Le aziende del Made in Italy diventano sempre più straniere

 La crisi economica degli ultimi quattro anni ha colpito duramente anche storici marchi italiani, che sono stati costretti a cambiare bandiera e ad emigrare all’estero. Nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore, invece, numerose aziende storiche del nostro paese sono state vittime delle più spietate leggi della concorrenza, in base alle quali le aziende che non riescono ad andare avanti vengono acquistate dai loro diretti competitor solo per essere smantellate e vendute pezzo a pezzo. 

I marchi dell’eccellenza italiana svenduti all’estero per Uil Pa – Eurispes

 Negli ultimi anni abbiamo visto molte aziende italiane, spesso di eccellenza, diventare straniere. Aziende nate in Italia e comprate da gruppi estere.
Uil Pubblica Amministazione e Eurispes hanno pubblicato uno studio proprio sulla vendita delle aziende del made in Italy che rappresentano la crisi del nostro Paese. Aziende che offrono l’immagine migliore dell’Italia nel mondo grazie alla competenza artigianale e alla capacità che affonda le sue radici nella storia. Aziende che hanno vissuto un periodo di crisi e che sono state vendute a gruppi stranieri che spesso hanno saputo rivalorizzare il marchio e rilanciarlo sul mercato.
I dati riguardano gli ultimi 20 anni e riguardano 130 marchi.
I marchi sono suddivisi per le quattro macro aree alimentare e bevande, che contiene 43 aziende; abbigliamento e moda, con 26 aziende; automazione e meccanica, con 16 aziende; e arredo e casa, con 9 aziende. Inoltre, c’è la categoria altro con 36 aziende dei settori telecomunicazioni, chimica, edilizia, energia e gas ecc.
Negli ultimi anni, le aziende italiane che sono state intaccate dalla crisi economica sono molte. E spesso si parla di aziende della migliore tradizione imprenditoriale d’Italia. Il Presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara ha affermato che non è solo la crisi economica ad avere influito, ma anche “l’iperburocratizzazione della macchina amministrativa, una tassazione iniqua, la mancanza di aiuti e di tutele e l’impossibilità di accesso al credito bancario. L’intreccio di tali fattori ha inciso sulla mortalità delle imprese creando una sorta di mercato “malato” all’interno del quale la chiusura di realtà imprenditoriali importanti per tipologia di produzione e per know-how si è accompagnata spesso a una svendita (pre o post chiusura) necessaria di fronte all’impossibilita’ di proseguire l’attività.
Molte di queste aziende sono quindi passate a gruppi esteri spesso non al costo adeguato.
Il Segretario Generale Uil Pa Benedetto Attili ha detto che “La svendita della nostra rete produttiva quindi ci impoverisce sia dal lato economico, poiché siamo costretti giocoforza a vendere a un prezzo inferiore rispetto a quello reale sia per la perdita di asset immateriali, a volte di difficile quantificazione economica, perché vengono meno la tradizione, l’esperienza e la storia insita in ciascuna delle aziende di cui ci priviamo.
Tra le più importanti aziende italiane vendute all’estero ci sono le seguenti.
Settore alimentare. Sperlari, Martini & Rossi, Cinzano, Vecchia Romagna, Caffarel, Stock, Birra Peroni, Star, Eridania, Norcineria Fiorucci, Ruffino e Gruppo Gancia.
Settore automazione e meccanica. Zanussi, Pirelli Optical Technologies, Saeco, Atala, Ducati Motor Holding, Lamborghini.
Settore moda e abbigliamento. Fiorucci, Mila Schon, Conbipel, Sergio Tacchini, Fila, Coccinelle, Ferreè, Miss Sixty-Energie, Lumberjack e Valentino.

In Italia chiudono 93 aziende al giorno

 Il Centro Studi Cna ha comunicato i dati, basati su quelli di Movimprese, sul numero di aziende in Italia. Si mostra una situazione non facile, caratterizzata dalla chiusura media di 93 aziende al giorno e dalla perdita di posti di lavoro.
Le aziende registrate nelle Camere di commercio nel terzo trimestre 2013 sono 6.070.296, un numero ceh non si vedeva dal 2005. Le aziende artigiane sono tra quelle che fanno registrare il calo più alto con dati che non si vedevano dal 2001. Il segretario generale di Cna Sergio Silvestrini afferma che ” dal 2008 a oggi, lo stock di imprese artigiane, cioè il numero assoluto delle imprese al netto della differenza tra nuove inscrizioni e cancellazioni, si è ridotto di 80 mila unità. Una riduzione che equivale alla perdita di oltre 200 mila posti di lavoro. È come se avessero chiuso, contemporaneamente, gli stabilimenti italiani della Fiat, le Ferrovie dello Stato e l’Eni. Un disastro passato completamente sotto silenzio”.
Negli ultimi cinque anni sono così sparite molte aziende artigiane che equivalgono al 5,6%. C’è il rischio che il fenomeno continui su queste basi se non verranno prese delle contromisure capaci di fermarlo.
La medi di imprese che hanno chiuso i battenti nel 2012 è stato di 62 al giorno e fa una certa impressione notare che quest’anno il dato è ancora maggiore. Le piccole imprese dei settori costruzioni, manifattura e trasporti sono quelle maggiormente esposte al rischio di chiusura. In effetti, la crisi economica ha coinvolto maggiormente questi settori e i numeri sulle attività che chiudono confermano questo andamento.
Le aziende del settore costruzioni che hanno chiuso sono 34.020, quelle della manifattura sono 28.228 e quelle dei trasporti sono 11.129. In un anno, questi tre settori hanno fatto registrare una capacità produttiva che è calata del 3,6% nelle costruzioni, del 3,1% nei trasporti e del 2,5% nella manifattura.
I settori dell’artigianato che hanno invece sentito maggiormente gli effetti della crisi economica e mostrato chiusure di attività sono la meccanica, l’industria del legno, i mobili e l’abbigliamento.
In aumento ci sono le aziende alimentari e quelle delle riparazioni.

Per la Legge di Stabilità settimana finale tra proposte e fondi da trovare

 Il Parlamento sta discutendo sul testo definitivo della Legge di Stabilità ed ha iniziato con l’esame degli emendamenti, che sono più di 3 mila anche se quelli veramente esaminati dovrebbero essere attorno a 300. La Legge di Stabilità dovrebbe essere votata entro martedì prossimo. Quindi poco più di una settimana significa una maratona che riparta dalla Camera.
Legge di Stabilità 2014 e reddito minimo, come funziona?Sono tante le modifiche sulle quali si lavora. Le proposte devono trovare le coperture finanziarie e questo è l’aspetto più importante e che impegna il governo e il parlamento nella ricerca dei fondi. Al centro del dibattito ci sono molti aspetti di natura economica e non solo che riguardano la vita dei cittadini. Le pensioni, con il taglio di quelle d’oro e la possibilità di applicare lo stesso taglio ai vitalizi dei parlamentari, ma anche gli stadi.
I primi lavori riguardano l’ammissibilità degli emendamenti. Ci sarà la prima sforbiciata a molti emendamenti in base alla copertura finanziaria e alla pertinenza dei temi. Sugli emendamenti rimanenti i gruppi parlamentari indicheranno quelli segnalati che sono considerati prioritari. In questo senso potrà essere importante ciò che è successo ieri con Matteo renzi che è diventato il nuovo segretario del Pd. Nel pomeriggio di mercoledì è prevista la votazione in Commissione Bilancio.
Su molti aspetti della Legge di Stabilità i partiti chiedono correzioni. Il Pd e non solo chiedono cambiamenti che riguardano le pensioni, con l’indicizzazione di quelli fino a 2 mila euro, e per le imprese, per alzare la soglia di deducibilità ai fini Ires e Irpef dei beni strumentali. Il problema è quello della copertura finanziaria.
Si cercano quindi fondi per poter fare dei cambiamenti alla Legge di Stabilità. Tra le proposte ci sono la Tobin Tax, la cosidetta Google Tax che riguarda le aziende che operano via internet in Italia, e la revisione delle imposte di bollo.

Prestiti a imprese e famiglie in diminuzione e tassi di interesse leggermente più bassi

 I dati comunicati da Bankitalia mostrano a ottobre un crollo dei prestiti alle imprese e alle famiglie. Il confronto con ottobre 2012 vede una diminuzione dei prestiti alle famiglie dell’1,3%, mentre quelli alle imprese non finanziarie sono scesi del 4,9% sempre nel confronto su base annua. Il dato sui prestiti al settore privato in un anno mostrano una contrazione del 3,7%. Una diminuzione importante considerando che anche negli anni precedenti le banche si sono dimostrate meno propensi a concedere finanziamenti a imprese e famiglie.
Per quanto riguarda i tassi di interesse sui finanziamenti erogati, quelli alle famiglie per l’acquisto della casa sono stati del 3,9% a ottobre. I tassi di interesse per il credito al consumo sono stati del 9,28% sempre a ottobre. In tutti e due i casi si registra una lieve diminuzione rispetto al mese di settembre, quando i tassi di interesse sull’acquisto della casa erano al 3,97% e quelli sul credito al consumo erano al 9,61%. I tassi di interesse per i prestiti alle società non finanziarie per un importo che è fino a 1 milione di euro sono invece aumentati al 4,49% a ottobre dal precedente 4,33% di settembre. In diminuzione invece i tassi di interesse sui prestiti superiori a 1 milione di euro che sono al 2,86% a ottobre dal precedente 2,98% di settembre.
In crescita a ottobre i depositi bancari del settore privato al 5,4% rispetto al 3,6% di settembre. In diminuzione la raccolta obbligazionaria su base annua al 7% dal 7,2% del precedente mese. Le sofferenze bancarie non mostrano variazioni anche se rimangono su livelli massimi.

Le imprese italiane non riescono a pagare i debiti alle banche

 In Italia la preoccupazione maggiore a livello economico è il debito pubblico. L’Europa richiama continuamente l’Italia al rispetto dei parametri e all’abbassamento del debito pubblico al fine di rispettare i patti. In Europa il nostro Paese è al secondo posto per quanto riguarda l’ampiezza del debito pubblico e la questione è quindi da tenere sotto controllo.
Secondo alcuni esperti, però, il problema dell’Italia è anche quello del debito privato. Le banche hanno problemi relativamente al debito privato, in quanto molte imprese e cittadini non riescono a pagare i debiti che hanno con gli istituti bancari, soprattutto per effetto della crisi economica.
Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha confermato che le imprese italiane hanno dei problemi nel pagare i debiti alle banche, oltre che mostrare come il reddito delle famiglie italiane è basso e in particolare quello dei giovani e dei ceti deboli.
Per il Fmi c’è una vulnerabilità nelle aziende italiane nel pagamento degli interessi alle banche. Gli economisti dell’Fmi vedono il problema nel rapporto tra interessi e utili che si basano sulla bassa capitalizzazione. Per il Fmi le banche italiane sono comunque promosse in quanto sono in grado di resistere alle condizioni di debolezza economica e alla lenta crescita.
Le famiglie italiane rappresentano la ricchezza del Paese. Alcune famiglie hanno un patrimonio che riesce a contenere gli effetti del reddito più basso. I giovani, però, non riescono a mantenere o ad aumentare la loro ricchezza. Il fatto che la maggioranza degli italiani possiede la casa di proprietà è un aspetto importante, ma il calo dei prezzi potrebbe portare a dei rischi.

Aumentano i debiti delle aziende italiane per il FMI

 Il Fondo Monetario Internazionale – FMI – ha recentemente tracciato una analisi approfondita della situazione patrimoniale e finanziaria italiana, dividendo i risultati conseguiti sulla base di tre categorie: quella delle imprese, quella delle banche e quella famiglie. 

La ripresa è ancora lontana dalle PMI italiane rispetto a quelle europee

 Le piccole e medie imprese d’Europa hanno pagato alla crisi un prezzo molto alto. Negli anni più duri della recessione economica, infatti, quelli che vanno tra il 2008 e il 2012, il numero delle piccole e medie imprese si è ridotto in totale del 2 per cento, mentre il numero degli addetti si è ridotto del 5 per cento e il valore aggiunto del 10 per cento. 

L’industria italiana è in ripresa nel quarto trimestre 2013

 Nel quarto trimestre 2013 l’industria italiana potrebbe finalmente mettere a segno un buon risultato positivo. Nel corso del mese di novembre 2013, infatti, la produzione industriale italiana è già aumentata sia a livello congiunturale che a livello tendenziale. 

Il Premio Marzotto 2013 incorona le start-up più innovative

 La creatività parla italiano e le aziende gestite da giovani con un’età inferiore ai 35 anni che conoscono questo linguaggio sono state recentemente premiate per le loro idee innovative. Si è tenuta infatti in Veneto alcuni giorni fa la premiazione del concorso per le start – up più innovative l’Italia, il premio intitolato a Gaetano Marzotto, che ha visto protagoniste le aziende e i progetti più all’avanguardia del mondo imprenditoriale italiano.