Come previsto e annunciato, negli Stati Uniti, a partire dalla mezzanotte di ieri è scattato il cosiddetto shutdown, che ha imposto un regime ridotto al funzionamento della imponente macchina statale americana. A partire da oggi, quindi, tutti i servizi americani qualificati come non essenziali, che venivano alimentati dalle spese federali, saranno cancellati o ridotti ai minimi termini.
Stati Uniti
Gli Stati Uniti finiscono i fondi per le spese federali – Paralisi a Washington
In un momento in cui l’Italia attraversa l’ennesima situazione di crisi e di instabilità politica, anche le notizie che arrivano dall’America non sono affatto rassicuranti. Alla scadere della mezzanotte – ora americana – di oggi, 1 ottobre, ovvero all’incirca verso le 6 del mattino di domani qui da noi, gli Stati Uniti finiranno ufficialmente le risorse che alimentano la grande macchina statale della Casa Bianca, a Washington.
Gli Stati Uniti sono vicini al default
I problemi relativi al consolidamento del bilancio e dei conti pubblici tornano ad affacciarsi anche in America, negli Stati Uniti. Il Segretario del Tesoro americano Jacob Lew, infatti, ha ricordato proprio in queste ultime ore che a partire dal prossimo 17 ottobre gli Stati Uniti potrebbero non essere più in grado di far fronte agli interessi che gravano sul debito. A meno che il Congresso americano non decida per un ulteriore innalzamento del suo livello.
La FED è il più grande hedge fund della storia
Secondo uno degli uomini più ricchi d’America e del mondo, il magnate della finanza – e non solo – Warren Buffett, la Federal Reserve, FED, la banca centrale americana, sarebbe il più grande hedge fund della storia. Proprio così infatti l’ha definita, solo venerdì scorso, il grande finanziere degli Stati Uniti.
In America i cattivi pagatori vengono individuati attraverso Facebook
Arriva dall’America una notizia piuttosto allarmante. Alcune società finanziarie, infatti, come “LendUp” e “Lenddo”, avrebbero cominciato ad utilizzare i dati pubblicati sui social network, come Facebook o Linkedin, come strumenti per individuare con maggiore sicurezza i possibili cattivi pagatori, quelli a cui sarebbe cioè rischioso concedere un finanziamento o un prestito, a causa dell’esistenza di un alto rischio di insolvenza.
Cala la disoccupazione e l’economia americana decolla
Dalla parte opposta dell’ oceano arrivano segnali positivi per l’ economia americana. Nell’ ultima settimana, infatti, le richieste relative ai sussidi di disoccupazione sono calate a quota 320 mila, con un decremento di 15 mila unità. Il livello di disoccupazione, quindi, negli Stati Uniti sembra per la prima volta essere tornato ai livelli del periodo precedente alla crisi, in cui era stato possibile registrare valori simili.
L’economia tedesca sempre più a rischio, gli Usa sono la nuova speranza
La Germania, fino a questo momento, è stata considerata il motore dell’Europa, ma la crisi sta facendo sentire i suoi effetti e l’economia del paese della lady di ferro rallenterà la sua crescita. La tendenza è stata confermata dal rapporto di novembre della Bundesbank.
Ancora, grazie ai frutti degli investimenti passati, la situazione è controllabile ma il presidente Weidmann avverte: se non si prenderanno provvedimenti adeguati, entro fine anno lo scenario potrebbe irrimediabilmente cambiare.
Dalla Bundesbank arrivano avvertimenti ben precisi: l’unione bancaria per il salvataggio delle banche in difficoltà non può essere una soluzione per la crisi.
Se fatta in modo corretto, l’unione bancaria può essere un pilastro importante, perfino per sostenere un’unione monetaria stabile. Ma non è la chiave per risolvere la crisi e non dovremmo pretendere che lo sia.
A dare la possibilità ai mercati finanziari stanno subentrando, al posto della Germania, gli Stati Uniti. Sono le decisioni che il presidente Obama ha preso e prenderà sul Fiscal Cliff, e la possibilità, sempre più concreta, di un accordo al Congresso, a dare nuova linfa vitale ai mercati.
Reputiamo che il sentiment positivo sui mercati sia legato all’aumento delle attese degli investitori su un esito favorevole delle trattative tra democratici e repubblicani al Congresso per risolvere il problema del fiscal cliff, il precipizio fiscale, tagli alla spesa automatici e aumento dell’imposizione fiscale per un ammontare complessivo di 607 miliardi di dollari ovvero il 4% del pil del Paese a stelle e strisce.
afferma Filippo Diodovich, market strategist di IG.