L’evasione fiscale europea vale 1000 miliardi l’anno

 Il problema dell’ evasione fiscale in Europa è stato uno dei temi caldi che i 27 Paesi dell’ Unione allargata hanno discusso ieri pomeriggio in occasione del vertice straordinario dell’ Unione Europea che si è tenuto a Bruxelles.

Oggi a Bruxelles il vertice straordinario UE

Ma a quanto ammonta, in realtà, l’ evasione fiscale dei paesi europei?

A dirlo è uno studio condotto dall’ economista britannico Richard Murphy, direttore della testata “Tax Research”, che pur non basandosi su dati ufficiali, per ovvi motivi inesistenti, ha elaborato delle stime per il gruppo socialista – democratico del Parlamento europeo S&D.

Ebbene, i soldi ogni anno sottratti alle varie autorità fiscali delle nazioni del Vecchio Continente raggiungono ormai i 1000 miliardi di euro.

Evasione fiscale nodo caldo del summit europeo

Solo l’ Italia, che spunta in vetta alla classifica degli evasori, ne sottrae ogni anno al fisco 180 miliardi, ovvero il 27% del totale, che è quasi pari ad un terzo.

Dai dati presentati dalla ricerca anglosassone risulta quindi che ogni anno in Europa 860 miliardi di euro vengono evasi e circa 150 miliardi di euro vengono elusi, in modo tale da ottenere ormai cifre pari all’ intero bilancio europeo per il periodo 2014 – 2020 e pari alla somma dei deficit dei 27 Paesi dell’ Unione Europea.

Il Fisco chiede il pagamento delle tasse anche alle escort occasionali

Chi guadagna deve dichiarare il reddito e pagare le tasse. Una prassi che non cambia per nessuno. Il Fisco non fa sconti neanche a chi svolge un’attività una tantum.

Di conseguenza, neanche le escort occasionali sono esentate dal pagamento delle tasse.

Coloro che svolgono prestazioni occasionali con un cliente abituale, dunque, rientrano nel target di coloro che devono pagare le tasse.

I guadagni ottenuti, pertanto, devono essere tassati come redditi diversi e per tale ragione l’accertamento con il quale l’agenzia delle Entrate ha contestato ad alcuni contribuenti il mancato pagamento Irpef è fondamentale.

A stabilirlo è la Commissione tributaria regionale della Liguria, il corrispondente della Corte d’appello per quanto riguarda le controversie con l’amministrazione finanziaria. La sentenza 44/1/2013 conferma la precedente decisione di primo grado e dà ragione all’agenzia delle Entrate che aveva analizzato redditi e immobili di una donna di nazionalità rumena e si era resa conto di come fossero sproporzionati rispetto a quanto effettivamente indicato nella dichiarazioni dei redditi.

Decisivi sono stati gli accertamenti finanziari, ovvero i controlli sui conti correnti della Escort.

Stiamo parlando di fatti relativi al 2000. All’epoca sono stati rilasciati a favore della donna alcuni versamenti in contante, naturalmente con la lira, su un conto della diretta interessata. Versamenti che la donna non è stata in grado di dimostrare.

Il Fisco ha invece tenuto in conto una dichiarazione raccolta dalla Guardia di Finanza e riportata in allegato all’atto di accertamento. Da quella dichiarazione risiltava, infatti, che un cliente regalava a fronte di incontri con la donna con la cadenza di circa due volte al mese una somma variabile tra un milione e un milione e mezzo di lire.

Crescita italiana e nuove tasse

 L’Italia deve ripartire e per farlo deve tornare a crescere. Peccato che nelle condizioni attuali del paese, questa eventualità è molto remota, soprattutto se si considera l’emergenza fiscale che interessa gli italiani. Non è soltanto una questione di IMU. C’è invece da considerare anche la baraonda legata all’IVA e alla TARES.

Difendersi dai cambi in corsa sull’IMU

Per l’IMU, infatti, sappiamo che se il Governo non farà le riforme necessarie entro 100 giorni, quindi entro il 31 agosto 2013, a settembre dovremo pagare la prima rata dell’imposta sugli immobili, senza sconti e senza revisioni.

Considerando IMU, IVA e TARES, quindi, si parla in toto di stangata e molti analisti dicono addio alla crescita. L’aumento dell’IVA è da considerare molto “pericoloso per i consumi” visto che va ad incidere sul 70 per cento dei consumi totali. Costerà annualmente, per il 2013, circa 2,1 miliardi di euro. Questa la stima fatta dalla CGIA di Mestre. Ogni famiglia, dunque, dovrà pagare molto più dei 135 euro di rincari previsti e il crollo dei consumi non è più così lontano.

L’aumento IVA ci sarà o no?

Ad ogni modo, considerando anche la maggiorazione della TARES a dicembre, le famiglie italiane dovrebbero spendere annualmente circa 734 euro in più: 45 euro di aumento per la tariffa sui rifiuti, 207 euro per l’aumento dell’IVA e poi 480 euro per l’aumento dell’IMU. La stima è sempre fornita da Federconsumatori.

L’aumento dell’aliquota IVA potrebbe abbattersi sul fisco

 Proprio in queste ultime ore l’ Ufficio studi di Confcommercio e la Cgia di Mestre hanno reso note le stime relative ai rincari che il futuro aumento dell’ aliquota IVA imporrà sul bilancio annuale delle famiglie italiane. Con il passaggio dell’  IVA  al 22%, infatti, si aspetta un aggravio di almeno 135 euro per nucleo familiare.

L’aumento dell’aliquota IVA potrebbe abbattersi sul fisco

Ma se da un lato le associazioni dei consumatori mettono in guardia rispetto alle conseguenze negative che potrebbero abbattersi sul mondo dei consumi e su quello delle imprese italiane all’ introduzone di questa misura, dall’ altro la Confesercenti lancia l’ allarme sulla possibilità che anche lo stesso gettito fiscale ne subisca un grave danno.

Per il Codacons i carrelli della spesa sono sempre più vuoti

Secondo le stime diffuse dal presidente Marco Venturi, infatti, le entrate del fisco italiano, piuttosto che aumentare di 3 miliardi come previsto dal Governo Monti,  potrebbero subire una riduzione di 300 milioni.

Le stime ufficiali su cui è stato calcolato l’ incremento delle entrate sono, a detta di Confesercenti, calcolate su una quota pari di beni venduti. Ma molti prodotti hanno già fatto registrare importanti cali nelle vendite, dunque gli ulteriori rincari non favoriranno certo i consumi.

La strada utile sarebbe, invece, quella di ridurre l’ aliquota al 20%, tagliare le spese e gli sprechi pubblici, nonché combattere sistematicamente la corruzione e il sommerso dell’ economia italiana.

Le conseguenze dell’uscita di Equitalia dai Comuni

 In un post pubblicato in precedenza è stato segnalato che a partire da lunedì prossimo, 20 Maggio, in 6000 Comuni italiani, l’ azienda di recupero crediti dell’ Agenzia delle Entrate, Equitalia S.p.a., non sarà più autorizzata alla riscossione coatta dei tributi.

Equitalia fuori da 6 mila comuni italiani

Da lunedì prossimo, dunque, i cittadini in contravvenzione potranno certo strappare finalmente le loro multe, ma questa uscita di Equitalia S.p.a. dai Comuni rischia di costare agli enti locali almeno 2,5 miliardi di euro. Sì, perché sebbene si tratti di un provvedimento annunciato almeno con due anni di anticipo, nel 2011, la maggior parte dei Comuni – cioè più di 4000 – non hanno ancora provveduto a rimpiazzare la società di recupero crediti e quindi tutto fa pensare che presto, senza gli introiti delle multe, le casse delle amministrazioni  locali potranno ritrovarsi completamente vuote.

A questo si deve aggiungere, poi, anche la recente mancanza del gettito della rata IMU, la cui sospensione per i possessori di prima casa e di terreni agricoli e fabbricati rurali è stata ratificata proprio oggi per decreto.

>Ecco il decreto per la sospensione dell’IMU

Un’altra conseguenza , infine, ricadrà inevitabilmente sulle spalle delle amministrazioni, sarà quella del personale: 2000 esuberi negli impiegati di Equitalia addetti agli enti locali significano altri costi – da rimpiazzare – per i Comuni.

A quali prodotti finanziari si applica la Tobin Tax?

 La Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie che è entrata a marzo, con lo scopo di evitare la speculazione finanziaria, si applicherà su tutti gli scambi di azioni sui mercati regolamentati sulla base dei saldi quotidiani, e non quelli di ciascuna operazione.

Le aliquote per le transazioni sui mercati regolamentati

Nello specifico, a partire dal 1° marzo 2013, le azioni saranno tassate con un’aliquota pari allo 0,12% del loro valore di transazione. Dal 1° marzo 2014 l’aliquota scenderà allo 0,10%.

Le aliquote per le transazioni over the counter

Per quanto riguarda gli scambi “over the counter”, ossia le transazioni che avvengono al di fuori dei mercati regolamentati, l’aliquota per la tassazione delle azioni è dello 0,22% per il 2013, mentre scenderà allo 0,2% a partire dal 1° gennaio 2014.

La Tobin tax sui prodotti derivati

La normativa che regola la Tobin Tax prevede che a partire da luglio 2013 la nuova tassa sarà applicata anche sui prodotti derivati ma, a differenza di quanto accade per le azioni, è stato previsto un costo fisso che cresce in base al valore sottostante del titolo e alla maggiore o minore qualità speculativa.

Nello specifico gli strumenti meno speculativi avranno costi che vanno dai 2,5 centesimi di euro ai 20 per ogni operazione, mentre per gli strumenti con maggiore qualità speculativa il costo di ogni operazione andrà dai 12,50 ai 100 euro.

Equitalia fuori da 6 mila comuni italiani

 A partire da lunedì prossimo, 20 Maggio, il sistema di riscossione dei tributi di 6 mila Comuni italiani subirà una modifica fondamentale: la riscossione coattiva delle multe e delle diverse sanzioni non sarà più affidata ad Equitalia S.p.a., la società di recupero crediti che in questi ultimi anni ha gestito e cercato di risolvere i contenziosi e le morosità relative al pagamento dei tributi italiani.

> Alemanno liquida Equitalia da Roma Capitale

Ma da lunedì prossimo, probabilmente con grande gioia di tutti i riottosi nei pagamenti e con grave perdita per l’erario, questo non si verificherà più. La società ha infatti inviato una lettera a tutti i Comuni italiani interessati, che ammontano ad un totale di 6 mila su 8 mila, in cui si dice che a partire dalla data del 1 luglio del 2013 cesseranno tutte le attività di riscossione da parte dell’ azienda, così come previsto, del resto, ormai da due anni a questa parte, dal decreto Sviluppo varato dal Governo Berlusconi nel giugno del 2011. Decreto che ovviamente ormai in pochi ricordano, ma che sarà presto operativo.

> Equitalia concede la rateizzazione dei debiti fino a 50 mila euro

I Comuni sono quindi invitati, a meno di non sostenere poi i relativi costi amministrativi senza trarne benefici, a non inviare più ad Equitalia le cartelle relative alle multe. Resta però il fatto che i sindaci non hanno alcuno strumento operativo per rimpiazzare il ruolo svolto dalla società di recupero crediti.

Equitalia punta su sensibilità e dialogo

 Una lettera dell’ amministratore delegato di Equitalia, Benedetto Mineo, ha recentemente fornito ai dipendenti dell’ azienda le linee di condotta da applicare nell’ immediato futuro nei confronti di utenti e cittadini. In accordo con quanto già annunciato dai vertici aziendali in precedenza in merito alla volontà di presentare all’ utenza una agenzia dal “volto più umano”, ora, il numero uno di Equitalia invita gli impiegati degli uffici a rafforzare il dialogo con i cittadini e a valutare con sensibilità caso per caso.

> Equitalia annuncia novità nelle procedure

Le nuove direttive emanate dall’ agenzia di riscossione vengono dunque incontro a quel persistente ed esteso disagio economico che da molti mesi si vive in Italia a causa della crisi e che non permette più, purtroppo, anche ad una società che si occupa della riscossione e della contestazione dei debiti fiscali, di non tenere conto delle situazioni individuali che possono essersi venute a creare nel periodo di congiuntura economica negativa.

Equitalia concede la rateizzazione dei debiti fino a 50 mila euro

Lo spunto per questa revisione delle prassi aziendali è stato forse fornito dal caso a lieto fine di cui è stato protagonista un piccolo imprenditore pugliese che, sommerso dai debiti, aveva minacciato il suicidio, ottenendo quindi la vicinanza dell’ azienda incaricata della riscossione in un momento di particolare difficoltà. Equitalia conferma dunque in questo modo la propria professionalità, imparzialità e umanità.

I tagli all’editoria salveranno le sigarette elettroniche

 Una soluzione tutta italiana per risolvere il problema della mancanza di risorse per il pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione.

Se all’inizio, infatti, si era ventilata la possibilità di far cassa con l’applicazione dell’accisa sul tabacco anche sui prodotti contenenti nicotina o sostitutivi della nicotina, ossia le tanto famose sigarette elettroniche per adeguare le tasse su questo prodotto a quelle delle sigarette tradizionali, le rimostranze arrivate dai rivenditori delle e-cig hanno portato i relatori del governo a cambiare direzione.

► Una nuova tassa sulle sigarette elettroniche?

L’emendamento presentato è stato riformulato e sono state indicate come coperture alternative l’editoria e l’8 per mille.

 

Nuovi tagli in vista, quindi, per il settore dell’editoria che è già sull’orlo del collasso (la vicenda RCS parla chiaro): dal 2015 saranno tagliati 17,35 milioni dei fondi stanziati per l’editoria, che diventeranno così 144 milioni.

Ma i tagli previsti da questa nuove versione dell’emendamento non riguardano solo questo settore: saranno, infatti, tagliati 10 milioni nel 2014 e 5 milioni nel 2015 del fondo Ispe (il fondo per gli interventi strutturali di politica economica) che era stato introdotto nel 2005 proprio per la riduzione delle tasse; 700 mila euro nel 2014 e 4,8 nel 2015 saranno tagliati al Ministero del Lavoro e 4,3 milioni nel 2014 e 15,5 per il successivo saranno tolti al Ministero degli Affari Esteri.

► Continua la crisi dell’editoria

L’ultimo taglio è di altri 20 milioni e si ripercuote sui 111,8 milioni di euro stanziati per gli aiuti pubblici in favore dei Paesi in via di Sviluppo.

 

Una nuova tassa sulle sigarette elettroniche?

 E’ stato recentemente presentato dai relatori del decreto sui debiti della Pubblica Amministrazione un emendamento che vorrebbe l’ introduzione di una tassa al fine di recuperare ulteriori risorse: quella sulle sigarette elettroniche.

Il testo dell’ emendamento, che per ora si trova ancora sotto forma di bozza, prevederebbe la tassazione di prodotti contenenti nicotina o sostitutivi del tabacco, quindi andrebbe, in pratica, a imporre la vecchia accisa sul tabacco anche a prodotti che in realtà non lo contengono.

> Accisa

Dalla tassazione dei prodotti sostitutivi del tabacco come le sigarette elettroniche, lo Stato potrebbe recuperare qualche milione di euro, cifre che, in tempi di grandi ristrettezze e di grandi recuperi, servirebbero comunque a fare cassa, anche se l’ ammontare specifico dei debiti della Pubblica Amministrazione si aggira intorno ai 40 miliardi. E’ per questo motivo che di tale provvedimento si era già parlato in aprile.

Le sigarette di contrabbando rubano un miliardo l’anno allo Stato

L’ altro motivo per cui se ne continua a parlare, nonostante il piede di guerra su cui si sono posti immediatamente i venditori delle sigarette elettroniche, è il fatto che lo Stato italiano deve cercare di recuperare quei 200 milioni di euro circa che le e-cig hanno mandato in fumo all’ erario, facendo improvvisamente calare le vendite delle sigarette tradizionali. L’ ultima parola sulla questione, tuttavia, assicura Beretta, sottosegretario all’ Economia, spetta ai Monopoli di Stato.