Atteso il tonfo in borsa dell’AS Roma

 L’AS Roma, in campionato, ha dovuto incassare una sonora batosta. L’ultima partita in casa, giocata con il Cagliari, è stata persa per 4 a 2. Il goal del capitano ha infiammato l’Olimpico, poi è calato il sipario e a niente è riuscito a risollevare le sorti di una squadra che è “casualmente” anche quotata in borsa.

► La crisi non influenza il calcio

La sconfitta ha convinto il management giallo rosso ad esonerare il tecnico boemo. Zeman lascia così la panchina della Roma e al suo posto, a Trigoria, ci sarà Aurelio Andreazzoli, promosso a capo dello staff tecnico. Una scelta che secondo tanti fan della squadra capitolina è molto discutibile e questo potrebbe determinare il tracollo della Roma anche in borsa.

► Anche in crisi il mercato del calcio frutta alle squadre

La sconfitta contro il Cagliari è avvenuta a borse ormai chiuse, quindi sarà necessario attendere l’apertura di oggi per avere la conferma del fatto che Zeman ha sempre portato fortuna al titolo dell’AS Roma. Andando a ritroso nel percorso altalenante della Roma in borsa, si è visto che le azioni della squadra hanno raggiunto e tenuto il valore di circa 20 euro da novembre in poi.

► Calciatori meno tassati in Italia

In generale, però, è stato l’arrivo di Zeman a Roma a riportare a galla un titolo che, l’anno scorso, era finito sull’ottovolante, influenzato dalle performance poco costanti della squadra. Staremo a vedere.

Profitti in crescita per Exxon e Chevron

Apple lascia lo scettro ad Exxon sancendo da un lato la decrescita dei profitti delle aziende tecnologiche e dall’altra l’incremento delle aziende che si occupano di petrolio.

In effetti, stando alle numerose previsioni in circolazione, gli Stati Uniti verso l’autonomia petrolifera sono già in cammino. E così non stupisce la crescita dei profitti di Exxon, che arriva proprio nel momento in cui in Europa, le raffinerie, chiudono una dopo l’altra perché i margini di guadagno sono sempre più sottili e perché la domanda stessa di carburanti è diminuita.

In questo periodo in cui sono pubblicati i dati trimestrali delle corporate e stelle e strisce, si apprende che vanno molto bene i risultati ottenuti da ExxonMobil e Chevron che, grazie alla lavorazione del petrolio grezzo sono riuscite ad andare oltre le previsioni degli analisti.

I bilanci di queste aziende fanno tirare un sospiro di sollievo all’America, ancora in tensione per il baratro fiscale, infatti, anche l’Agenzia internazionale per l’energia ritiene che una crescita USA nel settore petrolifero, potrebbe consentire all’America di superare l’Arabia Saudita nella produzione del petrolio nel mondo.

Le aziende in questione, rispetto ad estrazione, produzione e distribuzione dell’oro nero, si sono mosse in modo eccellente.

L’euro ai massimi da novembre 2011

 L’euro sorpassa il dollaro e lo fa assestandosi sui livelli massimi che non si registrano dal novembre del 2011. Insomma, come per i buoni del tesoro, per cui si rileva una buona asta dei Btp a 5 e 10 anni, c’è stato una specie di passo indietro, sicuramente proficuo.

Tecnicamente il tasso di cambio tra euro e dollaro ha superato quella che è da considerarsi la soglia di resistenza della moneta unica del Vecchio Continente, cioè i 1,35 dollari, per arrivare poi, nella tarda mattinata a 1,3562. I prezzi del denaro europeo, dunque, sono stati sospinti verso l’alto.

A pesare è stato anche l’atteggiamento degli investitori che hanno fatto segnare delle buonissime performance anche per yen, sterlina, dollaro australiano e dollaro canadese. I mercati finanziari, in questo momento, si stanno spingendo verso i settori in cui è necessario prendersi dei rischi.

 Dove si corre il rischio c’è più gusto

Un movimento che comunque dà i suoi frutti e guardando attentamente i volumi di scambi delle varie borse internazionali, si può avere la conferma.

 Le direttrici del mercato 2013 individuate da JP Morgan

Per esempio, Wall Street è cresciuta fino ai livelli che le erano stati propri nel 2008 e probabilmente farà registrare nuovi record che manderanno definitivamente nel dimenticatoio l’affare dei mutui subprime. Sul versante europeo, la borsa di Francoforte viaggia ai livelli del 2008 ed è tornata ai fasti del 2010 anche Tokyo.

Buona l’asta dei Btp a 5 e 10 anni

 Si è tenuta ieri un’asta molto importante dei titoli Btp a 5 e 10 anni e si è notato che i rendimenti sono scesi, per gli uni e per gli altri, ai minimi che non si registravano dall’ottobre del 2010. Il mercato obbligazionario, quindi, è stato tutto dedicato, soprattutto nella mattinata alle aste a medio e lungo termine.

Il Tesoro ha fatto un buon lavoro, arrivando a collocare l’importo massimo previsto, vale a dire 6,5 miliardi di euro di titoli  a breve e medio termine, con rendimenti bassissimi.

► Il rendimento dei BTp sotto la soglia del 4,3%

Un commento molto interessante riguardo l’asta, è stato riportato da Reuters ed appartiene allo strategist di ING Alessandro Giansanti, il quale sostiene che:

“C’è stata una nuova discesa dei rendimenti e questo è ovviamente positivo. I bid-to-cover non sono stati eccezionali, probabilmente perché gli spread a questi livelli hanno tenuto lontane un po’ di richieste speculative.”

► Il BTp a 15 anni piace molto agli inglesi

Nello specifico il Btp che scade nel novembre del 2017 è stato assegnato con un rendimento medio del 2,94 per cento mentre un’asta analoga alla fine di dicembre aveva passato gli stessi titoli con un rendimento del 3,26%. In generale, fino a questo momento, il ministero del Tesoro è riuscito a collocare ben 22 miliardi di titoli. Indifferente a tutti questi flussi lo spread che resta sui valori medi, intorno ai 260 punti base.

Il contributo dell’Italia all’UE cresce sempre

 Un paese in difficoltà, notoriamente, dovrebbe pensare alle sue finanze, mentre sembra che la salute dell’Italia sia anche in parte collegata alla “salute” delle sue correlazioni europee. In particolare, secondo un report della Corte dei Conti, sembra che l’Italia contribuisca più di tanti altri paesi al bilancio europeo.

 Perso 75% fondi Welfare in cinque anni

La Corte dei Conti effettua ogni anno una relazione sui rapporti finanziari con l’UE in cui si spiega in che modo e da chi sono usati i fondi comunitari. Dall’ultimo documento pubblicato emerge che c’è stato un incremento del 4,9 per cento del contributo italiano rispetto al 2010.

Sicuramente hanno avuto un peso importante, per quel che riguarda l’Italia, le infrazioni che sono state inviate al nostro paese. In totale l’Italia ha contribuito al bilancio comunitario per un monte totale di 6,7 miliardi di euro; nel 2011 le infrazioni sono state di circa 54,1 milioni di euro.

 In Europa il 2012 ha segnato la diminuzione degli istituti finanziari

A fronte di questo “esborso”, l’Italia ha ricevuto “soltanto” 9,3 miliardi di euro, circa l’1,3 per cento in meno rispetto al 2010. Questo ha fatto sì che la sua posizione di contributore netto si aggravasse. Ad ogni modo sembrano raggiunti gli obiettivi di partenza: convergenza, competitività regionale e occupazione, cooperazione territoriale.

Seguendo queste direttrici, infatti, l’Italia si è assicurata delle importanti fonti di finanziamento.

Gli utili di Facebook in crescita ma il titolo affonda

 Tutte le corporate americane stanno pubblicando in questi giorni i dati relativi al quarto trimestre del 2012 e si può dire che nonostante l’apprensione generata dal pericolo del fiscal cliff, le aziende hanno reagito abbastanza bene.

Per esempio, Amazon tra bilanci deludenti e ottimi rendimenti si barcamena, svelando le carte: ci si può presentare anche puntando su argomenti diversi da quelli che usano tutti.

Twitter vale 9 miliardi di dollariinfatti, e potrebbe arrivare sul mercato americano tra pochissimi mesi.

E Facebook, che fine ha fatto il social network blu? Nel quarto trimestre del 2012 ha visto incrementare i ricavi che sono arrivati a 1,59 miliardi di dollari, con un aumento del 40 per cento. L’utile netto, invece, dell’azienda di Zuckerberg ha subito una flessione importante, ha perso il 79%, pari a 64 milioni di dollari.

Sicuramente sta riconquistando l’amicizia degli investitori, spingendo molto il settore mobile, ma tutti i buoni propositi si stanno infrangendo contro il muro dei rendimenti: il titolo in borsa non decolla affatto. Le azioni, nell’after-hour perdono il 5%.

Un rinnovato ottimismo percorre le borse europee

 Bene Wall Street, migliorano le borse europee, il mercato immobiliare va riprendendosi dal suo stato comatoso e i titoli di Stato si riprendono una parte del mercato.

Sono gli indici borsistici a dare misura di come il sentiment degli investitori stia cambiando e non solo verso quelle economie che hanno dato dimostrazione di avere delle basi su cui poter costruire la ripresa, ma anche verso quei paesi che, fino a poco tempo fa, erano considerati impossibili da salvare.

Parliamo dei Piigs, acronimo che racchiude in un nome che connotati non certo positivi i nomi di PortogalloItalia IrlandaGrecia e Spagna, nei cui mercati si stanno riversando fondi e risparmi in quei comparti che danno alti rendimenti.

Come definire questo cambio di rotta? Bene, in America è stato definito esuberanza razionale, ossia un ottimismo verso i mercati dato da delle evidenze di fatto -gli indici azionari, appunto- che si contrappone a esuberanza irrazionale, ossia alle tanto temute bolle speculative. Mario Draghi l’ha voluto chiamare contagio positivo.

Qualunque sia il termine che si vuole utilizzare, rimane l’evidenza e, come sottolinea anche il Financial Times, questa nuova ondata di capitali che ha investito le borse italiane, spagnole, portoghesi e greche è particolarmente importante perché per la prima volta dall’inizio della crisi non si tratta di denaro immesso ad opera delle banche centrali, ma di denaro reale che proviene da investitori (perlopiù extraeuropei) che credono possibile un alto ritorno del proprio investimento. Si tratta di un nuovo ottimismo che si spande per l’Europa proprio grazie al progetto dell’Europa Unita.

► Dove si corre il rischio c’è più gusto

Il segnale più forte di questo ottimismo arriva dalla salita dei tassi di interesse dei titoli di Stato, in modo particolare di quelli tedeschi e di quelli americani. Al momento della crisi questi bond sono stati considerati da tutti gli investitori un bene rifugio, nel quale investire anche se i rendimenti erano piuttosto bassi. Il fatto che nell’ultimo periodo si sta assistendo ad un rialzo dei loro tassi di interesse, indica che le persone decidono di investire in titoli di stato che rendono di più, come quelli italiani o spagnoli.

Chiaro segno che la paura del default è finita. Quali sono le cause di questo cambiamento. Gli analisit e gli esperti ne hanno indicate tre:

1. la vittoria di Barack Obama alle elezioni e la risoluzione, anche se solo temporanea, del Fiscal Cliff e del tetto del debito;

2. la Cina che ha ripreso a crescere dopo gli allarmi sul rallentamento di quella che è considerata la nuova tigre dell’economia mondiale;

3. la politica monetaria delle banche centrali

P&G fa progressi anche in borsa

 Tutte le notizie dell’ultimo periodo, quanto ad azioni, mercato ed evoluzioni dell’economia in generale, arrivano dall’America dove le corporate sono chiamate a presentare i conti trimestrali. Abbiamo già considerato la situazione di Amazon tra bilanci deludenti e ottimi rendimenti ed abbiamo dato uno sguardo d’insieme alla borsa americana, spiegando che è Wall Street a spingere Milano in alto.

Adesso, invece, parliamo di Procter&Gamble che si conferma di nuovo come il primo produttore di beni di consumo, siano essi detersivi, profumi o il classico e comunissimo Dash. I dati sono a dir poco entusiasmanti, almeno in riferimento al secondo trimestre fiscale che si è chiuso per l’azienda a dicembre.

Le attese e le stime degli analisti sono state abbondantemente superate, sia per quel che riguarda i profitti, sia in termini di fatturato. Alla fine l’effetto sul titolo in borsa si è sentito e Wall Street ha ricompensato gli investitori. Prima ci sono stati i dati interessanti di Unilever, che hanno spianato la strada a P&G.

I profitti di quest’ultima, netti, sono stati di 4,06 miliardi di dollari, che vuol dire praticamente 1,39 dollari per azione che sono anche il 140% in più di quello che si era visto nello stesso periodo dell’anno scorso. Per l’anno fiscale 2013 le stime sono state incrementate.

Nuovi pericoli dalla Corea del Nord

 Chi investe in opzioni binarie ha sempre come obiettivo quello di conoscere quali sono i paesi più stabili, quali quelli più ballerini e quali i paesi in cui è possibile investire in modo più importante. Nelle ultime ore la tensione è tornata in Corea e in particolare sulla Corea del Nord.

 Dove si corre il rischio c’è più gusto

A dicembre, infatti, l’ONU ha deciso di inasprire le sanzioni contro questo paese, sostenuto anche dal parere della Cina, dopo aver scoperto che la Corea del Nord vuole fare un nuovo test nucleare il cui target sono gli Stati Uniti. In pratica hanno deciso di colpire al cuore dell’Occidente e dalle parole dei capi del regime, sembra addirittura che siano stati costretti:

La volontà popolare è che facciamo qualcosa anche di più grande di un test nucleare, l’Onu ci ha lasciato senza scelta, non possiamo che procedere verso la resa dei conti finale.

Parole molto dure, riportate da un quotidiano del regime. A questo punto il mondo intero si chiede se siamo davvero davanti ad una minaccia. Sicuramente da dicembre qualche evoluzione nell’impianto missilistico del paese ci deve essere stato. Kim Jong-un, leader nordcoreano, infatti, ha salutato con entusiasmo il lancio del missile Unha-3. Secondo gli USA è solo propaganda.

 Italia ai primi posti nella classifica dei Paesi più corrotti

Raccolta risparmio gestito 2012

 Il 2012 sembrava essere stato un buon anno per l’industria del risparmio gestito. Ma, secondo i dati preliminari rilasciati da Assogestioni, la tendenza positiva si è arrestata nell’ultima parte dell’anno e questo mercato si appresta a chiudere con un deflusso di diversi miliardi di euro.

Il rapporto parla di un deflusso pari a 11,3 miliardi di euro. Si tratta, quindi, di un passivo molto pesante, ma comunque rappresenta un buon risultato dal momento che il 2011 si era chiuso con un -41 miliardi.

A influenzare la raccolta del risparmio gestito nel 2012 sono state le uscite dalle gestioni, che sono arrivate a raggiungere quota 14,5 miliardi di euro. Buono, invece, il risultato dei fondi di investimento aperti, che hanno fatto registrare afflussi positivi per 1,67 miliardi. A determinare questo buon risultato, secondo quanto riportato da Assogestioni, sono i prodotti data target, perché

coniugano un’interessante proposta di investimento con una modalità di remunerazione delle reti distributive particolarmente incentivante

Il momento peggiore del 2012 è stata l’ultima parte dell’anno, con una raccolta netta negativa che ha toccato 4,34 miliardi di euro (a novembre l’attivo era pari a 852 milioni di euro). Male le gestioni collettive che chiudono il mese di dicembre con 233 milioni contro il miliardo e mezzo totalizzato a novembre.