Scelta del patrimonio finanziario in base al reddito

 Il livello del reddito da lavoro di un individuo, sia quello presente che quello atteso per il futuro, è una delle variabili da tenere in considerazione nella scelta dell’allocazione finanziaria del patrimonio disponibile per gli investimenti.

Il suo ammontare, infatti, determina quanto di questo patrimonio può essere investito in titoli a lunga scadenza (che no danno rendimenti immediati) e quanto, invece, deve essere utilizzato per investimenti più a breve termine (che però possono essere maggiormente rischiosi).

Ad influire sulla scelta del patrimonio finanziario oltre al livello di reddito, concorre anche la tipologia di reddito. Il reddito, infatti, soprattutto alcune sue tipologie, tendono a muoversi in maniera coordinata con le altre variabili dei mercati finanziari. Per coloro che, ad esempio, ricevono una parte di stipendio in titoli azionari, investire nelle stesse attività finanziarie significa sottoporre i propri risparmi e redditi ad un rischio molto alto (al quale corrisponde, di contro, anche un possibile rendimento molto alto).

Lo stesso vale per coloro il cui reddito, invece, rimane stabile nel tempo. Sulla base del principio della differenziazione del portafogli per la diminuzione del rischio degli investimenti, livello e tipologie di reddito (che possono essere definite anche come capitale umano dell’investimento) sono variabili che influiscono in maniera determinante per fare una scelta oculata del patrimonio, che sia stabile e duratura sul lungo periodo.

Novità sulle detrazioni per i mutui

 Fino all’anno scorso di potevano detrarre dalle imposte le spese sostenute per il pagamento degli interessi passivi del mutuo, le spese per le assicurazioni e i figli a carico, singolarmente. Con la prima bozza del decreto di stabilità sembra che queste detrazioni siano state messe da parte.

O meglio, la prima versione del documento che ha generato diverse perplessità tra i cittadini, prevedeva che fosse ridotto il tetto massimo di detrazioni e fossero unite tutte le spese, in modo tale che oltre agli interessi passivi del mutuo, non si potesse “scaricare” alcunché.

Oggi si apprende che in tal senso il Governo ha fatto un passo indietro o meglio ha perfezionato la normativa sulle detrazioni relative ai mutui. Il testo non è ancora definitivo, quindi è necessario attendere una conferma ufficiale dei dati che stiamo per elencare.

La buona notizia per i mutuatari è che è stato abolito il tesso massimo sulle detrazioni, che era stato inserito nella prima versione della legge di stabilità. Per cui, chi ha acceso un mutuo, potrà continuare a fare come l’anno scorso, quindi a detrarre il 19 per cento su un importo massimo di 4000 euro che vuol dire avere uno sconto di massimo 760 euro.

E’ stata poi ristretta la base sulla quale calcolare le detrazioni ed ora i mutui fanno di nuovo storia a sé e non sono compresi nell’insieme di assicurazioni, figli a carico e altri costi.

Consumi in calo a Natale

Il Natale 2012 potrebbe passare in sordina in termini di regali e compere. Lo dice Confesercenti-Swg, dopo aver proposto un sondaggio agli italiani. Secondo i dati in possesso dell’ente, sotto le feste natalizie questi ultimi spenderanno 2,8 milardi in meno rispetto all’anno passato. Il 2011 aveva fatto segnare, infatti, un 3% in più.

Così la ricerca commenta il trend di consumi annuale:

“Il dato è frutto di uno stato emotivo che vede salire la speranza nel Paese, ma allo stesso vede crescere anche il numero di coloro che temono sia il peggior Natale del triennio.Il 54% degli italiani (era il 51% nel 2011) si affida alla speranza per definire il prossimo Natale ed in tal modo cerca di contrastare gli incubi della crisi e del futuro. Ma cresce anche in modo netto il numero di coloro che non si fanno illusioni: per 19 milioni di connazionali, infatti, questo sarà il peggior Natale dal 2010 (si sale dal 25% del 2011 al 38% di quest’anno). Venti milioni non vedono differenze con l’anno passato, mentre una consistente minoranza, 11 milioni, crede in un miglioramento. L’altalena fra ottimisti e pessimisti vede dunque quest’anno in aumento i secondi ed in calo i primi. Le donne sono quelle che con più determinazione difendono le ragioni dell’ottimismo, fra i pessimisti prevalgono invece gli uomini”.

I consumi sono dunque in calo, ma soprattutto è in picchiata anche “l’effetto Natale”. Con esso si intende l’insieme di spese stimolate dall’arrivo delle festività dell’ultimo mese dell’anno: nel 2012 sono intorno ai 10,7 miliardi. 300 milioni di euro in meno rispetto al 2011.

Confesercenti riflette anche sulla recessione e sulla tredicesima:

“Cala di 2 miliardi la quota destinata agli acquisti (ora a 17 miliardi e 787 milioni) ed in particolare ci saranno 700 milioni di euro in meno per i regali. Una parte consistente della tredicesima, 11 miliardi e 739 milioni, andrà invece a rimpinguare i risparmi erosi dalla difficoltà economiche: gli italiani, insicuri sulla possibilità di una rapida ripresa, preferiscono accantonare quasi 2 miliardi in più rispetto al 2011. Circa 12 miliardi provenienti dalle tredicesime, invece, verranno usati per far fronte ai mutui e pagare i debiti (+641 milioni sul 2011), mentre quasi 13 miliardi e mezzo saranno impiegati per affrontare le necessità della casa e della famiglia (in calo di 1 miliardo e 314 milioni)”.

Studi di settore: segnalare le anomalie

 L’Agenzia delle Entrate controlla sempre le dichiarazioni dei redditi dei contribuenti per verificare se le informazioni fornite corrispondono alla realtà. Il Fisco ha in tasca una serie di strumenti per rilevare gli indicatori relativi a tutti i tipi di contribuenti.

Gli studi di settore sono lo strumento cardine per controllare liberi professionisti, lavoratori autonomi e imprese e sono attivi dall’agosto del 1993. Se dagli studi di settore emerge un’anomalia, l’Erario ha la possibilità di chiederne conto ai contribuenti, attraverso le cosiddette cartelle.

Oggi anche i contribuenti hanno la possibilità di dialogare con l’Amministrazione finanziaria attraverso un programma informatico che si chiama “Segnalazioni 2012“. Il software in questione è rivolto a tutti i contribuenti che direttamente o tramite gli intermediari abilitati, intendono motivare e giustificare alcune situazioni.

Se per esempio l’Agenzia delle Entrate rileva un’incongruità in una dichiarazione, relativa ad uno studio di settore per il periodo d’imposta 2011, i contribuenti si collegano a Segnalazioni 2012, e possono predisporre una comunicazione, inviarla telematicamente e spiegare le cause di inapplicabilità o di esclusione dagli studi di settore per il periodo indicato dall’Erario.

La trasmissione delle segnalazioni è stata attivata il 27 novembre 2012 e sarà valida fino al 28 febbraio 2013. Tutte le informazioni si possono trovare sul sito dell’Agenzia delle Entrate. 

Befera sulla lotta all’evasione fiscale

 Gli strumenti messi in campo per la lotta all’evasione fiscale sono numerosi. In ultima istanza è stato anche varato il famoso Redditest che dovrebbe portare allo scoperto le situazioni incongrue. Secondo Attilio Befera, però, deve cambiare ancora l’approccio all’evasione fiscale.

Il direttore dell’Agenzia delle Entrate intervenuto in un convegno che si è tenuto a Palermo, nella direzione regionale siciliana dell’Erario, ha spiegato che occorre ripartire dal rapporto tra il Fisco e i contribuenti. Deve essere promosso e rinsaldato un rapporto di fiducia.

Non basta però ottenere il sostegno dei contribuenti. All’unanimità, le forze coinvolte nella lotta all’evasione come l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, la Guardia di Finanza e il mondo accademico stesso per la parte d’analisi, dicono che deve essere modificato l’approccio al problema.

Ovvero la lotta all’evasione fiscale non può più fondarsi sulla repressione e sulla punizione degli evasori ma va affrontato come un problema di civiltà e per questo è molto importante consolidare anche le azioni preventive.

Le parole di Befera all’apertura del convegno, sono riassuntive:

“L’evasione fiscale non va vista sotto un aspetto meramente economico – ha sottolineato il numero uno delle Entrate – ma va affrontata per quello che è: un problema di civiltà. Parlare di fedeltà fiscale in Italia sembra quasi un’utopia; io, invece, credo che, considerato il lavoro che svolgiamo con tutti gli altri interlocutori qui presenti, sia una speranza. Ci stiamo impegnando perché il rapporto tra cittadini e Fisco sia un rapporto di trasparenza, professionale, un rapporto che per decenni è stato conflittuale. L’altra cosa a cui tengo molto come cittadino è che una parte di quanto viene recuperato sia restituito ai contribuenti virtuosi.”

Principio di cassa anche per gli amministratori

 La Corte di Cassazione, in una recente sentenza, ha legiferato in materia di principio di cassa allargato ad una serie di professioni tra cui rientra anche quella dell’amministratore.

Non esiste una norma particolare che assimila al reddito da lavoro dipendente, i compensi percepiti dagli amministratori, per questo, secondo il legislatore, è divenuta necessaria l’estensione del principio di cassa anche ai compensi degli amministratori.

Il riferimento normativo è il Dpr numero 917 del 1986 che assimila ai redditi di lavoro dipendente anche le somme e i valori che sono percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, nell’esercizio della funzione di amministratori, sindaci, revisori di società, associazione ed altri enti che possono avere o meno personalità giuridica.

Il riferimento normativo è stato riportato dalla Corte di Cassazione nella sentenza del 2012 numero 15241. Sotto la lente d’ingrandimento dei porporati ci sono finiti i compensi dei sindaci, i premi assicurativi, i compensi degli amministratori, ma anche la ricerca, l’addestramento e la formazione, nonché le operazioni di esportazione delle merci.

Non è una normativa “nuova”, ma è molto ben formulata e chiara, così che le conclusioni raggiunte possano essere condivise e messe in pratica fin da subito. Invece che legiferare ex novo, stavolta è stato preferito fare delle assimilazioni, tra l’altro molto pertinenti.

Warren Buffet rilancia il suo appoggio alla politica di Obama

 I privilegiati d’America devono pagare più tasse. A dirlo è Warren Buffet che, da sempre pro-Obama, che, pur facendo parte della classe degli uomini più ricchi del mondo, dalle pagine del New York Times rinnova la sua posizione e le sue proposte.

Già nel 2011 la prima proposta per una tassazione dei patrimoni dei super ricchi americani, che ora viene rivolta direttamente al Congresso degli Stati Uniti e propone una tassazione del 30% sui redditi che vanno tra $1 milione e $10 milioni e del 35% nel caso il reddito superi queste cifre.

Secondo l’investitore, che si trova al terzo posto della classifica di Forbes dei 400 uomini  più ricchi d’America:

Una regola semplice come questa bloccherà gli sforzi di quei lobbisti, avvocati e rappresentanti del Congresso avidi dei soldi dei contribuenti, volti a tenere le tasse che pagano i ricchi ben al di sotto di quelle imposte a gente che ha un reddito che è solo una frazione, rispetto al nostro.

Il reddito medio del gruppo (i 400 di Forbes) nel 2009 è stato di 202 milioni dollari – che equivale a un “salario” di 97.000 $ per ora. Tuttavia, più di un quarto di questi ultra ricchi hanno pagato meno del 15 per cento di imposte sul reddito, la metà meno del 20% e alcuni non pagano niente.

Questo oltraggio indica la necessità di più di una semplice revisione verso alto delle aliquote fiscali, anche se questo è il punto di partenza. Appoggio la proposta del presidente Obama di eliminare i tagli fiscali di Bush per i contribuenti ad alto reddito. 

Buffet rinnova quindi il suo appoggio ad Obama e alle sue proposte per il risanamento dell’economia americana ed è molto importante per il presidente degli stati Uniti e per il suo mandato che la proposta della tassazione dei ricchi arrivi proprio da un ricco.

Il reddito delle famiglie cala per il quinto anno consecutivo

 Secondo le stime della Banca d’Italia il reddito reale delle famiglie italiane diminuirà di qualche punto percentuale in più rispetto al 2,5% del 2009. A dirlo è il vicedirettore della Banca d’Italia, Salvatore Rossi.

Si tratta del quinto anno consecutivo in cui gli stipendi degli italiani continuano a perdere il reale potere d’acquisto e, dal momento che ci sono sempre meno soldi disponibili, le banche non concedono più prestiti o mutui e le famiglie si trovano, quindi, in maggiore difficoltà.

Da gennaio allo scorso settembre sono stati erogati mutui immobiliari per poco più di 21 miliardi. Riportando il dato ad anno, si ottiene un ammontare di circa 30 miliardi, molto minore di quello registrato nei due anni precedenti, minore anche di quello del 2009, l’altro anno recente di forte recessione, in cui comunque furono erogati mutui per oltre 40 miliardi, al netto di surroghe e sostituzioni, quest’anno praticamente non utilizzate dalle famiglie

Le famiglie italiane non si trovano in difficoltà solo perché le banche applicano rigidi criteri di selezione delle clientela a cui erogare prestiti e mutui, ma anche perché esiste una situazione di vulnerabilità finanziaria, laddove le famiglie che hanno dei prestiti già in essere vedono gravare il servizio del prestito per circa il 30% del reddito complessivo

Nel biennio 2011-2012 sono circa 600mila le famiglie italiane  ‘vulnerabili’, ossia quelle per cui può diventare molto difficile far fronte ai pagamenti dovuti. Il numero delle famiglie in difficoltà è sostanzialmente invariato rispetto ai livelli di fine 2010.

 

Le detrazioni IRPEF, un riepilogo

 In questi ultimi anni le detrazioni IRPEF introdotte e confermate sono state numerose e spesso, per un contribuente classico che non abbia un commercialista di riferimento, è molto complicato seguire tutte le novità in vigore.

Proviamo a riepilogare i contenuti delle detrazioni del 36, del 50 e del 55 per cento. A chi spettano, quali sono i requisiti per effettuare la richiesta e quando realmente si applicano?

La detrazione IRPEF può essere richiesta per gli interventi di manutenzione straordinaria degli immobili, per le opere di restauro e risanamento conservativo, per la ristrutturazione di case ed immobili condominiali, per alcuni tipi di manutenzione ordinaria, per l’eliminazione delle barriere architettoniche, per agevolare la mobilità dei portatori di handicap, per evitare gli incidenti domestici, per evitare atti illeciti da parte di terzi, per ricostruire o ristrutturare gli immobili danneggiati da una calamità.

La precedente detrazione del 36 per cento è stata portata al 50 per cento, ma questo aumento è valido soltanto dall’entrata in vigore del decreto e per i lavori fatti fino al 30 giugno 2013. Aumentata anche l’importo massimo delle spese cui si applica la detrazione che passano da 48 a 96 mila euro.

Per quanto riguarda la detrazione al 55 per cento per il risparmio energetico, questa vale ancora per i lavori fatti fino al 31 dicembre, poi è assorbita nella detrazione al 50 per cento per i lavori dal primo gennaio 2013 al 30 giugno dell’anno prossimo.

Le spese che possono essere detratte riguardano l’Iva sulle spese, la progettazione e l’esecuzione dei lavori, l’acquisto dei materiali, la relazione sugli impianti, la certificazione energetica, i sopralluoghi, i diritti per concessioni, autorizzazioni, DIA e permessi vari, i bolli per la documentazione, gli oneri di urbanizzazione e le tasse di occupazione degli spazi pubblici, ad esempio nel caso in cui si usino le impalcature.

Aumento del rateo per i pensionati tedeschi

 Era il 2005 quando c’è stata, in Germania, l’ultima riforma del sistema pensionistico. Ora, dopo tanta attesa, il governo della cancelliera Merkel ha deciso di aumentare il reddito di coloro che percepiscono solo la pensione minima pubblica.

Si tratta di circa 20 milioni di persone che, entro il 2016, vedranno aumentare il rateo delle loro pensioni dell’8,27% nell’Ovest della Repubblica federale e dell’11,01% nella ex Ddr, la zona meno ricca della repubblica tedesca.

L’aumento del rateo delle pensioni è dedicato a coloro che percepiscono la pensione minima di anzianità, coloro, cioè, che hanno aderito a fondi pensionistici aziendali integrativi o a polizze private (un numero di persone particolarmente esiguo, quindi, dato che in Germania, come in altri paesi dell’Europa, i fondi pensione integrativi sono una comune forma di previdenza).

A darne notizia il Bild online, il quale pubblica il rapporto governativo: già dal prossimo anno i pensionati dell’est avranno un aumento del 3,49 per cento, mentre i pensionati dell’est dovranno accontentarsi, per il 2013, di un aumento dell’1%, che diventerà del 2,55% nel 2015.

Grazie a questo nuovo aumento, le pensione pubblica media dopo 45 anni di lavoro e senza aver sottoscritto nessuna forma di integrazione pensionistica sarà di di 1276 euro, circa il 48% della retribuzione percepita in età lavorativa.