Controllo formale delle dichiarazioni con Civis

 E’ disponibile dal 10 gennaio il nuovo servizio per la trasmissione dei documenti fiscali, tramite il servizio telematico CIVIS. Questo primo contatto con l’amministrazione finanziaria consente di inviare i documenti richiesti con le comunicazioni emesse dopo un controllo formale e attinenti alla dichiarazione modello UNICO 2010 – Società di Capitali.

Si sa infatti che è nelle mani del contribuente la dimostrazione delle spese e dei redditi stessi.

Il servizio CIVIS è stato spiegato a FiscoOggi direttamente dal gestore che ha indicato proprio nell’acquisizione telematica dei documenti la novità della proposta. Il servizio CIVIS, in un primo momento riservato alle società di capitali, consente ai contribuenti che hanno ricevuto una richiesta di controllo formale di inviare i documenti tramite questo canale di comunicazione privilegiato.

► Il contribuente è irreperibile ma l’indirizzo è uno solo

E’ così che senza doversi recare in un qualsiasi ufficio alle ore più impensate, si può tranquillamente consegnare la documentazione richiesta telematicamente. Tutto è garantito dalla collaborazione in essere con le Direzioni Centrali Accertamento e Personale.

Ritrattare la dichiarazione non blocca gli accertamenti

Il cittadino che voglia utilizzare il servizio, per prima cosa deve abilitarsi sui servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, Fisconline o Entratel e poi compilare il form con i dati necessari all’identificazione della comunicazione. Si possono quindi allegare uno o più file in formato PDF o TIF, a patto di non superare i 5 MB di dimensione.

I documenti originali, comunque, devono essere sempre conservati dal contribuente.

Se ripari il cellulare e spendi poco non puoi dedurre i costi

 Il problema di molti titolari di partita IVA  e di molti contribuenti in generale, è quello di dimostrare di aver compiuto delle spese inerenti all’attività professionale e lavorativa. Ma non tutto può essere “scaricato” come si dice in gergo.

In tutti i casi è nelle mani del contribuente la dimostrazione delle spese ma questo non vuol dire che l’Erario accetti tutta la documentazione fornita per buona. Per esempio, secondo un principio di giurisprudenza tributaria, ribadito nella sentenza 23551 del 20 dicembre scorso della Corte di Cassazione, le spese che un’azienda sostiene per un bene di cui non è proprietaria non sono deducibili dal reddito imponibile.

La regola della non deducibilità vale anche nel caso in cui l’importo pagato dall’azienda o dal contribuente sia di entità assolutamente esigua perché è anche l’ammontare complessivo dei costi ad essere rilevante nella valutazione dell’inerenza delle spese rispetto all’attività d’impresa.

Più di 100 spese per il redditest

Tutto nasce ancora una volta dalla proposta dell’Agenzia delle Entrate che si è scagliata stavolta contro la Commissione tributaria regionale, che, ad un grado inferiore di giudizio aveva annullato ben cinque avvisi di accertamento emessi a carico di due società in accomandita semplice.

L’ufficio finanziario, partendo dall’esiguità dell’importo della spesa portato in detrazione in relazione alla riparazione di un telefono cellulare non di proprietà dell’azienda, aveva poi messo in relazione costi bassi e indeducibilità delle spese. 

Il prestito al coniuge può essere passibile d’imposta

 Vi sarà capitato di chiedere “un prestito” al vostro partner per sostenere delle spese che non potevano assolutamente essere gestite tramite il vostro conto. In questo caso il prestito è sottoposto ad un’indagine o meglio ad un’imposta. Vediamo i chiarimenti forniti dall’amministrazione finanziaria in merito.

Il caso pratico è quello dell’accertamento sintetico, quello in cui la cosiddetta pretesa tributaria è assolutamente legittima perché è stata dimostrata la poca coerenza tra il reddito dichiarato dal contribuente e il prestito elargito al coniuge al fine di completare l’acquisto di un immobile.

► Più di 100 spese per il redditest

Il contribuente, che esiste nella realtà ed ha dato origine al pronunciamento della Cassazione, aveva ricevuto un accertamento sintetico dall’Agenzia delle Entrate. L’accertamento sintetico, previsto dall’articolo 38 del Dpr 600/1973.

► Il fisco accerchia gli evasori

L’atto impositivo ha come obiettivo quello di identificare la capacità contributiva in virtù di indici desunti dalla disponibilità economica che aveva consentito alla moglie del contribuente di rendersi acquirente di un immobile che era risultato intestato a quest’ultima.

Il contribuente aveva prestato troppi soldi al coniuge senza aver dichiarato al fisco di avere tale disponibilità. L’amministrazione tributaria, verificata la sussistenza di un capitale presumibilmente evaso, può chiederne la restituzione o comunque il pagamento delle imposte. Anche la Cassazione ha rigettato il ricorso del contribuente.

Nelle mani del contribuente la dimostrazione delle spese

 La Commissione tributaria regionale sostiene che l’interessato dall’accertamento, quindi il contribuente stesso, deve dimostrare di aver sostenuto le spese e deve dimostrare anche che le spese erano inerenti. È stata la Corte di Cassazione a pronunciarsi ancora sull’argomento.

► Più di 100 spese per il redditest

In pratica i porporati hanno detto che per quel che riguarda detrazioni e deduzioni tra soggetti passivi d’imposta, non è l’Amministrazione finanziaria, bensì il contribuente a dover dimostrare che le spese sostenute sono inerenti alla finalità imprenditoriale. Per esempio è il contribuente a dover dimostrare che il pranzo portato in detrazione, del valore simbolico di 70 euro, altri non era se non un pranzo di lavoro.

Tutto parte dal giudizio promosso da una Srl che ha ricevuto dall’amministrazione tributaria l’avviso di accertamento per alcune deduzioni improprie ai fini IVA ed IRAP. L’ente che ha imposto questa tassa ha spiegato di provvedere al recupero delle spese portate in detrazione perché non inerenti con l’attività imprenditoriale.

► Imposta sul Valore Aggiunto

Dopo un primo giudizio a favore del contribuente, la Suprema Corte di Cassazione ha ribaltato la sentenza confermando il diritto dell’amministrazione tributaria a richiedere la spiegazione dell’inerenza delle spese. Soltanto un vizio di forma, una spiegazione insufficiente da parte del contribuente, può in qualche confermare l’azione dell’amministrazione tributaria.

Quando l’avvocato non è una spesa deducibile

 Se un’azienda ha sostenuto dei costi per difendersi dall’accusa di corruzione ed ha dovuto pagare un avvocato per la difesa dell’amministratore della società, i costi sostenuti non possono essere considerati delle spese deducibili. Il motivo che sta alla base di questa nuova sentenza della Corte di Cassazione è semplice: l’avvocato, o meglio la difesa dall’accusa di corruzione non è un’attività che rientra tra quelle di perseguimento dell’oggetto sociale.

La sentenza della Corte di Cassazione, la numero 23089 del 14 dicembre 2012, parla chiaro: la società di capitali non può considerare spese deducibili quelle sostenute per pagare un avvocato, incaricato di difendere l’amministratore della società dall’accusa di corruzione, per via del difetto di inerenza.

► Le spese vaghe non sono ammissibili

A sostegno della tesi dei porporati della Cassazione c’è anche l’articolo 1720, comma 2, del codice civile che interviene sulle spese rimborsabili di un mandatario. Siccome nel caso dell’avvocato non si tratta di una spesa connessa al mandato dell’amministratore, nel senso che non si tratta di un’attività funzionale al perseguimento dell’oggetto sociale.

► Le spese insensate non si possono detrarre

Al contrario siamo di fronte ad un’attività in cui il mandato è l’occasione. Il fatto alla base della sentenza affonda le sue radici nella Regione toscana che ha inviato degli avvisi di accertamento in relazione a diversi periodi d’imposta alle aziende, in merito a Irpeg, Iva e Irap ed ha trovato delle spese legali portate erroneamente in deduzione.

Elenco coefficienti di calcolo delle pensioni

 Con l’inizio dell’anno sono entrati in vigore i nuovi coefficienti per il calcolo delle pensioni che rivoluzionano lì’attuale sistema di valutazione dell’assegno pensionistico.

I nuovi coefficienti, come abbiamo visto anche nell’articolo Nuovi coefficienti di calcolo dei trattamenti contributivi saranno calcolati sia in base all’età in cui si decide di andare in pensione sia in base alle aspettative di vita (secondo i dati che ogni due anni fornirà l’Istat). Questo nuovo parametro è stato inserito per tenere conto di quanto si resterà i pensione: chi sceglie di andare in pensione più tardi (quindi lavorando per più anni) percepirà una pensione maggiore, ma per meno tempo.

Rispetto agli anni precedenti, nella pratica del calcolo, per ottenere lo stesso importo pensionistico si deve lavorare in media un anno in più.

Di seguito vi riportiamo la tabella dei nuovi coefficienti che saranno validi per il calcolo delle pensioni tra i 57 e i 70 anni.

57 anni: 4,304% (4,42% fino al 2012)
58 anni: 4,416% (4,54% fino al 2012)
59 anni: 4,535% (4,66% il precedente)
60 anni: 4,661% (4,80% il precedente)
61 anni: 4,796% (4,94% il precedente)
62 anni: 4,940% (5,09% il precedente)
63 anni: 5,094% (5,26% il precedente)
64 anni: 5,259% (5,43% il precedente)
65 anni: 5,435% (5,62% il precedente)
66 anni: 5,624%
67 anni: 5,826%
68 anni: 6,046%
69 anni: 6,283%
70 anni: 6,541%

 

Cambiamenti pensioni di invalidità: è polemica

 Sindacati e invalidi si sono uniti in una crociata contro le nuove disposizioni per le pensioni che spettano agli invalidi al 100%. Secondo la Circolare n. 149 del 28 dicembre 2012 rilasciata dall’Inps, infatti, le nuove pensioni di invalidità spetteranno solo a chi ha un reddito più basso di 16.127,30 euro annui. 

Ma,diversamente da quanto accadeva fino all’anno appena concluso, il reddito minimo di riferimento non sarà più quello personale (del richiedente la pensione di invalidità) ma sarà quello famigliare.

► Nuovi coefficienti di calcolo dei trattamenti contributivi

Secondo sindacati e associazioni di invalidi la circolare è

una decisione politica che colpisce i più poveri  espropriandoli di una pensione dall’importo risibile.

In effetti l’importo dell’assegno di invalidità è di 275,87 euro al mese, una cifra davvero bassa che ora, con le nuove disposizioni, non sarà più un diritto di coloro che hanno un reddito comunque molto basso, sopratutto dal momento che da ora sarà calcolato sulla famiglia e non più sul singolo.

► Pensioni di anzianità: le novità dal 2013

A creare un maggiore scontento su questa decisione è anche il fatto che questo nuovo metodo di calcolo non si applica a coloro che hanno una percentuale di invalidità inferiore al 100%, il cui limite reddituale di riferimento rimane quello personale.

 

Tabella B del nuovo redditometro

Più di 100 spese nel nuovo redditest, è vero ma tutte rigorosamente classificate nella Tabella A del nuovo redditometro, un documento che introduce il modo di agire ed interpretare i dati dell’amministrazione finanziaria.

 Il fisco ha intenzione di accerchiare gli evasori ma per farlo doveva dotarsi di uno strumento più efficace e raffinato. La chiave giusta per arrivare alla definizione del nuovo redditometro è stata quella di far prevalere le caratteristiche del nucleo famigliare e l’area geografica d’appartenenza dei contribuenti.

Il nuovo redditometro, è importante precisarlo, interessa tutti i singoli contribuenti e il loro posizionamento e valore all’interno del nucleo famigliare che vivrà in una certa zona del paese dove sarà possibile spendere in un certo modo, risparmiare poco o tanto, incrementare o polverizzare i risparmi di famiglia.

Gli acquisti effettuati da coniuge e famigliari a carico, contribuiscono alle spese del singolo cittadino, secondo quanto riportato dall’articolo 2 del Decreto ministeriale. Nella Tabella B c’è una sintesi delle undici tipologie di nuclei famigliari.

Le tipologie individuate sono: persona sola con meno di 35 anni, coppia senza figli con meno di 35 anni, persona sola con età compresa tra i 35 e i 64 anni, coppia senza figli con età compresa tra i 35 e i 64 anni, persona sola con 65 anni o più, coppia senza figli con 65 anni o più, coppia con un figlio, coppia con due figli, coppia con tre o più figli, monogenitore e altre tipologie.

Tabella A del nuovo Redditometro

 Più di 100 spese per il Redditest. Con queste parole, quasi minacciando i contribuenti evasori con l’efficacia e la ricchezza esplorativa dello strumento, l’Agenzia delle Entrate ha presentato il suo nuovo gioiellino. Il Redditometro, ad una prima ricognizione, dimostra che sono almeno due gli elementi importanti per il fisco: prima viene la composizione famigliare e poi l’area geografica d’appartenenza.

Insomma non è più soltanto il reddito a classificare i contribuenti. Le voci di spesa menzionate sono parte integrante degli strumenti usati per l’indicazione della capacità contributiva. Con il decreto che rende attivo l’accertamento sintetico, la nuova lente d’ingrandimento sui redditi delle persone fisiche è pronta a mettersi all’opera.

Nella Tabella A allegata al decreto sono distinti gli elementi della capacità contributiva in due macrocategorie, consumi ed investimenti che vanno a toccare gli aspetti cruciali della vita quotidiana, indagando sull’abitazione, ma anche sull’istruzione, sulla sanità e sui trasporti, sui costi per l’acquisto dei beni mobili e sulle spese dedicate all’incremento del proprio benessere.

L’Agenzia delle Entrate, per la ricostruzione del reddito si baserà quindi sia sulle spese effettivamente sostenute dai contribuenti e, dove non fosse possibile, terrà conto delle spese medie rilevate dall’Istat. In questo caso si prenderà in considerazione l’ammontare più elevato tra i dati a disposizione.

Befera presenta e spiega il temuto Redditest

Più di 100 spese per il redditest

 Il nuovo redditometro o redditest che dir si voglia, è chiamato a scandagliare nelle spese e nei redditi effettuati e dichiarati dall’anno d’imposta 2009 ma la novità sta proprio nelle nuove voci che l’Erario ha messo nel paniere. Negli anni, infatti, anche se si parla soltanto di tre annualità, molto è cambiato.

Il funzionamento del nuovo redditometro non si discosta molto dal precedente modello visto che l’obiettivo resta quello d’individuare i contribuenti che dichiarano redditi di una certa entità e poi spendono troppo o poco. Nel momento in cui ci sono più spese di quelle che realmente sarebbero sostenibili, il Fisco è pronto ad intervenire.

Ma di quali spese si tratta? All’inizio, nel 1992, le voci di spesa considerate erano riducibili ad aerei, imbarcazioni, immobili e autoveicoli. In pratica un nullatenente non poteva avere uno yatch parcheggiato nel porticciolo di casa. Dopo vent’anni, i natanti restano come gli altri beni di lusso, ma si va a considerare anche la sfera degli hobby.

Le utenze, i cavalli o la collezione di francobolli, non possono essere trascurati dal fisco e dove non si possa ricostruire il valore effettivo delle spese, si partirà dalla spesa media calcolata dall’Istat per ciascuna delle 11 tipologie di famigliari.

Le spese che finiranno sotto la lente d’ingrandimento del fisco sono quelle per le riparazioni dei veicoli, i consumi e gli investimenti. In quest’ultima area rientrano siano i beni mobili ed immobili dichiarati, sia le polizze assicurative i contributi volontari, i titoli azionari o le spese per oggetti d’arte e di antiquariato.