Quali sarebbero le conseguenze dell’uscita dall’euro?

 Qualche giorno fa, il Presidente della banca centrale europea (Bce) Mario Draghi ha affermato che pensare di uscire dall’euro è ingenuo perché sarebbero più i problemi che i vantaggi di una simile scelta. Draghi ha criticato quelli che ha definito “populismi” e che vedono nel ritorno alla lira la soluzione dei problemi economici.
Oltre alla Bce la possibilità di uscire dall’euro è vista in maniera negativa ma molti politici ed economisti. Questi parlano di pericolo, visto che l’uscita dall’euro può avvenire attraverso un negoziato che porti alle monete nazionali nel sud Europa e a una moneta comune dell’Europa del nord o attraverso la frantumazione dell’euro per i problemi economici e finanziari.
Quali sarebbero le conseguenze di una uscita dall’euro secondo queste previsioni? Vediamole di seguito.
Risparmi. La svalutazione della moneta sarebbe del 20% e questo significa che i risparmi e il patrimonio degli italiani si abbasserebbe del 30%.
Mutui. Con il tasso fisso, la riconversione degli stipendi e l’aumento dell’inflazione renderebbero il mutuo quasi insostenibile. Con il tasso variabile non c’è più l’Euribor e il tasso sostitutivo italiano porterebbe all’aumento della rata mensile.
Stipendi. La svalutazione della lira porterebbe a un valore minore del 60% di stipendi e pensioni.
Inflazione. La svalutazione farebbe salire l’inflazione visto che i prodotti costerebbero di più. I rendimenti sui titoli di Stato aumentano e anche il debito pubblico crescerebbe.
Case. Il valore immobiliare si abbasserebbe come conseguenza dell’inflazione.
Benzina. I costi aumenterebbero per la svalutazione e l’inflazione.
Importazioni. Aumenterebbero le esportazioni, ma le importazioni sarebbero in deficit con i prezzi delle materie prime che sarebbero molto alti.
Banche e capitali. La svalutazione e l’inflazione farebbero aumentare il debito pubblico e le banche rischierebbero molto, mentre i capitali potrebbero fuggire all’estero.
L’uscita dall’euro sembra quindi avere molti aspetti negativi che a livello europeo farebbero abbassare il Pil e portare a più rischi invece che a maggiore benessere.

Statali, la soluzione alla Corte Costituzionale

 Dopo la fiducia dal Senato, la Legge di Stabilità, arriverà alla Camera per il secondo voto, e il percorso sarà piuttosto contorto, poichè le ultime novità definiscono il blocco della contrattazione collettiva per il pubblico impiego incostituzionale.

Retribuzioni medie in Italia diminuite di 832 euro l’anno

 La Banca d’Italia ha pubblicato il rapporto sulle economie regionali che ha messo in luce come le retribuzioni degli italiani, per quasi tutte le categorie di lavoratori dipendenti, abbiano subito un calo particolarmente consistente nel biennio 2010 – 2012.

Come si legge nel rapporto di Bankitalia, la retribuzione media di un lavoratore dipendente registrata per il 2010 era di 1.328 euro al mese, nel 2012 lo stipendio medio è arrivato a 1.264 euro. Il calcolo è stato effettuato considerando le tredici mensilità che spettano ai lavoratori dipendenti (i dodici mesi dell’anno più la tredicesima mensilità).

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Nello specifico, secondo la Banca d’Italia, dal 2010 al 2012 le retribuzioni nette dei lavoratori dipendenti sono diminuite di 64 euro al mese: in due anni, quindi, la perdita per ogni lavoratore è stata di più di 1.600 euro, considerando che mediamente in un anno i lavoratori dipendenti hanno perso 832 euro.

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Bankitalia evidenzia che non ci sono state regioni che hanno mostrato cali più o meno forti: la retribuzione media mensile persa nel biennio 2010 – 2012 al Sud e nelle Isole è stata di 62 euro al mese, al Centro di 65, nelle Regioni del Nord Est di 64 euro e in quelle del Nord Ovest di 62 euro al mese.

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La comparazione dei settori produttivi, invece, ha evidenziato una perdita più marcata per il comparto dei servizi (-70 euro i servizi di mercato e -71 euro quelli non di mercato), per il settore privato, dove sono stati persi 60 euro al mese, per le costruzioni (34 euro al mese) e per l’industria (47 euro).

Gli stipendi dei top manager continuano a non subire la crisi

 Quanto guadagnano i banchieri europei? A dirlo il censimento sulle retribuzioni dei top manager e dei banchieri europei fatta dalla Autorità bancaria europea (Eba) che ha messo in luce come le retribuzioni di questi grandi banchieri non abbiano subito particolari mutazioni dopo lo scoppio della crisi economica.

Anzi, per molti di loro la retribuzione annua va ben oltre il milione di euro, nonostante molto spesso la stessa autorità abbia lanciato appelli ai top manager e alle banche dove prestano i loro servizi di adeguare le retribuzioni al particolare momento storico.

A guadagnare oltre un milioni di euro all’anno sono 3.500 banchieri che operano principalmente in Inghilterra, ma non mancano certo nomi italiani nella lista dei paperoni stilata dall’Eba.

► Nuove regole per la scelta dei top manager

Le retibuzioni sono molto alte in tutti i paesi europei per questo tipo di incarichi, ma il loro livello varia molto in base al paese e alle mansioni svolte. Secondo l’Eba, infatti, i top banker britannici hanno retribuzioni che possono arrivare anche a 2 milioni di euro all’anno, mentre in Italia non si supera il milione e 600 mila euro. Va bene anche ai top manager del ramo asset management (2,22 milioni), ai banchieri del retail (1,82 milioni) e agli operatori dell’investment banking (1,6 milioni).

Banchieri italiani, la classifica dei più ricchi

1. Antonio Vigni: 4 milioni di euro (Monte dei Paschi)

2. Enrico Cucchiani, 3 milioni di euro (Intesa Sanpaolo)

3. Renato Pagliaro, 2,59 milioni (Mediobanca)

4. Alberto Nagel, 2,47 milioni (Mediobanca)

 5. Federico Ghizzoni, 1,94 milioni (Unicredit)

6. Roberto Nicastro, 1,77 milioni (Unicredit)

7. Victor Massiah, 1,5 milioni (Ubi Banca)

8. Giovanni Bazoli, 1,08 milioni (Intesa Sanpaolo)

10. Andrea Beltratti 1,08 milioni (Intesa Sanpaolo)

Le retribuzioni superano l’inflazione ad ottobre 2013

 Nel mese di ottobre 2013 le retribuzioni orarie italiane hanno fatto segnare risultati sicuramente positivi. Sono infatti aumentate dello 0,2 per cento rispetto al mese precedente, settembre 2013, e dell’1,4 per cento nei confronti dello stesso mese dell’anno precedente. 

La Svizzera ad un passo dal referendum sul tetto alle retribuzioni d’oro

 La piccola nazione elvetica, paradiso di quanti hanno probabilmente da sempre percepito stipendi da favola, si trova ora ad un passo dal porre un limite alle retribuzioni d’oro. Si svolgerà infatti il 24 novembre l’atteso referendum popolare che vuole imporre un tetto agli stipendi che sono 12 volte più alti di quelli di una paga base. 

Le retribuzioni aumentano dell’1,4% a settembre 2013

 Buone notizie per i lavoratori italiani, sia sotto il profilo degli stipendi percepiti, sia sotto il profilo dell’inflazione. Nel mese di settembre 2013 le retribuzioni italiane hanno subito un incremento dell’1,4% rispetto all’anno precedente. 

Professionisti e autonomi, le categorie più colpite dal crollo delle retribuzioni

 Fino a qualche anno fa quando un figlio voleva iniziare una carriera universitaria, i genitori hanno sempre cercato di indirizzare i ragazzi verso delle professioni particolari – notaio, avvocato, ingegnere e simili – considerati i più redditizi. Ora, come evidenzia una ricerca dell’Adepp (Associazione degli enti previdenziali privati), le professioni da sempre considerate fonti di guadagni sostanziosi hanno perso questa prerogativa a causa della crisi e del crollo delle retribuzioni.

Secondo la ricerca dell’Adepp, al primo posto tra le categorie più colpite spiccano i notai, professione sulla quale ha inciso in modo determinante il crollo del mercato immobiliare e, negli ultimi 6 anni, i compensi medi annui dei notai si sono praticamente dimezzati, passando da 129.400 euro a 66.800 euro.

La Riforma del Lavoro 2013 è entrata in vigore: tutte le nuove norme

Al secondo posto della classifica ci sono ingegneri e architetti si posizionano al secondo posto, i cui redditi negli ultimi sei anni sono scesi rispettivamente da 33.037 a 28.444 euro e da 27.139 a 22.400 euro l’anno.

Non va meglio neanche per gli psicologi, che cercano di sopravvivere con stipendi medi di 600 euro all’anno e la disoccupazione che colpisce la metà dei professionisti iscritti al relativo albo.

Causa dell’abbassamento degli stipendi anche il surplus dell’offerta di alcune tipologie di professionisti. Oltre agli psicologi, i Italia c’è un surplus di avvocati, la cui quantità è quadruplicata dal 1990 ad oggi. Uniche categorie professionali in controtendenza sono i commercialisti (la cui retribuzione nel periodo considerato è aumentata passando da 57.177 a 63.391 euro l’anno), i ragionieri (dai 42.833 euro del 2004 ai 52.358 del 2012) e i consulenti del lavoro.

Stipendi italiani e europei a confronto

 L’Italia non brilla certo per l’ammontare degli stipendi che si possono guadagnare in qualunque tipo di professione, che sia specializzata o meno. Anche questo è uno dei motivi per i quali molti dei cervelli italiani migliori migrano verso altri paesi.

Il livello retributivo italiano è uno dei più bassi di tutta Europa e l’Osservatorio Page Personnel ha fatto un confronto tra le remunerazioni alle quali si può aspirare in Italia e nei diversi paesi europei per molte delle professioni più comuni. Riportiamo qui di seguito tre degli esempi più esplicativi.

Ingegneri

Dopo tre anni di lavoro un ingegnere meccanico in Italia arriva a guadagnare circa 35.000 euro annui lordi, mentre in Inghilterra può arrivare fino ai 52.000. Anche per gli altri tipi di specializzazione il discorso non cambia: un ingegnere ambientale in Italia arriva a guadagnare al terzo anno di attività 50.000 euro, 8.000 in meno rispetto alla media europea.

Manager

Le differenze più vistose di remunerazione sono sempre con l’Inghilterra. Un executive assistant junior nel Regno Unito guadagna circa 5.000 euro in più all’anno rispetto al suo corrispondente italiano e la differenza cresce al crescere del livello raggiunto.

Se una manager italiano arriva ad uno stipendio annuo di 33.000 e i 40.000 al terzo anno di attività, chi svolge la stessa professione allo stesso livello in Francia guadagna tra i 37.000 e i 45.000 e nel Regno Unito tra i 40.000 e i 55.000.

Impiegati

Scendendo di livello di specializzazione, però, iniziano a livellarsi anche le differenze di remunerazione tra l’Italia e gli altri paesi europei: un impiegato di medio livello guadagna dai 27.000 ai 32.000 euro all’ano, in Inghilterra la remunerazione media è di 31.000 – 37.000 inglesi.