Saldo positivo per le imprese italiane nel 2013 tra aperture e cessazioni

 Anche per il 2013 il saldo tra le aperture di nuove imprese e le cessazioni di attività in Italia è rimasto positivo. L’anno di crisi, si chiude, quindi, con un sospiro di sollievo almeno a guardare ai dati recentemente diffusi dalla Cgia di Mestre, che ha analizzato i risultati dei primi nove mesi dell’anno. 

L’export dei distretti industriali italiani segna un nuovo record nel 2013

 Anche nel 2013 l’Italia si è confermata un paese che, dal punto di vista industriale, viaggia su due velocità. Un doppio binario attraverso il quale passano, da una parte, la produzione e i consumi interni e dall’altra la produzione e le esportazioni verso i paesi europei ed extra – europei. E’ questa appunto una delle più recenti fotografie della Fondazione Edison che ha analizzato l’andamento produttivo dei distretti industriali italiani. 

Il modello del family business e le imprese europee

 Secondo alcuni recenti studi tra le imprese italiane, per lo più piccole e medie imprese con una alta percentuale di imprenditori oltre i settanta anni, è molto diffuso il modello del family business, cioè il passaggio automatico di padre in figlio delle realtà aziendali. Questo modello, tuttavia, non sembra essere più adeguato ai tempi della globalizzazione e ad un contesto estremamente competitivo come quello attuale. 

Il credito alle imprese ha perso altri 50 miliardi nel 2013 secondo Confartigianato

 Nel corso del 2013 la situazione del credito alle imprese è diventata ancora più difficile e ha navigato verso una contrazione che non ha pari negli anni precedenti. A rilevare questa situazione e a tracciare un bilancio di fine anno è stata la Confartigianato, che ha sottolineato come nel corso dei primi 10 mesi dell’anno non è solo diminuito il numero dei prestiti che le banche hanno concesso alle imprese, ma sono anche aumentati i tassi di interesse. 

Le aziende più diffuse in Italia sono le microimprese

 Una recente ricerca compiuta dall’Istat ha fatto luce sulla situazione delle imprese e delle industrie italiane, dimostrando come il tessuto produttivo del nostro paese sia caratterizzato dalle piccole dimensioni delle sue aziende. L’Italia infatti oggi appare sempre di più come un paese non votato alla grande impresa, dal momento che le dimensioni medie delle aziende arrivano al massimo a 3,7 addetti. 

Offerta di lavoro per consulente aziendale bilingue italiano/francese

 Un  Consulente Bilingue Italiano/Francese per Sia Partners da inserire nell’ambito organizzazione, revisione di processi e trasformazione aziendale. Il lavoro è in team costituito da consulenti esperti e riguarda competenze di business da sviluppare in base all’ambito di riferimento. L’azienda cerca una figura che dovrà sviluppare esperienza in modo da gestire i progetti nell’ambito commerciale. La figura ricercata è molto qualificata e deve avere avuto già esperienza.
Tra le mansioni c’è anche quella di contribuire allo sviluppo della service line che riguarda workshops, pubblicazioni e analisi di mercato.
Le comptetenze richieste per questa offerta sono:
– Laurea in Economia e Commercio, Economia Aziendale o Ingegneria con il massimo dei voti e in Univesità di alto livello in Italia o in Europa;
– Esperienza di lavoro in società di consulenza;
– Conoscenza delle lingue francese, che è indispensabile, e inglese di livello ottimo.
Tra le altre competenze sono richieste professionalità, capacità comunicative, competenze nell’analisi e nella sintesi, e orientamento al problem solving.
Sia Conseil è una società di consulenza nata in Francia nel 1999 e molto importante nel Business Management Consulting europeo. Sia Partners, nata da Sia Conseil, è ormai una società italiana. Da ottobre 2012 non è più una costola di quella francese e opera in Italia all’interno di un network europeo e internazionale. I rapporti di Sia Partners sono con società in Belgio, Francia, Olanda, Marocco, Dubai e New York. Le sedi di Sia Partners sono a Roma e a Milano e i settori in cui opera sono soprattutto Servizi Finanziari e Assicurazioni, Energia e Utilities e Change Management e Human Resources.

Per la Cgia di Mestre Imu e Tares sono una stangata per le imprese

 Ieri è  stata la giornata in cui cittadini e imprese si sono trovati con due scadenze fiscali importanti, l’Imu e la Tares. La tassa sull’abitazione per chi possiede la seconda casa e immobili strumentali e quella sui rifiuti scadevano lo stesso giorno portando entrate importanti per lo Stato.  Due tasse da versare e spese che potrebbero avere messo in difficoltà molte imprese.
Per la Cgia di Mestre, la seconda rata dell’Imi e la Tares peseranno maggiormente sulle imprese che pagheranno più della metà dell’importo complessivo. Le Entrate per lo Stato e per i comuni sono di circa 15,8 miliardi di euro e quindi il peso per le imprese è molto alto.
Per l’Associazione degli artigiani e delle piccole imprese, l’importo da pagare preoccupa, considerato anche che la paziale deduzione dell’Imu per gli immobili strumentali dell’azienda probabilmente non basterà a confronto con gli aumenti precedenti. La Cgia di Mestre ha fatto i calcoli e afferma che le detrazioni per il pagamento dell’Imu per questi immobili, dalle tasse sui redditi come l’Ires o Irpef per il 30% nel 2013 e per il 20% nel 2014, non saranno in grado di controbilanciare gli aumenti imposti al valore fiscale di capannoni, alberghi e centri commerciali che sono previsti per quest’anno nel decreto “Salva Italia”.
Il pagamento della Tares è un ulteriore elemento che appesantisce la situazione economica delle imprese. Per la Cgia di Mestre, la Tares influirà parecchio sulla situazione degli esercizi commerciali. Si parla di circa 4 miliardi di euro più 1 miliardo di euro di maggiorazione a carico di proprietari e affittuari di locali commerciali.

Limite al cumulo delle pensioni e incentivi alle aziende in crisi nella Legge di Stabilità

 La Legge di Stabilità si appresta ad essere approvata in serata mentre la riunione di ieri in Commissione Bilancio della Camera ha portato a nuove decisioni. Il governo e i gruppi parlamentari hanno inserito il tetto al cumulo per le pensioni pubbliche e hanno confermato gli incentivi per le aziende in crisi e quelle che operano nel fotovoltaico. Nella seduta notturna non sono invece emerse novità per quanto riguarda la Tobin tax e il taglio del cuneo fiscale, cioè delle tasse sul lavoro. Su questi argomenti non c’è ancora un accordo e probabilmente il governo proverà a trovarlo con il Parlamento e le parti sociali.
L’emendamento sul tetto delle pensioni pubbliche approvato prevede un massimo di 300 mila euro nel cumulo tra pensione e redditi da lavoro per i dipendenti pubblici e anche per chi percepisce vitalizi che arrivano da funzioni pubbliche elettive.
Gli incentivi per le imprese in crisi sono stati prorogati di un anno. Gli incentivi per le aziende del fotovoltaico riguarderanno invece anche quegli impianti che entreranno in attività nel 2013 e che hanno comunicato l’inizio dei lavori entro il 31 luglio.
Il dibattito sulla Tobin tax è invece ancora attivo. La proposta del Pd di aumentare lo spettro di situazioni in cui applicare la tassa abbassando l’aliquota non ha trovato per il momento il consenso del governo, degli altri gruppi e delle parti sociali. Sul cuneo fiscale, allo stesso modo, non c’è l’accordo, ma ancora se ne discute visto che è un argomento importante su cui sia il governo sia le parti sociali hanno intenzione di trovare un’intesa. Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ieri ha affermato che le risorse previste per la riduzione delle tasse sul lavoro sono insufficienti. Confindustria ha chiesto risorse per 10 miliardi, mentre le risorse messe dal governo sono di 1,6 miliardi. C’è la possibilità che il governo trovi altri fondi anche se non sarà facile visto che questa sera si voterà la Legge di Stabilità alla Camera.

Sempre più numerose le multinazionali italiane che emigrano all’estero

 Negli ultimi giorni ha fatto molto discutere il fatto che la crisi economica abbia provocato il passaggio in mani di imprenditori stranieri di molti storici marchi dell’industria italiana.  In un post pubblicato in precedenza abbiamo sottolineato, infatti, come negli anni centrali della crisi, dal 2008 al 2012, più di 400 marchi storici italiani abbiano preso la strada dell’estero. 

Le aziende del design che hanno i requisiti per entrare in Borsa

 Il settore del lusso è uno di quelli che ha mostrato di sentire meno la crisi in questi anni. Le aziende del lusso sono addirittura cresciute negli ultimi anni. In Borsa questa tendenza si è vista con marchi come Ferragamo e Moncler, quotata oggi dopo un Ipo da record è già in grande rialzo.
Il settore del design, come quello della moda, cresce puntando a un mercato di nicchia ma mondiale. I marchi del design ammirati in tutto il mondo sono molti e il mercato risponde bene.
Nel settore casa e design, l’avvicinamento al mercato dei capitali continua e Pambianco strategie d’impresa ha presentato la lista di quelle che hanno i criteri adatti per essere quotate in Borsa nei prossimi tre-cinque anni. Lo studio considera diverse caratteristiche e prescinde dalla volontà o meno delle società di quotarsi in Borsa. Il mercato globale e la possibilità di sviluppare nuovi canali di vendita aprendosi a nuovi mercati portano a strutture finanziarie più solide e a un’organizzazione delle società più  manageriale. Per questi motivi, l’entrata nel mercato finanziario può essere una soluzione ottima per queste aziende, considerando anche il fatto che si potrebbero reperire importanti risorse economiche.
Le aziende del settore casa e design che hanno i requisiti per arrivare in Borsa sono al primo posto Kartell e poi Flos, B&B Italia e Artemide. La classifica dei primi quindici vede in seguito Molteni, Minotti, Calligaris, Poltronesofà, Gessi, Alessi, Guzzini, Sambonet, Chateau d’Ax, Scavolini e Poliform.
Questa classifica ha considerato 166 aziende che poi sono diventate 44 in base al fatturato, superiore ai 50 milioni di euro e alla crescita dello stesso. Lo studio di Pambianco ha attribuito i punteggi alle aziende considerando la crescita percentuale, il margine ebitda medio, quanto il marchio è conosciuto, la dimensione, l’export, la distribuzione, l’indebitamento e la fascia di mercato.