In Italia si vede la ripresa economica ma la disoccupazione è alta

 L’economia italiana è sempre al centro dell’impegno del governo per cercare di favorirne la crescita. La recessione sembra superata, ma le preoccupazioni sono ancora molte e le sfide da affrontare non mancano.

Il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha affermato che l’Italia si sta riprendendo e che sono state adottate misure per favorire l’occupazione giovanile e i prestiti alle piccole e medie imprese.

 

Per Saccomanni dal 2014 la ripresa economica

 

Per Saccomanni la ripresa economica seppure debole è in corso con una crescita dell’1% prevista nel 2014, ma per il mercato del lavoro ci vorrà un po’ più di tempo per riprendersi completamente.

Il ministro, al World Economic Forum di Davos in Svizzera, ha detto che l’Italia sta uscendo da una grave recessione che ha creato problemi soprattutto per i giovani che sono disoccupati e che ci vorrà un po’ prima che la ripresa economica abbia un impatto positivo sul mercato del lavoro.

Alla fine dello scorso anno, i la disoccupazione giovanile in Italia ha toccato il suo livello più alto mai registrato al 41,6%.

Per Saccomanni, quindi, vi è una sorta di inversione di tendenza del ciclo economico dalla recessione alla ripresa, ma ci sono alcuni indicatori che sono in ritardo e altri che mostrano dove l’economia è in crescita.

Per i dati sulla crescita la previsione è più di una stabilizzazione della situazione precedente anche se si può dire dire che il peggio è alle spalle. Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha fatto notare i punti di forza e di debolezza dell’economia all’inizio del 2014. Il credito e il mercato del lavoro sono in ritardo rispetto alla ripresa dell’economia, quindi ciò che si osserva è sicuramente un aumento degli ordini dall’estero, con il manifatturiero in Italia che è un punto di forza, le esportazioni che vanno bene, un miglioramento della competitività e i costi che sono stati ridotti.

L’economia italiana è più solida di quanto sembra, e questo il parere di un esperto

 Se l’Italia vuole essere considerata affidabile dai mercati internazionali, deve lavorare per ricostruire la sua immagine partendo da alcune statistiche che evidenziano un’economia più forte di quella spesso descritta. È questo il parere del noto economista Marco Fortis. In un’intervista a margine di una conferenza presso l’Associazione della Stampa Estera di Milano, Marco Fortis, docente di economia industriale presso l’Università Cattolica di Milano e vice presidente della Fondazione Edison ha affermato che l’Italia è ingiustamente percepita come debole in termini di competitività e di debito pubblico.

 

Bankitalia, nel 2014 migliora l’economia ma non la disoccupazione

 

Fortis ha sottolineato che l’industria italiana è altamente competitiva. In base alle statistiche elaborate dalla Fondazione Edison su dati Eurostat e dall’Istat, Fortis ha detto che l’Italia è una delle cinque economie del G20 con un avanzo strutturale nel commercio per i prodotti fabbricati. Nel 2012, l’Italia ha registrato il più alto valore commerciale netto di produzione della sua storia.

Fortis ha osservato che il prodotto interno lordo italiano (Pil) italiano è stato debole negli ultimi 20 anni. Questa tendenza, tuttavia, non è stato originata da una mancanza di competitività ma soprattutto dipende da un processo che si riferisce alle finanze pubbliche, con la tassazione in crescita, una riduzione del reddito disponibile delle famiglie e la conseguente bassa crescita dei consumi privati.

Inoltre, per Fortis in Italia la persistente instabilità politica è causa di gravi vincoli per le imprese, ma il settore manifatturiero del Paese resta il secondo in Europa e il quinto nel mondo in termini di valore aggiunto. L’Italia è il secondo Paese dopo la Cina per il maggior numero di prodotti non alimentari lavorati, con un valore commerciale netto superiore a quello della Germania.

 

Politiche economiche e cambiamenti climatici

 Uno dei principali dilemmi dei leader politici contemporanei di tutto il mondo è come conciliare la prosperità economica con le azioni per contenere i cambiamenti climatici.

La politica internazionale deve considerare la questione climatica e gli impatti economici delle scelte responsabili. Tutti sembrano d’accordo con questo ragionamento elementare, ma come le scelte economiche spesso non sono così responsabili.

Eppure il Presidente della Banca Mondiale Jim Yong Kim considera il cambiamento climatico una minaccia fondamentale per lo sviluppo economico. Il capo dell’Fmi Christine Lagarde ha detto che è di gran lunga la più importante sfida economica di questo secolo e il capo dell’Ocse Angel Gurria ha affermato che siamo di fronte a una scelta fondamentale per il pianeta. Questo conferma come la questione del cambiamento climatico è al centro del dibattito sulla politica economica.

 

La Bce sulla crescita lente e sull’inflazione

 

In Europa l’economia cresce più lentamente rispetto a quella dei principali concorrenti e i leader politici devono adottare un approccio più lungimirante per potenziale la crescita e considerare il clima. La Commissione europea proporrà un nuovo piano per il clima e un quadro energetico per il 2030. Naturalmente, un quadro che non è in contrasto con gli interessi economici.

Per anni, le importazioni di combustibili fossili hanno pesato negativamente sulla bilancia commerciale europea. Nel solo 2012, le importazioni europee di petrolio, carbone e gas sono state pari al Pil di Finlandia, Ungheria, Portogallo e Slovacchia. Una cifra molto grande che fa pensare che sarebbe più saggio economicamente abbattere questo genere di costi e produrre maggiormente energia in Europa.

Inoltre, il tasso di disoccupazione in Europa è alto e c’è bisogno di posti di lavoro e di industrie competitive. Attualmente sono oltre 3,5 milioni le persone che lavorano nel settore verde in Europa. Tra il 1999 e il 2008, il settore verde d’Europa ha creato 180.000 posti di lavoro l’anno. E la maggior parte di questi lavori sono stati mantenuti durante gli anni peggiori della crisi economica.

Un vantaggio competitivo dell’Europa sta nell’innovazione, nella tecnologia e nell’aumento dell’efficienza energetica e delle risorse.

L’Europa è in testa nelle tecnologie a basse emissioni di carbonio, ma gli altri attori internazionali stanno recuperando velocemente. Concentrarsi su questo obiettivo è necessario per mantenere il vantaggio dell’Europa nei mercati in rapida crescita che si riferiscono alla bassa emissione di carbonio.

L’ottimismo degli investitori in crescita

 Gli investitori internazionali sono più ottimisti circa l’economia globale che in qualsiasi momento degli ultimi cinque anni, grazie anche alla ripresa guidata dagli Stati Uniti dei Paesi più industrializzati, come afferma la Bloomberg Poll globale.

Alla vigilia della riunione annuale del World Economic Forum a Davos, in Svizzera, il 59% degli abbonati Bloomberg intervistati la settimana scorsa ha detto che le prospettive economiche stanno migliorando. A novembre il dato era del 33% e ciò segna il risultato migliore da quando il sondaggio è iniziato nel luglio del 2009.

La forza delle economie più ricche è stata citata come la ragione principale per la fiducia da quasi due terzi degli intervistati, che hanno affermato di essere più ottimisti di un anno fa.

 

Fare investimenti sicuri

 

I Paesi più sviluppati stanno giocando di gran lunga la parte più importante nella crescita della fiducia, nella ripresa dei mercati e dell’economia. Senza dubbio, la fiducia è il fattore determinante più importante per la crescita.

Il tono ottimista può essere rafforzato con più di 2.500 dirigenti di finanza, affari e governo che si riuniranno a partire da domani nelle Alpi svizzere. Le riunioni recenti di Davos sono state offuscate dalla crisi economica, dalla recessione del 2009 ai successivi timori di una mancanza di tenuta della zona euro.

L’umore è più probabile che sia migliore e questo riflette i miglioramenti dell’economia globale e dei mercati finanziari.

Il cambiamento di umore vede il mercato azionario favorito con il 53% degli intervistati che ha affermato che le azioni offriranno il miglior ritorno per il prossimo anno.

La ripresa sta incrementando la domanda di petrolio per l’Agenzia internazionale per l’energia

 La domanda globale di petrolio aumenterà più rapidamente di quanto previsto in precedenza per quest’anno, considerato che la crescita economica nei paesi industrializzati è in ripresa, come afferma l’Agenzia internazionale per l’energia (Aie).

L’Aie, che consiglia la maggior parte dei grandi Paesi consumatori di energia sulla politica energetica, ha detto che la maggior parte delle principali economie del mondo sono oggi libere dai vincoli della recessione. La domanda quindi torna a crescere e a questo si lega anche il fatto che le economie emergenti richiedono sempre più petrolio per loro esigenze.

Le previsioni sono che il consumo di greggio aumenterà di 1,3 milioni di barili al giorno per quest’anno per un totale di 92,5 milioni di barili al giorno, rispetto ai 91,2 milioni di barili dello scorso anno e ai 90 milioni del 2012.

 

Come investire in materie prime

 

L’aumento della produzione di greggio degli Stati Uniti ha contribuito a bilanciare gli effetti delle interruzioni delle forniture che si sono avute in alcuni Paesi dell’Opec lo scorso anno. Negli Stati Uniti la produzione di olio di scisto ha raggiunto livelli record, ma quest’anno l’Opec dovrà anche aumentare la sua produzione per soddisfare la crescente domanda.

L’anno scorso, l’instabilità politica ha portato all’abbassamento delle esportazioni libiche, a volte a meno del 10% della capacità, e i barili iraniani sono scomparsi dal mercato a causa delle sanzioni. La Libia ha quindi interrotto le forniture di greggio per motivi che concernono la stabilità politica e le sanzioni internazionali.

L’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti conducono l’aumento mentre la Libia ha visto un aumento modesto.

 

È passata la bufera? Calano protesti e ritardati pagamenti

 Secondo i dati emessi dal Cerved il terzo trimestre del 2013 ha segnato una lieve inversione di tendenza, la prima dall’inizio della crisi, nel campo dei protesti e dei tempi di pagamento.

Le imprese protestate sono scese a 62 mila, con un calo del 6% rispetto allo stesso periodo del 2012, mentre i pagamenti vengono onorati nel tempo medio di 77,7 giorni, con un anticipo di 3,5 giorni.

Tra i mesi di luglio e settembre dello scorso anno in Italia si sono contati 196 mila protesti a carico di circa 62 mila aziende, segnando così una diminuzione rispettivamente del 7,2% e del 6% al confronto con i dati dell’anno precedente. Il miglior andamento è dovuto in buona parte al calo di protesti  registrato nel settore delle imprese individuali a cui carico sono stati levati 41.000 protesti, con una decrescita dell’8,5%.

 

► Ue, il debito pubblico cala al 92,7%

 

La diminuzione del numero dei protesti si accoppia ad un altro indice positivo che deriva dalla diminuzione del valore dei mancati pagamenti: la scorsa estate non è stato saldato il 31,7% del valore delle fatture in scadenza contro il 32,9% dello stesso periodo del 2012.

Anche i tempi di incasso delle fatture si sono ristretti: le imprese hanno infatti pagato mediamente in 77,7 giorni, ossia con una tempestività maggiore di tre giorni e mezzo rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente.

Secondo l’analisi del Cerved questi dati , sia pur marginali e prematuri rispetto all’ipotesi di una fine della crisi, rappresentano un segnale incoraggiante destinato a consolidarsi anche nei dati dell’ultimo trimestre 2013, in corso di elaborazione.

 

Bankitalia, nel 2014 migliora l’economia ma non la disoccupazione

 L’economia italiana è al turning point e le prospettive di una ripresa diventano realistiche e concrete: resta grave però lo stato di salute del mercato del lavoro.

È questa la stima del Bollettino Economico emesso dalla Banca d’Italia per il futuro prossimo della nostra economia: in base a questi dati il PIL nazionale dopo essere calato di un altro 1,8% nel 2013, aumenterà   dello   0,7% nel corso di quest’anno e dell’1% nel 2015.

Per Bankitalia ripresa debole e non priva di problemi 

In realtà una prima percentuale positiva è già stata raggiunta negli ultimi tre mesi del 2013, dopo l’interruzione della flessione registrata nel terzo trimestre.

Per Bankitalia la disoccupazione crescerà nei prossimi due anni

Le valutazioni espresse nel Bollettino di Bankitalia divergono comunque rispetto a quelle fissate nel DEF del governo, che punta  su un più consistente incremento del Pil sia per il 2014 (1%) che per il 2015 (1,7%). Nei prossimi due anni tuttavia la ripresa sarà sostanzialmente lenta e a rischio in tutta la zona euro.

Sul fronte del lavoro, “nonostante i primi segnali di stabilizzazione dell’occupazione e di aumento delle ore lavorate”, la situazione resta invece difficile: sempre secondo il rapporto della Banca Centrale infatti la disoccupazione toccherà il picco del 12,8% nel 2014 e del 12,9% nel 2015, per poi iniziare a deflettere.

Nello scenario complessivo del prossimo biennio, il prodotto dovrebbe segnare un lento recupero, grazie anche ad un miglioramento della domanda interna e ad un politica monetaria agevolante, con tassi livellati al minimo storico dello 0,25%.

Il mese di novembre 2013, a confronto con il mese di novembre 2012, ha registrato nel contempo (dati Istat) una sensibile riduzione del volume totale di export   italiano (-3,4%), con un saldo commerciale  comunque superiore di 3,1 miliardi.

Per Bankitalia la disoccupazione crescerà nei prossimi due anni

 Bankitalia ha presentato il suo bollettino in cui si parla della situazione economica in Italia. Le previsioni economiche sono di una ripresa debole grazie soprattutto alle esportazioni. Per le piccole imprese e per la domanda interna invece la situazione è negativa. I problemi sono soprattutto per le imprese del sud. In questo senso, la crescita debole non è per così dire lineare e ci sono incertezze che bisogna considerare.

 

► Disoccupazione in crescita e quella giovanile è da record

 

La Banca d’Italia parla anche di uno dei principali problemi dell’Italia in questo periodo, la disoccupazione. Il tasso di disoccupazione è alto ed è in crescita, con il livello raggiunto dalla disoccupazione giovanile che desta una certa preoccupazione.

La ripresa del Pil è prevista per quest’anno e per il prossimo anno. Una ripresa debole che non avrà influenze significative sul tasso di disoccupazione. Bankitalia prevede quindi la disoccupazione in crescita al 12,8% per quest’anno e al 12,9% per il 2015. La Banca d’Italia afferma che il miglioramento dell’attività economica “si trasmetterebbe gradualmente e con ritardo al mercato del lavoro”.

Per ciò che concerne l’inflazione, le previsioni sono al ribasso rispetto a luglio. Si prevede un calo per quest’anno all1,1% mentre nel 2015 dovrebbe risalire all1,5%. Questa crescita dovrebbe dipendere dalla “flessione della componente energetica e dalla contenuta dinamica dei prezzi interni che sconta l’ampia capacità produttiva inutilizzata delle imprese”.

Il possibile rischio deflazione viene visto modesto e c’è il rischio che l’inflazioni cali più di quanto atteso.

Sulla questione del credito, per Bankitalia è un peso che influenza in maniera negativa la crescita. Gli acquisti di titoli italiani all’estero sono invece ripresi a settembre e a ottobre.

 

Per bankitalia ripresa debole e non priva di problemi

 Bankitalia conferma che la ripresa c’è ma è debole. Dopo le comunicazioni della Banca centrale europea (Bce) sulla situazione in Europa nel suo bollettino mensile, anche Bankitalia conferma un andamento simile per l’economia italiana.

La Banca d’Italia prevede per una crescita del Pil che quest’anno in Italia dovrebbe essere dello 0,7% e nel prossimo anno dell’1%. Il bollettino economico di Bankitalia considera gli scambi internazionali e la leggere ripresa degli investimenti come gli elementi fondamentali del miglioramento dell’economia.

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La Banca d’Italia evidenzia che nell’ultimo trimestre del 2013 l’attività è tornata a crescere anche se l’anno è stato negativo con il Pil in calo dell’1,8%. Le previsioni per l’ultimo trimestre del 2013 sono di un aumento della produzione industriale dell’1%. Un dato incoraggiante visto che la produzione industriale era calata nei due anni precedenti. Per i prossimi mesi bankitalia prevede ancora miglioramenti.

Produzione industriale in crescita dopo più di due anni

La condizione economica dell’Italia non è contraddistinta da crescita debole senza rischi o problemi. La Banca d’Italia dice che c’è ancora una “elevata incertezza, con rischi orientati prevalentemente al ribasso per la crescita”.

I dati specificano come la ripresa seppure debole non interessa le piccole aziende e quelle che sono site maggiormente al sud. Anche quelle orientate al mercato interno hanno più problemi. La ripresa, quindi, arriva soprattutto dalle esportazioni con domanda interna debole e aziende grandi che esportano che sono in un migliore stato di tipo economico. Nel bollettino della Banca d’Italia si legge “Alla perdurante debolezza della domanda interna, che risente della fragilità del mercato del lavoro e dell’andamento fiacco del reddito disponibile, si contrappone un quadro dell’attività industriale più positivo”.