Susanna Camusso chiede di detassare gli stipendi prima dell’estate

 Sono 600 ogni anno gli euro che vengono sottratti agli stipendi degli italiani per far fronte alle richieste sempre più esose del fisco e al continuo crescere dell’inflazione. È quanto emerge dai dati del rapporto La dinamica salariale tra inflazione, federalismo e fiscal drag curato da Cer (Centro Europa ricerche), dalla Fondazione Di Vittorio e dall’Ires Cgil.

► 9 milioni di disoccupati nel 2012, per la CGIL si tratta di un anno nero

Alla presentazione era presente anche Susanna Camusso, segretario della CGIL, la quale, data questa situazione così complicata, propone di trovare delle soluzioni immediate per aiutare le fasce della popolazione che si trovano in difficoltà.

Susanna Camusso propone una soluzione temporanea, che può arginare il problema nell’immediato, prima che le condizioni siano favorevoli a mettere in atto un piano organico e strutturato: la detassazione di una mensilità per i lavoratori dipendenti prima dell’estate:

Prima dell’estate venga data una restituzione del tanto prelievo fiscale che c’è stato: non tassare o tassare meno una mensilità, prima dell’estate, per dare due soldi alle famiglie per andare in ferie.

Più facile a dirsi che a farsi. Come anche la seconda soluzione proposta dal segretario, ovvero quella di ripristinare la norma sul fiscal drag così com’era prima del 1985, in modo che le variazioni dell’inflazione non incidano sullo stipendio.

 

► Camusso giudica negativamente il primo anno di Governo Monti

Poi la Camusso si rivolge direttamente al prossimo governo chiedendo una seria riforma fiscale:

Serve più equità e redistribuzione. Oggi la tassazione avviene solo sui redditi certi e visibili, non sui grandi patrimoni. Le tasse non possono essere sempre il combinato tra Irpef e Iva, bisogna spostare la tassazione su ciò che è meno tassato. Va evitata la perdita di ulteriore potere d’acquisto.

600 euro di stipendio perso ogni anno a causa delle tasse

 Inflazione e fisco stanno mettendo in ginocchio gli italiani. La loro azione sugli stipendi degli italiani continua inesorabilmente portando a perdite di centinaia di euro ogni anno.

► L’inflazione pesa più dell’Imu

E’ quanto emerge dal rapporto La dinamica salariale tra inflazione, federalismo e fiscal drag curato da Cer (Centro Europa ricerche), dalla Fondazione Di Vittorio e dall’Ires Cgil. Il rapporto è stato presentato questa mattina alla presenza del segretario della Cgil Susanna Camusso.

Il periodo che è stato preso in considerazione nel rapporto è quello che va dal 2001 al 2013: i dati mostrano come in questo decennio abbondante ci siano stati diversi profili temporali, un primo, tra il 2001 e il 2007, durante il quale gli stipendi sono cresciuti anche di 5 punti ogni anno, seguito da una seconda fase, dal 2007 e il 2013 in cui la crescita è stata sempre negativa.

Prendendo in considerazione tutte le variabili del caso gli stipendi degli italiani hanno mostrato una flessione di oltre l’1% nell’arco di dodici anni.

Gli stipendi di italiani tra i più bassi d’Europa

A pesare sui salari il prelievo fiscale, tra mancate correzioni e inasprimenti delle addizionali regionali e comunali, che ha portato alla triplicazione delle imposte sui salari per un prelievo ingiustificato che alla fine di quest’anni supererà i 10 miliardi di euro.

L’aumento contributivo, in termini di soldi e non di percentuali, è stato di 500 euro all’anno per i single e di ben 600 per le persone sposate.

Scoperta una evasione internazionale di circa 60 milioni di Euro

Un’evasione fiscale internazionale di circa 60 milioni di Euro è stata scoperta dalla Guardia di Finanza di Torino. La struttura operativa della multinazionale torinese è in Irlanda e in cinque anni ha fatturato circa 60 milioni di Euro senza nessuna comunicazione al fisco.

Le indicazioni fiscali dell’Ocse per l’Italia

La multinazionale si occupa della realizzazione e della vendita di prodotti in plastica che sono nel mercato di tutto il mondo.

L’azienda acquistava le materie prime che però venivano lavorate da un’azienda irlandese cui venivano cedute. L’azienda irlandese è controllata da quella italiana e la lavorazione avveniva in Irlanda. I prodotti arrivava vano poi in Italia per essere messi sul mercato a prezzo superiore.

 

Corte dei Conti su fisco e corruzione

 

La maggior parte dell’attività lavorativa dell’azienda si sviluppava quindi in Irlanda, dove la tassazione sul reddito di impresa è al 12,50%. In cinque anni di attività quindi la multinazionale torinese è arrivata a circa 60 milioni di Euro di guadagni conseguiti all’estero. Per la Guardia di Finanza questi redditi dovevano essere dichiarati in Italia.Le indagini hanno dimostrato che l’azienda irlandese non è un soggetto autonomo, quanto piuttosto una parte dell’azienda italiana. In questi casi c’è l’obbligo di fare la dichiarazione di tutti i redditi percepiti sia in Italia che all’estero. Le tasse pagate in Irlanda potranno comunque essere riconosciute dal Fisco italiano nel calcolo di quanto dovuto dalla multinazionale torinese.

Il rischio “sequestrer” per gli Stati Uniti

Gli Stati Uniti si ritrovano di nuovo davanti al problema del deficit e al rischio dei tagli automatici alla spesa. Qualche mese fa a tenere in allarme la politica americana era il Fiscal Cliff, il precipizio, ora c’è il “Sequestrer”, che riguarda appunto i tagli indistinti per bloccare il deficit.

Negli Stati Uniti un piano per abbassare il deficit

I Repubblicani e i Democratici cercano un accordo e si preparano delle proposte da condividere, ma ognuno ha i suoi interessi da difendere. Gli eventuali tagli automatici riguarderebbero per circa la metà le spese della difesa e i militari e le lobby a essi legate sono sul chi va là.

L’obiettivo della politica è quindi quello di trovare un accordo ed evitare i tagli automatici. Se l’intesa non sarà trovata, all’inizio di Marzo i tagli scatteranno quindi in maniera automatica. Questi tagli automatici sarebbero un problema per l’economia e metterebbero a rischio circa 750 mila posti di lavoro. Per l’accordo è quindi una corsa contro il tempo un po’ come era stato per il Fiscal Cliff alla fine di Dicembre.

In una situazione economica in ripresa, ma non ancora stabile, questa situazione rischia di dare grandi problemi.

Il piano sui tagli che è stato deciso è stato rimandato per la sua approvazione visto che è abbastanza impegnativo. Si cercano soluzioni più chiare e si ragiona sulla “Buffett rule”, cioè una tassa del 30% per gli americani con i redditi più alti. In questo caso però l’accordo con i repubblicani è più difficile.

Lettera di Berlusconi sulla restituzione dell’Imu è una truffa secondo Il Pd

La campagna elettorale sta finendo con le elezioni politiche che ci saranno Domenica e Lunedì. Una delle protagoniste di questa campagna elettorale è stata l’Imu che tutti i partiti hanno dichiarato di volere ritoccare, abbassare o eliminare. Quello che si è dichiarato circa l’eliminazione dell’Imu è stato Silvio Berlusconi, che ha ricevuto anche critiche e accuse da più parti.

A Portofino si paga l’Imu più alta d’Italia

Berlusconi ha parlato di restituzione dell’Imu, anche se non è chiaro dove troverà i fondi per questa operazione e quindi se è solo una promessa elettorale. Ora Berlusconi ha anche inviato una lettera agli elettori con tanto di indicazione di mittente, e la scritta in grande “Avviso importante rimborso Imu 2012”. Una trovata che ha scatenato la rabbia degli altri partiti e candidati a queste elezioni. Molti parlano di truffa, mentre Berlusconi continua nella sua campagna elettorale aggressiva nella speranza di recuperare il consenso.

Oltre alla lettera sulla presunta restituzione dell’Imu, dove c’è scritto “modalità e tempi per accedere nel 2013 al rimborso dell’Imu pagata nel 2012 sulla prima casa e sui terreni e fabbricati agricoli”, le persone hanno ricevuto anche una seconda lettera. Questa spiega quello che ha fatto Berlusconi nei suoi governi precedenti.

Una mossa ardita che, come detto, ha suscitato la rabbia degli altri partiti. Bersani a parlato di “imbroglione”, la Finocchiaro di “una truffa peggiore del contratto con gli italiani” e Zanda di “un imbroglio diretto a ingannare gli italiani onesti e in buona fede”. Casini dice agli italiani di rispedirla al mittente e Mascia, candidato alle regionali del Lazio nelle liste di Rivoluzione Civile, ha detto: “Domani mattina alle 12 presenterò alla Procura della Repubblica di Roma un esposto per chiedere l’eventuale verifica di voto di scambio”.

Mediobanca calcola il costo delle promesse elettorali

 Secondo Mediobanca il governo che uscirà dalla tornata elettorale prevista per il prossimo fine settimana non avrà lunga vita e il suo esito si fa di giorno in giorno più incerto. Lo dice Mediobanca Securities e trova d’accordo anche diversi broker internazionali, che già da tempo stanno monitorando quanto accade in Italia.

► I programmi elettorali per i quattro temi caldi dell’economia

Cambiano i pronostici. Se a novembre Bersani sembrava essere il favorito, ora una sua vittoria sembra sempre meno probabile. Gli analisti economici concordano nel dire che potrebbe verificarsi una coalizione Monti-Bersani, che potrebbe anche accogliere i voti di alcuni dei partiti minori, ma, come spesso visto nella storia politica italiana, coalizioni troppo eterogenee hanno vita breve.

A minare la sicurezza della vittoria di Bersani c’è sicuramente il Movimento a Cinque Stelle capitanato da Beppe Grillo, che potrebbe ricevere il 20% dei voti, il che sarebbe un ulteriore fattore di indebolimento per Bersani.

► Obiettivo occupazione: le proposte dei partiti in lizza per le elezioni

Oltre ai pronostici lo studio di Mediobanca Securities ha anche fatto una stima di quanto costano le promesse dei politici. Tutti, nelle loro campagne elettorali, hanno parlato di riduzione di una o più tasse, per un costo complessivo per le tasche dello stato di circa 150-225 miliardi di euro.

► Obiettivo Welfare: le proposte dei partiti in lizza per le elezioni

Questo dimostra l’impossibilità di mantenere le promesse per i partiti e avvalora la teoria di un governo breve, affossato dalle sue stesse fatue promesse.

Le bollette italiane di luce e gas sono le più care d’Europa

 A rendere particolarmente esose le bollette di luce e gas in Italia non è il costo della materia in sé, bensì quello del servizio. Un costo maggiore di circa il 20% rispetto alle fornitrici dei restanti paesi europei, che si traduce in un costo aggiuntivo per gli italiani di 330 euro.

► Robin tax scaricata sui consumatori

A dirlo è un’indagine realizzata da Facile.it che evidenzia come il costo medio per i due servizi in Italia sia mediamente di 1.820 euro, un costo sul quale pesa in maniera determinante la voce tasse delle bollette, mentre il costo della materia prima sembra essere in linea con quello delle altre nazioni.

Nel caso del gas la spesa per una famiglia media italiana è di 1.300 all’anno (spesa calcolata su un consumo di 1.400 metri cubi), con un costo del gas pari a 0,93 euro. Se il gas costasse come negli altri paesi, ossia mediamente 0,75 euro a metro cubo, potrebbero essere risparmiati ben 260 euro ogni anno.

Stesso discorso per l’elettricità: la stessa famiglia tipica italiana ogni anno spende 520 euro per un consumo di 2.700 KWh, per ognuno dei quali in Italia si paga 0,191 euro, mentre in paesi come Germania, Inghilterra, Francia e Spagna il costo unitario dell’energia è di 0,164 euro per KWh. Se i prezzi fossero allineati a quelli europei si potrebbero risparmiare 73 euro ogni anno.

► In aumento le spese per la casa

Una differenza che deriva dalle tasse che si applicano a queste materie in Italia e che, naturalmente, vengono riversate dai gestori sulle bollette. Il modo per risparmiare, Paolo Rohr, responsabile della Divisione Utilities di Facile.it, è

valutare le offerte del mercato libero per il gas e la luce. Attraverso il confronto delle tariffe gli utenti possono risparmiare sul prezzo della materia prima gas e della quota energia della luce, benché non possano, ovviamente, abbassare i costi addizionali e le tasse riportate in bolletta. Parliamo, ad ogni modo, di un risparmio medio di 150 euro sul gas e di 50 euro sull’energia elettrica.

Per Visco le tasse sono ancora troppo alte

 Ci sono moltissime scadenze all’orizzonte, per quanto riguarda gli appuntamenti con il Fisco e durante il Forex di Bergamo, Ignazio Visco ha ribadito che la pressione fiscale in Italia è eccessiva. Non siamo di fronte a una scadenza vera e propria né tanto meno di fronte ad una normativa fiscale neonata, ma occorre comunque prendere coscienza dei cambiamenti che interessano il nostro paese.

 Le scadenze fiscali mettono a repentaglio le vacanze degli italiani

Secondo Ignazio Visco, infatti, bisogna proseguire sul terreno delle riforme per sostenere con forza la crescita del paese. Attualmente, l’Italia, è osservata speciale dagli organismi internazionali e dagli investitori esteri che vogliono essere sicuri, partendo dall’impianto fiscale, che sarà conservano una specie di equilibrio dei conti pubblici.

 Visco interviene su crescita e riforme

La pressione fiscale, dunque, resta importante e resta ad un livello abbastanza alto, tanto che Visco ribadisce l’importanza di alleggerire le imposte sul medio periodo. L’elevato livello di fiscalità che “colpisce” i cittadini, tanto quanto le imprese e le banche, può avere un effetto depressivo.

La crisi, tuttavia, non si è affatto conclusa, né in Europa, né nel nostro paese. L’Italia non può dire di avere alle spalle la crisi finanziaria e le recessioni che l’hanno confermata. Il PIL per esempio, dopo due anni di crisi, si trova comunque ad un livello più basso, 7 scalini più indietro rispetto al 2009.

La Robin Tax scaricata sui consumatori

Dopo che la globalizzazione si è imposta anche in Italia si è parlato di Robin Tax. La tassa di Robin Hood che doveva colpire i ricchi per aiutare la collettività.

Per la Corte dei Conti ci sono troppe tasse

Nel 2008 è stato proposto un provvedimento in cui l’etica doveva essere l’idea ispiratrice. La Robin Tax riguardava alcune tipologie di imprese, ma non mancavano gli scettici. Nel 2011 il Ministro dell’economia Giulio Tremonti, in un periodo di crisi economica, ha inserito la Robin Tax nella manovra bis aumentando l’Ires dal 6,5% al 10,5% ed estendendo i settori che interessano la tassa che erano quelli petrolifero e della produzione di energia.

Quanto spenderanno gli italiani in tasse

Ora l’Autorità dell’Energia Elettrica e del Gas ha mostrato come la Robin Tax ha portato ad uno svantaggio per i consumatori. In 199 casi su 476 è stato dimostrato che la tassa è scaricata sui consumatori.

La relazione sull’attività di vigilanza del 2012 si riferisce ai due anni precedenti e mostra casi in cui la tassa ha portato ad una maggiorazione dei prezzi. L’Autorità dell’Energia Elettrica e del Gas afferma che “è ragionevole supporre che per ripagarsi la Robin Tax gli operatori recuperino la redditività sottratta dal maggior onere fiscale aumentando il differenziale tra i prezzi di acquisto e i prezzi di vendita”. Una situazione che contribuisce a fare aumentare lo spread con una variazione dovuta all’effetto prezzo che l’Autorità indica in circa 0,9 miliardi di Euro.

 

Cameron contro Starbucks

 Cosa c’entra il premier inglese Cameron con il caffè? Nulla, a meno che non si stai parlando del caffè di Starbucks. Il premier inglese, nel suo ultimo intervento al WEF di Davos ha voluto lanciare una frecciatina ad una delle più grandi catene di caffè americane, la Starbucks.

Draghi al WEF: il 2012 anno dell’euro

Sull’onda delle tante polemiche che da più parti si stano sollevando contro le multinazionali -soprattutto quelle tecnologiche, tra cui le più bersagliate sono Apple e Google– il premier inglese ha ribadito che, spesso, le multinazionali del genere approfittano del loro potere per non pagare le tasse.

Se sia vero nel caso della Starbucks ancora non è dato saperlo, fatto sta che dai piani alti dell’azienda sono arrivati commenti molto duri su questa ‘illazione’ del premier e fanno sapere, attraverso la voce di Chris Engskov, direttore della filiale inglese, che se il premier non rivede quanto detto, gli investimenti in programma nel prossimo periodo sul territorio inglese potrebbero anche essere rivisti.

La lotta all’evasione colpisce la tecnologia

La linea di difesa scelta dalla Starbucks è molto semplice: dal momento che la società non ha avuto profitto in Inghilterra non è tenuta a pagare le tasse. Ma il problema è che nell’ultimo rapporto di Starbucks si parla di un profitto globale di 274 milioni, ma nessuno di questi generato in Inghilterra, che nel documento, non ha neanche un prospetto separato.