Gli ottanta euro in più preventivati dal governo Renzi che gli italiani troveranno in busta paga a partire dal primo maggio e le misure relative allo sviluppo e alla crescita dell’economia italiana hanno pienamente soddisfatto il premier Matteo Renzi soprattutto dal momento che il suo piano presentato a Berlino ha ottenuto il plauso sia della cancelliera Angela Merkel che dell’intera Unione europea.
Risparmi
Come viene calcolata l’inflazione
Cambiano i parametri e la composizione dei prodotti che l’Istat utilizza per controllare l’andamento dell’inflazione. Infatti nel nuovo paniere dell’Istat in base al quale viene calcolata la perdita del potere di acquisto entrano le sigarette elettroniche, le cialde del caffe’, i sacchetti ecologici per la raccolta dell’umido dei rifiuti e l’abbonamento online al quotidiano.
Gli italiani sono di nuovo risparmiatori
Negli ultimi 12 mesi, gli italiani hanno ripreso il gusto di risparmiare che si era affievolito a partire dal 2009. Negli anni della crisi, una delle virtù degli italiani, che in un certo senso teneva in piedi l’economia, era la capacità di risparmiare che sembrava essere andata persa.
Secondo uno studio di Acri-Ipsos nel 2013 la percentuale di nostri connazionali che è riuscita ad accantonare un’aliquota del proprio reddito è salita al 29% dal 28% del 2012.
Simmetricamente, le famiglie con un saldo finanziario negativo sono diminuite dal 31% al 30%, mentre la maggioranza dei nuclei familiari (40%) ha continuato a consumare per intero il proprio reddito, per necessità o per scelta.
► Calo dei consumi e meno risparmi per le famiglie italiane
La crisi incide sensibilmente anche sulle abitudini e sulle forme del risparmio: se nel 2006 il 70% delle famiglie riteneva che l’investimento più solido e sicuro fosse il “mattone”, oggi solo il 29% del campione è rimasto dello stesso parere (contro il 35% del 2012).
Tra le cause di questo “divorzio”, il campione indica la stretta sulla concessione di mutui, la tassazione crescente e mutevole, i costi di gestione immobiliare.
Il periodo di difficoltà economico- finanziarie induce un numero crescente di famiglie (ben il 34%, massimo storico per l’Italia) a puntare su forme di accantonamento ritenute più sicure e garantite come il risparmio postale, i bond ed i titoli di stato (anche se questi ultimi segnano un lieve calo dal 9% al 7%).
La scelta azionaria, anch’essa in lieve discesa interessa oggi il 7% della famiglie contro l’8% del 2012, mentre la prassi di tenere i risparmi in liquidità prevale, come sempre, su tutte le altre forme di accantonamento e riguarda il 66% delle famiglie.
Calo dei consumi e meno risparmio per le famiglie italiane
La crisi economica che ancora permane in Italia sta portando i cittadini a un cambio di abitudini. La prima cosa che sembra cambiare sono i consumi, in calo un po’ tutti con gli italiani che stanno imparando a riciclare in molti ambiti.
Le famiglie hanno tagliato i consumi anche per quanto riguarda alimentari e benzina per ridurre le spese. Quello che stanno facendo le famiglie è un po’ come quello che accade nel governo, con la regola che è l’austerity e il risparmio sulle spese superflue.
Nel 2012, i dati mostrano una ricchezza che è calata di 51 miliardi di euro. Lo ha mostrato la banca d’Italia nel rapporto presentato a dicembre. La ricchezza netta delle famiglie nel 2012 è di circa 8.542 miliardi di euro, lo 0,6% in meno nel confronto con l’anno precedente che corrisponde appunto a circa 51 miliardi di euro. Il dato in termini reali mostra un calo che è maggiore del 2,9% e che considera l’aumento dei prezzi.
La ricchezza delle famiglie italiana è scesa del 9% nel periodo che va dal 2007 al 2012. Nel primo trimestre del 2013 si prevedono ulteriori cali.
Nel 2012 è calato anche il risparmio delle famiglie italiane in termini nominali. Questi è di 36 miliardi di euro, mentre circa 10 anni fa era di 100 miliardi di euro. Il rapporto ricchezza netta/reddito disponibile è a 7,87 contro l’8,14 dell’anno precedente. Il rapporto è sempre buono se confrontato con quello di altri Paesi come la Germania, con il rapporto a 6,27, e gli Stati Uniti, con il rapporto a 5,25. Il rapporto tra le attività finanziarie e il reddito disponibili in Italia è invece meno sviluppato che negli altri Paesi. In Italia è a 3,22, negli Stati Uniti a 4,38 e in Giappone a 5,27.