica sostanzialmente anche l’art. 70 (comma 2) che riguarda l’utilizzo dei buoni lavoro nel settore agricolo: a differenza di tutti gli altri settori, qui non vige il limite dei 2000 euro di compenso annui percepibili da un solo committente.

Committenti pubblici

Novità anche per i committenti pubblici che, secondo quanto scritto al comma 3, possono usufruire di prestazioni lavorative meramente occasionali solo se l’utilizzo dei voucher rientra nei vincoli previsti dalla disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e dal patto di stabilità interno.

► Congedi parentali e certificati medici: le novità del 2013

Compensi percepiti da lavoratori stranieri

Secondo le modifiche apportate all’art. 70 della legge sul mercato del lavoro si prevede che i compensi percepiti dai lavoratori siano computati anche per la determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.

Esclusioni

la Circolare dell’Inps ha introdotto anche delle importanti novità riguardo le esclusioni e le incompatibilità del lavoro occasionale di tipo accessorio: non ci sono più esclusioni di sorta, fermo restando casi particolari come gli studenti e i pensionati nel settore agricolo.

Quindi, ogni lavoratore può svolgere qualsiasi tipo di prestazione meramente occasionale con il solo limite previsto in caso di incompatibilità, per finalità antielusive, del ricorso al lavoro occasionale quando si tratta, invece, di lavoro subordinato presso lo stesso datore di lavoro.

Limite economico dei buoni lavoro

La circolare dell’Inps mette particolarmente in risalto le modifiche effettuate ai limiti economici dell’utilizzo dei buoni lavoro, con lo spostamento del parametro di riferimento per il computo non più al datore di lavoro, ma al prestatore del servizio. I nuovi limiti fissati per il prestatore di lavoro meramente occasionale sono:

– 5.000 euro nel corso di un anno solare, con riferimento alla totalità dei committenti, da intendersi come importo netto per il prestatore, pari  a 6.666 € lordi;

– 2.000 euro per prestazioni svolte a favore di imprenditori commerciali o professionisti, con riferimento a ciascun committente, da intendersi come importo netto per il prestatore, pari  a 2.666 € lordi;

– 3.000 euro per anno solare per i prestatori  percettori di prestazioni integrative del salario o con sostegno al reddito che, per l’anno 2013, possono effettuare lavoro accessorio in tutti i settori produttivi compresi gli enti locali, da intendersi come importo netto per il prestatore, corrispondenti a 4000 € lordi.

► Proibiti alle aziende gli stage gratuiti

Le modifiche apportate all’art. 72

La nuova natura oraria del voucher lavoro

Al fine di avere una maggiore certezza e trasparenza per tutte le parti in causa, il novellato articolo 72 prevede che i

beneficiari acquistano presso le rivendite autorizzate uno o più carnet di buoni orari, numerati progressivamente e datati.

In questo modo si potrà avere una maggiore precisione delle ore e della durata della prestazione pagata con i buoni lavoro. Nonostante le modifiche apportate, rimane comunque possibile retribuire le prestazioni lavorative occasionali in misura superiore di quella prevista dai voucher, utilizzando più di uno per il pagamento della medesima ora di lavoro.

 

Linee guida per la contribuzione Aspi per i licenziati

 La Riforma Fornero (legge n. 92/2012) ha apportato dei notevoli cambiamenti al mondo del lavoro, anche per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, con l’introduzione della contribuzione ASPI, il contributo previdenziale che i datori di lavoro ai lavoratori licenziati, solo in caso di contratto a tempo indeterminato, a partire dal 1° gennaio 2013.

Questo contributo, chiamato contributo sui licenziamenti o anche ticket sui licenziamenti, è necessario per il finanziamento delle indennità di disoccupazione (Aspi e mini-Aspi). L’Inps ha pubblicato la Circolare n. 44/2013 per fornire tutte le indicazioni in merito alla contribuzione ASPI.

► Quanto costa un dipendente a tempo determinato?

Come si paga il contributo sui licenziamenti?

Il contributo sui licenziamenti, ovvero il ticket sui licenziamenti, deve essere versato dal datore di lavoro che abbia licenziato uno o più dipendenti assunti con un contratto a tempo indeterminato entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si verifica la risoluzione del rapporto di lavoro.

Ad esempio, se un lavoratore viene licenziato in data 4 maggio 2013, secondo quanto riporta la legge di riferimento e la circolare dell’Inps, il contributo sul licenziamento deve essere versato entro la denuncia riferita al mese di giugno 2013, i cui termini di versamento e di trasmissione sono fissati, rispettivamente, al 16 e al 31 luglio 2013.

Dal momento che si tratta di una nuova legge, è stato previsto un periodo di adeguamento graduale, che va da gennaio a marzo 2013, periodo durante il quale il contributo sul licenziamento del dipendente potrà essere versato, senza avere maggiori oneri o aggravi per mora, entro il giorno 16 del terzo mese successivo a quello di emanazione della presente circolare, ossia entro il 16 Giugno 2013.

► La tassa sul licenziamento della colf

A quanto ammonta l’importo del contributo sui licenziamenti?

Per l’anno 2013, il contributo sui licenziamenti ammonta, a partire dal 1 gennaio, a 483,80 euro (€1.180X41%) per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni, per un massimo, nel caso il lavoratore abbia totalizzato i 36 mesi di anzianità aziendale, a 1.451,00 euro (€483,80 X 3), indipendentemente dall’orario di lavoro (part time o full time).

Se il rapporto di lavoro che si sta interrompendo ha avuto una durata inferiore ai 12 mesi, il ticket sul licenziamento deve essere ricalcolato in proporzione al numero dei mesi di durata del rapporto lavorativo.

Il contributo sul licenziamento non prevede la possibilità di rateizzazione.

Ci sono dei casi in cui il datore non deve pagare il contributo sul licenziamento?

La legge n. 92/2012 prevede che per i casi di ’ingresso nelle procedure di mobilità ex art. 5, co. 4, legge n. 223/91 il datore di lavoro non è tenuto al pagamento del ticket sui licenziamenti.

Inoltre, riguardo al periodo 2013 – 2015, i datori di lavoro sono esentati dal pagamento del ticket nei seguenti casi:

1. licenziamento conseguente a cambio di appalto, ossia il lavoratore è stato assunto da altro datore di lavoro;

2. nel caso di lavoratori del settore edile, se il rapporto di lavoro cessa per completamento delle attività e chiusura del cantiere;

Il contributo Aspi ordinario per l’apprendistato

L’Aspi, la nuova assicurazione per i lavoratori, è un ammortizzatore sociale che viene finanziato attraverso due tipi di contribuzione, una è il contributo ordinario.

Questa prima tipologia di contributo per l’Aspi è dovuta dal datore di lavoro in formula piena (1,31%+0,30%) nel caso di assunzione con contratto di apprendistato, anche se su questi contratti, in base alla legge n. 183/2011, sono state applicati vari sgravi contributivi per l’incentivazione. Stesso discorso vale anche nel caso in cui il contratto di apprendistato venga risolto in altro tipo di collaborazione al termine del periodo di formazione.

Se l’apprendista è, invece, iscritto alle liste di mobilità per il datore di lavoro l’Aspi non dovrà essere pagata in misura piena, ma il contributo sarà del 10% per un periodo di 18 mesi dal giorno dell’inizio del rapporto di lavoro.

Nel caso di lavoratori che hanno contratti di somministrazione, l’Aspi sarà versata con un contributo pari all’1,31%, senza la maggiore prevista dello 0,30%,.

► Sondaggio Adecco su riforma del lavoro

Il contributo addizionale Aspi 

Il contributo addizionale Aspi, altra forma di finanziamento di questo ammortizzatore sociale, è dovuta per lavoro subordinato non a tempo indeterminato con un’imposizione pari all’1,40%, con la possibilità di usufruire delle riduzioni contributive previste dall’ordinamento per tutte le tipologie di assunzioni a tempo determinato agevolate.

Nel caso di assunzioni a tempo determinato di lavoratori iscritti alle liste di mobilità, il datore di lavoro non è tenuto a versare nessuna contribuzione aggiuntiva.

Tutti i dettagli relativi alla contribuzione Aspi sono contenuti nella  Circolare n. 44 – 2013 dell’INPS.

I nuovi servizi Inps per i pensionati

 L’Inps e il Ministero del Lavoro, con la collaborazione dell’Adepp – l’Associazione delle Casse previdenziali – sta mettendo a punto, in questi giorni, dei nuovi servizi on line specifici per la pensione. Si tratta di nuovi strumenti che permetteranno all’Istituto Nazionale di Previdenza di avere un rapporto più trasparente e dare informazioni più dettagliate e precise ai lavoratori italiani sull’andamento della loro contribuzione ai fini pensionistici.

► Come cambia la pensione anticipata con la Riforma Fornero

L’iter dei nuovi servizi on line dell’Inps è composto da tre fasi: Estratto Conto Integrato, Calcolatore della pensioneSimulatore della pensione. Vediamoli nel dettaglio.

Estratto conto integrato

Le finalità dell’Estratto conto integrato, il primo dei tre nuovi servizi on line ai quali sta lavorando l’Inps, sono quelle di dare ai lavoratori che hanno maturato contributi presso diverse casse previdenziali o in gestioni differenziate dell’Inps -si calcola che in Italia siano circa 6 milioni di persone – un’informazione completa e gli strumenti necessari per controllare e gestire la loro contribuzione previdenziale individuale.

Al servizio Estratto Conto Integrato si potrà accedere direttamente dal portale dell’ultimo Ente in cui si è stati iscritti, con la possibilità di segnalare direttamente anche eventuali problemi o incongruenze del conteggio della contribuzione a fini pensionistici. Il valore aggiunto di questo servizio è che, grazie all’interattività, il conteggio della contribuzione sarà complessivo e riguarderà tutti le casse e gli enti nei quali sono stati versati i contributi. L’ECI (Estratto conto integrato) potrà essere consultato dai portali degli enti che forniscono le informazioni previdenziali al Casellario dei Lavoratori Attivi, istituito presso l’Inps (Inps, Enasarco e Casse previdenziali degli ordini professionali).

► Vantaggi e svantaggi della totalizzazione nazionale della contribuzione

Calcolatore della pensione

Il secondo servizio on line che sarà sviluppato dall’Inps è il Calcolatore della pensione, servizio che sarà attivo a partire dal prossimo aprile 2013. Attraverso questo servizio on line sarà possibile conoscere, anche se ancora solo in forma previsionale, la data in cui si saranno raggiunti i requisiti anagrafici e contributivi per l’accesso alla pensione e anche l’importo che avrà il rateo mensile.

All’avvio del Calcolatore della pensione on line dell‘Inps, potranno accedere alle informazioni, almeno nella prima fase del servizio, sono i lavoratori iscritti all’Inps che siano nati prima del 31 dicembre 1955 e che abbiano accumulato contributi presso le seguenti gestioni:

– Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti;
– Gestioni Speciali dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti);
– Gestione separata.

Nei mesi successivi il servizio Calcolatore della pensione verrà attivato anche per tutte le altre classi di lavoratori.

Simulatore della pensione

Il Simulatore della pensione, il terzo servizio on line che sarà attivato nei prossimi mesi dall’Inps, è dedicato alle fasce di lavoratori più giovani, che potranno così conoscere, ovviamente in via previsionale, a quanto potrà ammontare la loro pensione e anche il momento in cui saranno raggiunti i criteri anagrafici e contributivi per l’accesso.

In effetti si tratta di un calcolo abbastanza complicato, a causa soprattutto delle variabili che sono state introdotte con le ultime riforme -un esempio può essere l’adeguamento alla speranza di vita, ma le variabili da considerare nel calcolo della pensione sono anche l’evoluzione retributiva individuale, gli anni e la continuità del lavoro, la scelta del periodo di pensionamento etc.: con questo strumento sarà, invece, possibile avere un’idea, per quanto non precisa, della propria condizione contributiva.

Il Simulatore dalla pensione calcola il potenziale ingresso nel mondo dei pensionati e l’ammontare dell’assegno mensile attraverso l’estratto conto dei contributi effettivamente versati all’Inps e darà come risultato le possibili opzioni in base a dei profili codificati.

► Cud on line anche per i pensionati

Il Simulatore della pensione, terzo e ultimo servizio on line dell’Inps, sarà accessibile entro la fine del 2013.

Per tutte le informazioni relative ai nuovi servizi dell’Inps per i pensionati consultare la pagina servizi online del sito web dell’Inps.

 

Guida al riscatto del corso di laurea

 Cos’è il riscatto del corso di laurea?

Il riscatto del corso di laurea è un procedimento a titolo oneroso, ossia pagato dal contribuente, per fare in modo che anche gli anni che si sono passati all’università possano figurare nel conteggio dei contributi versati per l’ottenimento della pensione.

Dal momento che andare in pensione, soprattutto dopo la riforma Fornero, è diventato sempre più difficile, avere qualche anno di contribuzione in più può essere un beneficio, ma, prima di decidere, è necessario comprendere se il costo del riscatto è proporzionato agli effetti che ha sul requisito contributivo per l’accesso alla pensione.

Quali sono i periodi riscattabili?

Il riscatto del corso legale di laurea è concesso solo a coloro che hanno poi ottenuto il titolo di studio. Sono contemplati nel riscatto i seguenti titoli di studio:

– diploma universitario (corso di laurea di tre anni);-

– diploma di laurea (corso di laurea di cinque anni);

– diplomi di specializzazione post laurea;

– dottorati di ricerca;

-titoli accademici previsti dal decreto n.509 del 3 novembre 1999.

Non è possibile richiedere il riscatto del corso di laurea per:

– periodi di fuori corso;

– periodi già interessati da contribuzione obbligatoria o figurativa.

Come si fa la domanda per il riscatto del corso di laurea

Come molte altre forme di interazione con l’Inps, la via preferenziale per la richiesta del riscatto del corso di laurea è on line: il contribuente deve dotarsi del PIN (da richiedere direttamente all’Inps) e poi seguire le istruzioni che si trovano sul sito dell’Inps alla pagina Riscatto di laurea.

Come si calcola il costo del riscatto del corso di laurea?

Il costo del riscatto del corso di laurea viene calcolato in base alle norme che disciplinano la liquidazione della pensione sia secondo il sistema contributivo che secondo il sistema retributivo. Inoltre, il costo del riscatto è soggetto all’incidenza di altri fattori come il sesso, l’età, e il periodo nel quale si colloca il corso di laurea che si vuole riscattare.

In base a questo ultimo principio si creano le seguenti situazioni:

1. Il periodo da riscattare è collocato prima del 31/12/1995

In questo caso l’onere a carico del contribuente è calcolato in base ai criteri di riserva matematica previsti dall’articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338. Il costo, quindi, varierà in base a età, periodo da riscattare, sesso e retribuzioni percepite negli ultimi anni.

2. Il periodo da riscattare si colloca dopo il 31/12/1995

In questo caso l’onere a carico del contribuente è calcolato applicando  l’aliquota contributiva in vigore alla data di presentazione della domanda di riscatto, che si applica alla contribuzione dei dodici mesi meno remoti rispetto alla data della domanda ed è rapportata al periodo oggetto di riscatto.

Le ultime innovazioni legislative sul riscatto della laurea

Per le domande di riscatto del corso di laurea, indipendentemente dal periodo nel quale si collocano, secondo la Legge n. 247/2007, è possibile pagare l’onere in un’unica soluzione o in 120 rate mensili, senza interessi e con la possibilità di estinguere il debito in meno rate, sempre senza interessi sul monte da versare. 

La possibilità di chiedere la rateizzazione dell’onere non vale in caso di pensionamento, che implica, altresì,la decadenza dal beneficio della rateizzazione eventualmente in corso, con conseguente obbligo di pagamento del capitale residuo in unica soluzione.

Cosa succede se non si pagano le rate?

Non pagare una rata o, nel caso si sia deciso di saldare l’onere in un’unica soluzione, dell’import previsto viene interpretato dall’Inps come rinuncia al riscatto e la domanda viene automaticamente archiviata.

Anche in questo caso, comunque, si può ripresentare la domanda successivamente, ma il calcolo dell’onere sarà fatto secondo i criteri relativi alla presentazione della seconda domanda.

Come si paga l’onere di riscatto della laurea

Il pagamento dell’importo relativo al riscatto della laurea si fa attraverso gli appositi bollettini MAV inviati dall’INPS. I versamenti si possono effettuare presso qualsiasi banca o negli uffici postali.

Altra soluzione è il pagamento online sul sito dell’Inps.

Solo in caso di pagamento rateale dell’onere del riscatto della laurea è possibile richiedere l’addebito in conto corrente, sia bancario che postale. La richiesta di addebito in conto corrente va fatta all’Agenzia delle Entrate con la compilazione dell’apposito modello RID.