L’Istituto Nazionale di Statistica – ISTAT – ha indagato l’andamento degli stipendi dei lavoratori italiani nel corso del mese di agosto 2013. Nell’ottavo mese dell’anno le retribuzioni degli italiani non sono aumentate, in realtà, ma sono rimaste ferme ai livelli precedenti, conservando, a livello di tariffe contrattuali orarie, gli stessi valori del mese di luglio.
Stipendi
Comuni in difficoltà a pagare gli stipendi senza il saldo dell’IMU
E’ stato il sindaco di Torino Piero Fassino, in qualità di presidente dell’Anci, l’Associazione dei Comuni italiani, a dare oggi l’allarme nel corso di una audizione alla Camera sul tema del decreto legge IMU. Se infatti entro pochi giorni non arriveranno nelle casse delle amministrazioni locali gli emolumenti previsti e promessi in relazione alla prima rata dell’IMU, gli enti locali avranno serie difficoltà a pagare gli stipendi dei loro dipendenti.
Un tetto per gli stipendi dei manager di Rai, Anas e Ferrovie
In tempi di crisi tutte le componenti dello Stato sono chiamate a fare la propria parte. Chi più, chi meno, secondo le proprie possibilità. E proprio a questo principio di equità si ispira l’ultimo provvedimento che il Ministero dell’Economia ha emanato in fatto di stipendi e di retribuzioni del pubblico impiego e che ha inviato in visione al Parlamento per la raccolta dei pareri.
L’obiettivo sarebbe infatti quello di porre un tetto agli stipendi dei manager che sono a capo delle grandi società dello Stato, tra cui, ad esempio, vi sono i nomi di Anas, Rai e Ferrovie.
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Per questi dirigenti, dunque, il tetto alle retribuzioni sarebbe d’ora in avanti fissato ad un massimo di 294 mila euro, e un provvedimento simile dovrebbe investire anche gli stipendi degli amministratori delegati di altre 18 società controllate che rispondono sempre alle direttive del Ministero dell’Economia. Per queste ultime, però,le retribuzioni massime sono fissate da cifre che oscillano tra l’80% e il 50% del trattamento economico del primo presidente della Cassazione.
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Il Tesoro ha infatti diviso e organizzato le società controllate in tre grandi gruppi, stabilendo parametri di intervento diversi per il taglio delle retribuzioni, che si basano su fattori oggettivi come
- il valore totale della produzione della società
- il valore degli investimenti
- il numero dei dipendenti.
Per ognuna di queste sono dunque previsti tetti alle retribuzioni diversificati, pari rispettivamente al 100%, all’80% e al 50% dello stipendio annuo percepito dal primo presidente della Cassazione.
I possibili effetti dell’aumento dell’Iva ad ottobre 2013
La CGIA di Mestre ha cercato di fare una proiezione su quello che potrebbe accadere ad ottobre, quando, se non verranno trovate le copertura finanziarie, l’aliquota IVA, ossia l’imposta sul valore aggiunto, potrebbe passare dal 21 al 22%. Lo scenario immaginato dalla CGIA mette in evidenza come questo aumento si ripercuoterà principalmente sulle fasce di reddito più deboli e i nuclei famigliari più numerosi.
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La simulazione
Nel realizzare le simulazioni, a CGIA di Mestre ha preso in considerazione tre diverse tipologie famigliari (single, lavoratore dipendente con moglie e un figlio a carico, lavoratore dipendente con moglie e 2 figli a carico), su 7 fasce retributive, per le quali sono stati misurati l’aggravio di imposta in termini assoluti e l’incidenza percentuale sui diversi livelli retributivi.
Propensione al risparmio
Se l’Iva aumenterà di un punto percentuale, la propensione al risparmio delle famiglie nella prima fascia di reddito, la più bassa, arriverà a zero, mentre si ridurrà al 2,05% per il reddito annuo da 20.000 euro, al 4,1% per quella da 25.000 euro e all’ 8,2% per le rimanenti fasce di reddito.
Single
Chi vive da solo sarà molto penalizzato dall’aumento dell’Iva, che avrà un’incidenza dello 0,29% su un reddito annuo di 15.000 euro. Il paradosso è che, per i single, più si guadagna meno forte sarà l’impatto sullo stipendio: per un reddito di 55.000 euro all’anno l’incidenza è dello 0,27%.
L’aggravio oscillerà comunque tra i 37 e i 99 euro.
Lavoratori dipendenti con famiglia
Se si è lavoratori dipendenti con un solo figlio a carico l’incidenza percentuale dell’aumento è inversamente proporzionale al livello di reddito ( 0,33% per un reddito annuo di 15.000 euro, 0,30% per un reddito di 55.000 euro), con valori che oscillano tra i 51 e i 113 euro.
Se i figlia carico sono due, l’incidenza percentuale dell’aumento dell’Iva è dello 0,34% su un reddito annuo di 15.000 euro, per diminuire fino a 0,31% su un reddito di 55.000 euro, con cifre che vanno da 61 a 120 euro.
Addio al doppio stipendio anche per i non parlamentari
Doppio stipendio addio per tutti gli incarichi di governo. Con la circolare del 20 luglio 2013 della Ragioneria di Stato e la conversione del decreto legge del 21 maggio 2013, non è più possibile il cumulo degli stipendi.
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Fino ad ora, infatti, chi ha incarichi al Governo italiano percepisce due stipendi. Uno è quello previsto dalla legge 212 del 1952, che prevede per i ministri e i sottosegretari lo stipendio e l’indennità integrativa, l’altro è il trattamento economico per il quale hanno optato come dipendenti pubblici, come sancito dalla legge 1261 del 1965.
Come da Circolare della Ragioneria questo divieto viene esteso anche ai componenti del governo non parlamentari. Per tutti coloro che rientrano in queste categorie, quindi, con decorrenza 22 maggio 2013 per i parlamentari, e a partire dal 20 luglio 2013 (data di entrata in vigore della legge di conversione) anche per non parlamentari.
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I membri non parlamentari dell’attuale Governo Letta – Fabrizio Saccomanni (già direttore generale di Bankitalia), Enrico Giovannini (ex presidente dell’Istat), Flavio Zanonato (sindaco di Padova), Anna Maria Cancellieri (prefetto prima di essere ministro nel governo Monti), Graziano Delrio (ex presidente dell’Anci) e Carlo Trigilia (professore universitario) – perderanno un importo lordo pari a 9.566 euro ciascuno.
Gli effetti del blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici
All’ incirca una settimana fa il Consiglio dei Ministri ha approvato il provvedimento che, sulla base di nuovi tagli alla spesa pubblica, impone il blocco degli stipendi di tutti i dipendenti statali per i prossimi anni, fino a tutto il 2014. Per questi lavoratori, quindi, non ci saranno né rinnovi contrattuali, né scatti di anzianità a breve.
Stipendi statali bloccati fino alla fine del 2014
Gli stipendi dei lavoratori del pubblico impiego non subiranno rinnovi contrattuali fino alla fine del prossimo anno. Il Consiglio dei Ministri ha infatti deciso che le retribuzioni dei lavoratori della Scuola, della Difesa e della Sanità rimarranno bloccate fino a dicembre 2014. Possibili rinnovi dei contratti, dunque, solo nel 2015.
Retribuzioni pubblico impiego bloccate fino al 2014
Il Consiglio dei Ministri ha approvato il regolamento, stilato in occasione della spending review per la Pubblica Amministrazione, che prevede il blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti fino al 2014.
Solo dal 2015 i dipendenti delle pubbliche amministrazioni potranno rivedere i contratti e sperare in un miglioramento del trattamento economico.
► Bloccati gli stipendi dei manager fino al 2014
Il regolamento prevede che saranno estesi dal 2013 al 2014 i seguenti blocchi degli automatismi stipendiali dei dipendenti delle PA:
– i trattamenti economici individuali;
– la riduzione delle indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei ministri e l’individuazione del limite massimo per i trattamenti economici complessivi spettanti ai titolari di incarichi dirigenziali;
– il limite massimo e la riduzione dell’ammontare delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale;
– meccanismi di adeguamento retributivo, classi e scatti di stipendio, le progressioni di carriera comunque denominate del personale contrattualizzato e di quello in regime di diritto pubblico.
Con questo regolamento il Governo tenta di duplicare i buoni risultati ottenuti con il blocco del turn over nella Pubblica Amministrazione, che, nel periodo 20122/2012 ha portato ad un risparmio complessivo nell’amministrazione pubblica di 6,6 miliardi al lordo dei contributi. Un risultato ottenuto grazie alla diminuzione del numero dei dipendenti (-120 mila unità, pari al -3,5%) e alla riduzione delle retribuzioni (-,6% per il 2012 e -0,7% per il 2011).