Possibili sanzioni per le banche russe

 Le possibili sanzioni occidentali alla Russia preoccupa gli oligarchi del Paese. I banchieri e gli industriali russi stanno cercando di tutelare i propri interessi, e lo hanno fatto in passato mantenendo buoni rapporti con il Cremlino del presidente Vladimir Putin. Questi cosiddetti oligarchi sono ora sempre più nervosi perché sanno che la situazione in Crimea può costargli cara.

Finora, l’unica azione degli Stati Uniti è stata un ordine esecutivo firmato dal Presidente Barack Obama che impone un divieto di visto nei confronti di determinate personalità russe e ucraine. La minaccia è di congelare le attività che queste persone o le loro aziende possiedono negli Stati Uniti. L’Unione europea si sta muovendo su una pista simile e oggi si sta decidendo sulle sanzioni.

 

I giochi economici e politici tra Ucraina e Russia

 

Il sostegno degli Stati Uniti sta portando l’Unione europea a stabilire sanzioni più ampie in grado di intaccare il sistema finanziario russo e il settore dell’energia che spinge le sue entrate. I grandi pilastri dell’economia di Stato che dominano la Russia potrebbero essere a rischio.

Le misure dovrebbero riguardare sanzioni di tipo commerciale come quelle rivolte a Iran o Corea del Nord. Azioni che, se messe in atto contro la Russia, potrebbero intaccare Germania, Italia e altre nazioni che hanno scambi commerciali con Mosca.

Il commercio di petrolio ed energia degli Stati Uniti con la Russia è limitato, ma non è così per i Paesi europei.

Le sanzioni potrebbero essere contro le banche russe. Queste hanno un carattere oligarchico. Le sei più grandi banche del Paese vedono una quota di maggioranza in mano allo Stato russo attraverso la Banca centrale. Il Cremlino ha quindi un’influenza notevole su ognuna di esse.

Saipem stipula un contratto da due miliardi in Russia

 Gazprom, la compagnia governativa russa per il gas naturale, ha assegnato alla Saipem (Gruppo Eni) l’appalto per la realizzazione della prima delle quattro linee del gasdotto South Stream Transport che porterà il metano dalla Siberia all’Austria: qui, dopo esser passata sotto il Mar Nero evitando di fatto l’attraversamento dell’Ucraina, la condotta si raccorderà alla rete dell’Europa occidentale.

La commessa per la società italiana ha un valore di due miliardi di euro,sui 10 miliardi che verrà a costare complessivamente l’infrastruttura.

 

► Saipem assume in Italia

 

South Stream Transport è una joint venture capeggiata da Gazprom (primo azionista al 50%), seguita dalla Saipem (che detiene il 20% delle quote), dalla francese EDF e dalla tedesca Wintershall, entrambe con il 15%.

Secondo il progetto, il gasdotto sottomarino sarà strutturato su quattro condotte parallele della lunghezza di 931 chilometri ciascuna e sarà posato fino a 2.200 metri di profondità. La società italiana, oltre a realizzare l’ingegneria di installazione, costruirà la prima delle quattro linee, nonché i tratti sottomarini, le shore crossing e le facility relative a tutte e quattro le condotte.

La linea affidata a Saipem,con una capacità di 15,75 miliardi di metri cubi l’anno, sarà costruita nel Mar Nero nel terzo trimestre del 2015  e diverrà operativa entro la fine dello stesso anno.

Recentemente la Saipem ha acquisito altri due contratti per impianti di estrazione off shore in Congo e in Indonesia,per un valore complessivo di 520 milioni di dollari.

Il bilancio della società per il 2013 si è chiuso per la prima volta in rosso. Il risultato netto ha segnato un negativo di 159 milioni di euro,con una discesa del fatturato a 12 miliardi contro i 13 dell’anno precedente.

I rischi economici della crisi in Crimea per i Paesi dell’est e centro Europa

 L’Europa centrale e orientale sono minacciate a livello economico dalla crisi in Ucraina. Le possibili sanzioni contro la Russia potrebbero pesare sulla Regione più che per altre parti dell’Europa. In effetti, per la Polonia e altri Paesi dell’Europa centrale e orientale, la crisi Ucraina non pone solo un problema di sicurezza, ma una seria minaccia economica.

La preoccupazione non è solo dell’Ucraina, che è solo un partner commerciale minore per la Russia. La Russia resta un mercato chiave e la principale fonte di gas naturale per la regione.

 

Le ricadute economiche del “Si” della Crimea alla Russia

 

Se l’occidente deciderà per le sanzioni contro la Russia per la sua incursione in Crimea, e Mosca si vendica, i Paesi dell’Europa centrale e orientale si troveranno in prima linea in termini di ricadute economiche. Il ministro degli esteri polacco Radoslaw Sikorski ha affermato che il suo Paese è più esposto economicamente rispetto ad altri e che si stanno calcolando le conseguenze, che saranno dolorose, delle eventuali sanzioni.

Il commercio polacco con la Russia rappresenta circa due punti percentuali di produzione o 10,8 miliardi di dollari. La Russia fornisce circa i due terzi di gas naturale della Polonia, il doppio della media dell’Unione europea nel suo insieme. Nonostante l’esposizione abbia una importanza economica, Varsavia ha spinto l’occidente a prendere una linea dura con Mosca, sostenendo che il principio democratico è il più importante per conservare i legami d’affari. Altri paesi della regione, tra cui l’Ungheria che ha recentemente firmato un contratto con una società russa di proprietà statale per costruire due reattori nucleari da 16,7 miliardi dollari, è più riluttante per le sanzioni contro il Cremlino.

La regione ha dovuto fare i conti con la recessione come la zona euro. Con la crisi dell’euro che si è placata, anche le prospettive di crescita di questi Paesi sono migliorate. Il rimbalzo è particolarmente alto in Polonia, dove gli economisti hanno previsto una crescita per quest’anno del 3,6%, ben al di sopra della media dell’Unione europea dell’1,2%.

Gli economisti che seguono la regione dicono che il clima politico è troppo torbido per fare previsioni affidabili. Eppure, se le tensioni con la Russia non peggiorano, come molti analisti prevedono, questi Paesi non dovrebbero avere ricadute economiche. Questo discorso vale soprattutto per la Polonia. Altre economie importanti della regione, tra cui l’Ungheria e la Repubblica ceca, non hanno lo stesso livello di resistenza. Il loro recupero non è stato forte come quello della Polonia e sono quindi più esposti ad uno shock improvviso, come affermano gli economisti.

Le ricadute economiche del “Si” della Crimea alla Russia

 La regione ucraina di Crimea ha votato ieri al referendum per l’annessione alla Russia e il risultato è stato un netto si. Il 95% degli abitanti della Crimea ha affermato di volere aderire alla Russia e la situazione si scalda con l’Ucraina che mobilita le sue truppe. Un risultato che potrebbe portare l’Europa ha tensioni con la Russia e a sanzioni che avranno un impatto sull’economia.

L’occidente ha definito il voto di ieri illegale, dicendo che l’attività militare russa in Crimea viola la sovranità dell’Ucraina e influenzerà l’esito del referendum. Prima del risultato dagli Stati Uniti e dall’Europa si è detto che l’esito non sarebbe stato riconosciuto.

 

Il voto in Crimea mette a rischio l’economia russa intaccata dalla crisi

 

I leader americani ed europei hanno detto che la Russia pagherà un prezzo per l’annessione della Crimea, e il cancelliere tedesco Angela Merkel ha avvertito di una potenziale catastrofe.

L’annessione della Crimea alla Russia potrebbe avere ricadute importanti sulla crescita economica, il commercio, gli investimenti e l’approvvigionamento energetico. Da oggi le potenze occidentali possono decidere alcune sanzioni da imporre alla Russia e ai leader russi. Restrizioni ai viaggi, divieti e congelamento dei beni di alcuni individui vicini al presidente russo Vladimir Putin possono essere le prime possibilità. La Russia potrebbe reagire in termini di fornitura di gas.

L’attenzione sugli individui, piuttosto che sulle aziende russe o sul commercio, riflette la preoccupazione che le tensioni possano danneggiare la fragile ripresa economica dell’Europa.

Le sanzioni avrebbero conseguenze negative a livello economico sia per l’Europa sia per la Russia. Gli analisti rilevano però che è la Russia a rischiare maggiormente. In effetti, le esportazioni dell’Unione europea verso la Russia rappresentano l’1% del prodotto interno lordo. Le esportazioni russe verso l’Unione europea valgono invece quasi il 15% del Pil del Paese.

L’ex ministro delle Finanze russo Alexei Kudrin, ora consigliere economico di Putin, ha detto che anche le sanzioni limitate colpirebbero gli investimenti esteri e nazionali della Russia. Le banche occidentali stanno già chiudendo le linee di credito. Kudrin ha affermato che l’economia non può crescere quest’anno a causa della tensione attuale.

I mercati russi sono in caduta. Il principale indice del mercato azionario è sceso di circa il 20% quest’anno, e il rublo è precipitato ai minimi storici contro il dollaro. Gli investitori hanno ritirato 33 miliardi di dollari fuori del Paese a gennaio e febbraio, e la cifra potrebbe arrivare a 55 miliardi dollari entro la fine di marzo, secondo la banca di investimenti russa Renaissance Capital.

La Russia dovrà affrontare anche dei costi pesanti per sostenere la Crimea. La regione attualmente dipende dall’Ucraina per circa il 70% del suo bilancio, il 90% delle sue acque, e la maggior parte dei suoi approvvigionamenti energetici e alimentari. Sarà un grande problema per la Russia fornire tutti questi prodotti giornalieri necessari per la popolazione. La stima è che sono necessari circa 10 miliardi di dollari l’anno per i prossimi cinque anni per costruire le infrastrutture, sostenere le pensioni e pagare le prestazioni sociali della regione a 2 milioni di persone.

Il voto in Crimea mette a rischio l’economia russa intaccata dalla crisi

 La banca centrale della Russia ha lasciato gli oneri finanziari invariati dopo avere aumentato d’urgenza il tasso d’interesse la scorsa settimana e non è riuscita ad arginare il declino del rublo che arrivano dalle le tensioni nella vicina regione di Crimea in Ucraina.

I responsabili della politica monetaria guidati dal Presidente Elvira Nabiullina hanno inaspettatamente aumentato il tasso principale la scorsa settimana di 1,5 punti percentuali, il più alto dal 1998, per arrestare il calo del rublo. Con i leader in Crimea che hanno intenzione di indire un referendum il 16 marzo per unirsi alla Russia, la crisi in Ucraina minaccia di esacerbare la valuta russa.

 

L’Ucraina chiede aiuto all’occidente e propone riforme economiche

 

Un taglio dei tassi prima del referendum potrebbe essere molto destabilizzante per il mercato. Tutte le mosse della banca centrale della scorsa settimana sono stati finalizzati alla gestione del tasso di cambio e non del tasso di interesse.

Il rublo si è indebolito del 10% rispetto al dollaro quest’anno, più di qualsiasi altra valuta al mondo tranne il peso argentino, il tenge kazako e la grivna ucraina.

La banca centrale ha speso più di 11 miliardi dollari per arginare la caduta del rublo dal 3 marzo dopo che il presidente Vladimir Putin ha ottenuto l’approvazione da parte del parlamento di inviare truppe in Ucraina. La situazione di stallo in Crimea, che è la peggiore dai tempi della guerra fredda tra Russia e occidente, ha portato alla minaccia di sanzioni per la Russia se Putin deciderà di annettere la penisola.

I ministri degli Esteri dell’Unione europea si incontreranno il 17 marzo, un giorno dopo il voto in Crimea, per prendere in considerazione la possibilità del congelamento dei beni e divieto di viaggio di personaggi politici e commerciali russi nell’Unione europea.

La crisi sta mettendo a dura prova l’economia della Russia, che ha rallentato, con la spesa dei consumatori che si è indebolita e con gli investimenti che si sono afflosciati.

Le posizioni di Stati Uniti e Ue sulla Russia: il tema è la dipendenza dal gas

 La Russia rischia di essere isolata dall’occidente che minaccia nuove sanzioni. L’Unione europea fa però affidamento sulla Russia per le forniture energetiche e ha forti legami commerciali. Diversa la situazione per gli Stati Uniti, per i quali il commercio con la Russia non è così importante in quanto stanno diventando autosufficienti in termini energetici.

Gli Stati Uniti e l’Europa hanno reagito contro l’intervento militare della Russia in Crimea della settimana scorsa con minacce di sanzioni economiche, ma le loro posizioni sono quindi  leggermente diverse.

 

Le ricadute economiche della crisi in Ucraina

 

La Russia è l’ottava economia più grande del mondo con un Pil di più di 2 trilioni di dollari. La sua economia, che è fortemente dipendente dalle materie prime, in particolare petrolio e gas, è destinata a crescere solo leggermente nel 2014.

La Russia esplose alla fine del 1990 e primi anni 2000, per effetto dell’aumento dei prezzi dell’energia. Le sue forniture energetiche rimangono di vitale importanza per l’Unione europea, al quale fornisce un terzo del suo gas naturale. In Germania, la più grande economia della zona euro, le importazioni di gas arrivano per circa il 40% dalla Russia.

Il rapporto tra Russia ed Europa si è incrinato nel corso della crisi Ucraina e ora il Paese rischia di essere economicamente isolato dagli Stati Uniti e dall’Unione europea. Sono stati introdotti divieti di visto e minacciato sanzioni più severe. Questo può avere delle conseguenze economiche per l’Europa.

Con gli Stati Uniti sulla strada dell’autosufficienza, L’Ue ha fatto un passo più cauto rispetto sulle sanzioni. Il Presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy ha affermato che i negoziati sono necessari e da avviare nei prossimi giorni. In Europa si pensa a possibili sanzioni, ma senza causare problemi di tipo finanziario.

I timori economici della Russia sulla questione Crimea

 Finora le azioni della Russia in Ucraina sono state valutate soprattutto in termini di relazioni internazionali. Da questo punto di vista, le azioni della Russia non sembrano molto razionali e i commentatori stranieri li hanno spiegati in termini di rabbia e sentimenti di umiliazione, dopo il rovesciamento del presidente ucraino Viktor Yanukovich.

L’aspetto economico è però molto importante. Le aspettative del governo russo di ripresa economica entro la fine dello scorso anno non sono state raggiunte. Secondo diversi esperti, l’economia russa è già in recessione con un calo degli investimenti, un rapido calo della domanda dei consumatori e una diminuzione in termini reali dei redditi.
L’economia ha già ridotto la sua crescita per due trimestri consecutivi. Il rublo si sta indebolendo causando aspettative di crescita dell’inflazione.

 

I giochi economici e politici tra Ucraina e Russia

 

Il ministero russo per lo sviluppo economico ha rivisto al ribasso le sue previsioni a breve termine e secondo le più recenti previsioni dall’Istituto Gaidar l’economia russa non crescerà più velocemente del 2% l’anno fino al 2016. Ora, con tutti gli eventi in via di sviluppo in Crimea, c’è il rischio che l’economia russia possa peggiorare e che anche questo scenario sia troppo ottimistico.

Il 3 marzo, soprannominata Black Monday per la Russia, l’indice del mercato azionario della Russia è crollato del 12% e il rublo è sceso dell’1,9% contro il dollaro, nonostante l’intervento massiccio da parte della Banca centrale della Russa. Il mercato azionario ha recuperato da allora le sue perdite, ma la decisione del parlamento della Crimea per unirsi alla Russia ha solo aggiunto più instabilità economica.

Il regime doveva fare qualcosa: migliorare l’economia anche indebolendo il proprio controllo o concentrarsi sull’immagine di un nemico esterno e consolidare la nazione attorno al leader. La Russia sembra aver fatto la sua scelta passando a un diverso modello di relazioni tra Stato e società, piuttosto che liberalizzare l’economia e migliorare il clima degli investimenti.

Di fronte alla prospettiva della recessione, Putin ora sembra tornare ai tempi del 1999-2000, quando una guerra vittoriosa in Cecenia ha portato a un forte aumento del suo indice di gradimento.

I rischi per l’Italia e l’Europa della guerra in Ucraina

 La Borsa di Mosca ha tirato oggi un sospiro di sollievo dopo la paura per la caduta della maggior parte dei titoli avvenuta ieri, dopo che Putin ha ritirato le sue truppe dal confine con l’Ucraina. Sembra che il pericolo di una guerra sia ormai scongiurato, e si spera che la situazione possa migliorare nel più breve tempo possibile.

Ma se così non fosse, quali sarebbero le conseguenze per l’Italia e per l’Europa?

Il rischio per le imprese legato al conflitto in Ucraina

 Il possibile intervento militare della Russia in Crimea minaccia di far deragliare l’esplorazione energetica in una regione che detiene un quarto delle riserve di gas naturale del mondo, pesare sulle valute e costringere le imprese a rivedere i loro piani nella zona.

La Russia si trova di fronte alla prospettiva di sanzioni che possono frenare le vendite di gas che rappresentano il 20% del suo fatturato export.

 

Le ricadute economiche della crisi in Ucraina

 

Una grande azienda occidentale che guarda al mercato russo per gli investimenti potrebbe rivedere i suoi piani in questo momento. In efetti, i richi di sanzioni che influenzino le attività economiche in Russia sono possibili. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha sospeso i preparativi per un vertice a giugno dei Paesi del G8 a Sochi, dove le Olimpiadi si sono concluse una settimana fa. Le sanzioni gravi sono comunque improbabili perché l’Europa avrebbe molto da perdere se tale flusso commerciale fosse stato interrotto.

L’incertezza potrebbe influire sulle imprese russe e quelle estere toccando un mercato che riguarda 140 milioni di consumatori e che è ricco di risorse naturali.

Le grandi multinazionali sono presenti in Russia e hanno un mercato importante nel Paese. Aziende americane, europee e anche italiane negli ultimi anni hanno visto alla Russia come a un mercato interessante, per la crescita e cnomica e per la presenza di nuovi ricchi che sembrano interessati ai prodotti del lusso.

Un effetto della situazione in Ucraina, che era previsto, si è visto ieri su praticamente tutte le Borse del mondo. Dati di ribasso da Mosca a Wall Street, da Londra a Piazza Affari. L’economia risente del conflitto per l’importanza strategica della zona.

I vantaggi economici per l’Ucraina nell’Ue

 La lotta per il futuro dell’Ucraina continua con le tensioni in Crimea e il mondo che guarda con preoccupazione. Anche se il deposto presidente Viktor Yanukovych guarda alla Russia per l’assistenza, il presidente ad interim Olexander Turchynov spinge per legami più stretti con l’Unione europea. La battaglia non riguarda solamente le questioni economiche, ovviamente, ma l’evento che ha scatenato le proteste che hanno rovesciato Yanukovich è stato il suo rifiuto di un trattato commerciale dell’Ue e la sua decisione di stringere legami più stretti con la Russia.
Il dubbio ucraino sembra essere se è meglio per la sua economia una maggiore integrazione con l’Occidente o rimanere in orbita della Russia.

 

Le ricadute economiche della crisi in Ucraina

 

Nel 1989, il reddito medio pro capite in Ucraina era di 8.629 dollari. Nel 1998, è crollato a 3.430 dollari. Nel 2012, ha recuperato un po’, ma a 6.394 dollari era ancora il 25% al di sotto del suo livello di quasi un quarto di secolo prima. Il confronto tra l’Ucraina e quattro Paesi vicini ex comunisti come Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania mostra dati interessanti. Il reddito medio per persona in quelle nazioni è di circa 17.000 dollari. Se l’Ucraina costruisce rapporti commerciali e finanziari con la Russia e l’Asia centrale, sarà un Paese inserito in una zona di Paesi a medio reddito. Se costruisce legami con l’Ue sarà un Paese relativamente povero in un contesto di Paesi ricchi.

Essere poveri rispetto a tutti gli altri non è una ricetta ideale per una rapida crescita, nonostante gli evidenti vantaggi relativi a prendere in prestito tecnologie, tecniche, idee e denaro da Paesi più ricchi. Negli ultimi 200 anni i Paesi poveri sono cresciuti più lentamente rispetto ai Paesi ricchi. Nel 1870 il Paese più ricco del mondo era circa nove volte più ricco del Paese più povero del mondo. Nel 1990, questo divario è cresciuto fino a una differenza di 145 volte. Gli ultimi 10 anni hanno visto i Paesi poveri crescere più velocemente di quelli ricchi ma è un’eccezione storica.

C’è ancora un’opportunità per l’Ucraina in Europa. Quando si parla di convergenza all’interno delle comunità economiche, l’evidenza suggerisce che, per are una similitudine, è meglio essere l’ultima casa di una zona buona piuttosto che la prima casa del quartiere di ronte meno prestigioso. Questo significa che per fare apprezzare un investimento è meglio essere la casa più economica in una comunità costosa che un buon condominio in un quartiere degradato.

Forgiare legami più stretti con l’Europa non risolverà i problemi economici dell’Ucraina in poco tempo. Ma nel lungo periodo, è probabile che il popolo ucraino potrà beneficiare di una migliore situazione economica.