Presto arriverà il decreto per rendere più semplice il credito alle PMI

 È il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni a parlare del possibile arrivo di un decreto, entro breve tempo, che renda più agevole l’accesso al credito per le PMI, le piccole e medie imprese italiane.

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Il Ministro ha dichiarato, intervenendo questa mattina all’assemblea di Assonime, che il Governo sarebbe già al lavoro per stilare un testo nel quale si preveda una maggiore efficienza del Fondo Centrale di Garanzia che porterebbe una maggiore possibilità di avere a disposizione liquidi alle aziende in modo da sfruttare gli spazi di crescita imprenditoriale presenti nel paese.

Questo decreto sarebbe un ulteriore passo avanti per il progetto di rilancio dell’economia che sta portando a termine il Governo, le cui risorse arriveranno dalla riduzione della spesa pubblica, soprattutto nel settore della sanità, e dall’eliminazione dei sussidi a carico del bilancio.

Inoltre, il ministro dell’economia si è anche posto come garante di fronte delle amministrazioni pubbliche italiane di fronte alle imprese, dichiarando che si impegnerà personalmente nel monitoraggio delle amministrazioni, per far sì che le imprese possano vedersi restituito quanto dovuto.

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Ultimo obiettivo del ministro Saccomanni è di fare in modo che non si ripresenti più un debito così alto delle amministrazioni pubbliche, facendo in modo che anche in Italia, come detta l’Unione Europea, le amministrazioni saldino i conti con le imprese in 30-60 giorni.

Squinzi critica la politica europea del rigore

 Il Presidente dell’ Unione degli industriali Giorgio Squinzi, nel corso del suo intervento presso l’ assemblea annuale di Assolombardia,  è tornato ad esprimere le sue considerazioni sulle politiche di rigore applicate dall’ Europa e dai vari Governi che si sono succeduti nei confronti dell’ Italia. 

Confartigianato contro la pressione fiscale e la riforma Fornero

 Nel corso della tradizionale assemblea annuale, il presidente di Confartigianato,  Giorgio Meletti, ha lanciato l’ allarme contro i due grandi mali che travagliano la vita delle imprese artigiane italiane, rendendo quasi impossibile la loro esistenza: l’ altissima pressione fiscale e l’ ultima riforma del mercato de lavoro, ovvero la riforma Fornero

5 miliardi di rimborsi Iva alle imprese

 Il direttore dell’ Agenzia delle Entrate Attilio Befera, nel corso di una audizione alla Commissione finanze della Camera, ha fatto il punto sul piano di lavoro dell’ agenzia che ha toccato direttamente le imprese italiane nel corso dei primi mesi del 2013. Formulando anche qualche ipotesi per il futuro.

La contrazione del credito alle imprese nel 2012

 Una recente analisi condotta da Standard & Poor’ s ha rilevato come nel corso del 2012 le imprese italiane abbiano dovuto affrontare una considerevole contrazione della quantità del credito finanziario loro concesso. Solo l’ anno scorso, infatti, secondo i dati riportati nel rapporto, le aziende italiane hanno avuto, in totale, 44 miliardi di euro in meno dalle banche. 

In Italia chiudono anche le aziende straniere

 La crisi colpisce (inevitabilmente) anche le imprese edili create dai lavoratori romeni presenti in Italia. Stesso dicasi per i negozi che vendono frutta e verdura in mano ai cingalesi, o per i negozi gestiti dai cinesi o dai marocchini.

Non c’è scampo per nessuno. Un tempo l’Italia era considerata la ‘terra promessa‘ in cui creare il proprio business. Oggi, con sommo dispiacere, non c’è più gloria neanche per gli immigrati.

Le piccole imprese soffrono come non mai per via della recessione. La caduta dei consumi, dunque, si abbatte anche sulle piccole aziende guidate da extracomunitari.

In dodici mesi, dal 2011 al 2012, la presenza di queste attività imprenditoriali in Italia è diminuita del 6,7 per cento.

Le numerose piccole aziende straniere presenti sul territorio si basavano sul basso costo del lavoro per contrastare la crisi. Ma la crisi ha avuto il sopravvento.

Un calo progressivo

Così, mentre sino al 2011 la presenza di ditte straniere regolarmente iscritte all’albo faceva registrare una continua crescita, dall’anno scorso la tendenza si è invertita. Nel 2007 erano 167.000, nel 2011 erano 249.000, ma nel 2012 sono scese a 232.000.

Sono dunque 16.796 le imprese con titolare straniero che hanno chiuso in un anno.

Le modifiche ai contratti a termine richieste dalle imprese

 Gli imprenditori italiani hanno chiesto, già a partire dalla scorsa settimana, in occasione dell’ incontro tra il Ministro del Lavoro Enrico Giovannini e le parti  sociali, di apportare delle modifiche alle norme che oggi disciplinano la contrattualistica del lavoro, in modo da garantire una maggiore flessibilità in entrata.

Modifiche alla riforma Fornero per risolvere il problema esodati

Le richieste delle imprese si sono concentrate, in particolare, sui contratti a tempo determinato, rivisitati nel corso della precedente legislatura, cui la Riforma Fornero aveva però applicato una serie di limitazioni e vincoli mal digeriti dal mondo dell’ imprenditoria.

Le modifiche alla riforma Fornero

Gli imprenditori hanno infatti chiesto al Governo di rivedere nello specifico le norme che regolano i rinnovi contrattuali e la posizione contribuiva dei datori di lavoro.

Sul primo fronte, dunque, quello dei rinnovi contrattuali, le imprese hanno chiesto di riportare ad un range compreso tra i 10 e i 20 giorni – così come era prima della Riforma l’ arco di tempo che deve passare tra la scadenza di un contratto a tempo determinato e il suo rinnovo, e di limitare ai 36 mesi la durata massima dei contratti a termine stessi.

Sul fronte della contribuzione, invece, gli imprenditori hanno chiesto di abbassare il carico contributivo sospendendo il pagamento dei contributi aggiuntivi imposti dalla Riforma Fornero.

Per le imprese record di fallimenti e liquidazioni nel primo trimestre 2013

 Per il mondo dell’ imprenditoria italiana il 2013 non sembra essere assolutamente iniziato sotto buoni auspici. La crisi, infatti, ha colpito e continua impietosa a colpire tutto il settore produttivo italiano, generando, nei primi tre mesi del 2013 un numero record di fallimento e di liquidazioni volontarie per le imprese italiane.

In crescita il numero dei fallimenti in Italia

Il Cerved – gruppo specializzato nell’ analisi delle imprese e nei modelli di valutazione del rischio di credito – ha infatti calcolato che nei primi tre mesi dell’ anno si sono potuti  registrare 3500 fallimenti da parte delle aziende italiane, mentre 23 mila imprese hanno avviato una procedura di insolvenza o di liquidazione volontaria.

> Record di aziende chiuse nel primo trimestre del 2013

Dal punto di vista strettamente statistico, quindi, i fallimenti hanno fatto registrare in Italia un incremento del 12% rispetto all’ anno precedente, mentre le aziende in attivo che hanno deciso volontariamente di chiudere l’ attività hanno avuto un aumento del 5,8%.

Il dato più inaspettato del periodo, tuttavia, riguarda l’ incremento dei cosiddetti concordati preventivi – disciplina fallimentare, tra l’ altro, da poco riformata, ovvero delle procedure di insolvenza diverse dai fallimenti, che, sempre nei primi tre mesi del 2013, hanno fatto registrare un aumento annuale del 76%.

Dal punto di vista geografico, infine, è stato colpito in particolare il Nord Est del Paese.

Cosa cambia nel documento di valutazione dei rischi

Negli ultimi tempi si sono a dir poco moltiplicati i controlli atti ad evitare gli infortuni sul lavoro. Verifiche che diventano sempre più capillari nonché più costose, in particolar modo per le piccole aziende e per i liberi professionisti.

La novità è che dal primo di giugno anche i negozi e gli studi dei professionisti, al pari delle aziende con meno di dieci dipendenti, dovranno compilare obbligatoriamente il modello standard al fine di effettuare la valutazione dei rischi contro gli infortuni sul lavoro. Il documento di valutazione dei rischi contemplerà dunque anche le attività commerciali (dai negozi ai ristoranti), gli uffici e gli studi professionali.

Cambiamenti nel documento di valutazione dei rischi

La nuova procedura standardizzata, prossima ad entrare in vigore era già contemplata nel decreto del governo Monti dello scorso novembre.

Il DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) andrà pertanto compilato da tutte le aziende con almeno un dipendente o un lavoratore equiparato (quindi contratti a progetto o collaboratori familiari).

Fino a questo momento la Legge 626/94, che si configura come un’introduzione del DVR, forniva alle aziende che hanno meno di dieci dipendenti l’autorizzazione a rimpiazzarlo con l’autocertificazione dell’avvenuta valutazione dei rischi.

Dvr: cosa mettere

E da oggi? Cosa deve essere inserito nel DVR? Nello specifico va inserito il funzionamento dell’attività ed eventuali rischi legati alle mansioni dei dipendenti. La responsabilità è a carico del datore di lavoro.

Le procedure standardizzate per le piccole aziende prevedono un formulario semplificato pubblicato sul sito web del Ministero del lavoro e delle politiche sociali all’interno della sezione “Sicurezza nel lavoro”.

Voci da compilare

Il Decr. 81/2008 statuisce che il documento deve avere una data precisa, comprovata da registrazione pubblica o annullo postale. Naturalmente la verifica dei rischi necessita di un aggiornamento ogni qualvolta il processo produttivo o l’organizzazione del lavoro siano sottoposti a dei cambiamenti. Si tratta però di variazioni che vanno ad incidere potenzialmente sulla sicurezza dei lavoratori.

In virtù dei recenti cambiamenti della normativa non vanno valutati esclusivamente i rischi di natura prettamente fisica bensì anche due nuovi tipi di rischi:

– rischio da stress correlato;

– rischio di difficoltà comunicativa, nel caso in cui vi siano dipendenti stranieri che non parlano italiano.

Sicurezza sul lavoro: i soggetti responsabili e i corsi di formazione

Tra gli obblighi del datore di lavoro è contemplato anche quello di dare luogo al servizio di prevenzione e protezione dei dipendenti scegliendone il responsabile, ovvero colui dovrà seguire un corso di formazione dalla durata proporzionale ai rischi rilevati, e gli incaricati.

I lavoratori riuniti in assemblea eleggono a loro volta un loro rappresentante che dovrà essere consultato dal datore di lavoro in occasione della valutazione dei rischi e anche della designazione del responsabile.

Appare inoltre come suo diritto quello di ricevere adeguata formazione in tema di sicurezza. Il nominativo del rappresentante va trasmesso all’INAIL.

Tutti i lavoratori devono frequentare un corso di formazione generale sulla sicurezza di quattro ore ed uno specifico per settori di quettro (rischio basso), otto (medio) oppure dodici ore (rischio alto). Appare invece come obbligo dei lavoratori attenersi alle disposizioni del datore in tema di sicurezza ed utilizzare in maniera scrupolosa e corretta gli strumenti per la protezione forniti in sede.

Strumenti

Per quanto concerne gli strumenti in sede deve essere sempre presente un pacchetto di medicazione base o, se i dipendenti sono dai tre in su, una vera e propria cassetta di pronto soccorso.

Ogni 100 mq deve essere presente un estintore. In sede comunque almeno un addetto deve frequentare il corso di formazione antincendio di 4 ore per le attività a basso rischio, come i negozi, oppure 8, per le attività a rischio medio, come ad esempio i laboratori orafi.