Contrazione del credito in Italia: le proposte dell’Unione Europea

 Se andate in banca a chiedere un mutuo la risposta che vi sentirete dare dalla maggior parte degli istituti è no. Dato il momento di crisi, infatti, le banche non hanno molta fiducia nella possibilità dei cittadini di restituire quanto concesso e utilizzano i loro capitali per investire in prodotti più redditizi del credito alle famiglie.

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Ma senza credito l’economia, in modo particolare il settore edile e quello immobiliare, non può ripartire e di questo problema si è occupata anche l’Unione Europea.

L’UE ha stilato delle regole che l’Italia dovrà discutere nei prossimi mesi per rendere più accessibile il credito agli italiani.

Le misure europee per il rendere il credito più accessibile alle famiglie e alle aziende europee.

Per dare la possibilità agli italiani di avere un quadro generale dell’offerta bancaria ed essere consapevoli di cosa significhi accendere un mutuo e le responsabilità che ne derivano gli istituti bancari dovranno fornire informazioni più dettagliate sui costi e rischi dell’indebitamento.

Inoltre, l’Unione Europea vorrebbe che in Italia fossero approvati gli standard europei standard europei per la valutazione della solvibilità del credito e, sempre in fatto di standardizzazioni, anche le stime immobiliari dovranno essere in linea con il financial stability board.

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Infine, l’UE chiede all’Italia di provvedere alla formulazione di una norma che dia la possibilità al cliente di recedere dal contratto di mutuo fino a sette giorni dopo la firma dello stesso. Allo stesso modo, sempre per tutelare i consumatori, questi non dovrebbero, come accade adesso, essere costretti all’acquisto abbinato di prodotti finanziari insieme al mutuo.

Prodotto lordo pro-capite: Italia sotto alla media europea

 I dati rilasciati oggi dall’Eurostat confermano ciò che gli italiani sanno già bene: la loro condizione economica è peggiore di quella della maggior parte dei paesi europei.

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Nello specifico si tratta dei dati sulla media del Prodotto lordo procapite: come indicato dall’istituto di statistica, se si prende come media europea di questo dato un valore pari a 100, l’Italia si ferma a 98, mentre tutti gli altri paesi dell’Unione, a parte Spagna e Cipro, la media si attesta a 108.

Quindi, trasformando il tutto in percentuale, la ricchezza degli italiani è del 10% inferiore rispetto a quella che hanno a disposizione i colleghi dell’Unione. Anche la Francia, che in questo momento sta attraversando una difficile congiuntura economica, riesce a rimanere entro la media.

È la prima volta dal 2009 che l’Italia mostra un calo così sensibile del prodotto lordo procapite e dei consumi individuali rispetto agli altri paesi dell’Unione.

Gli altri sembrano stare tutti meglio, con picchi molto positivi del pil procapite per il Lussemburgo, che si attesta al 271% rispetto alla media europea.

Oltre ai dati sul Pil l’Eurostat ha anche rilasciato quelli relativi ad un altro indicatore molto importante, l’Actual Individual Consumption, ossia l’indicatore che tratteggia i consumi effettivi individuali dei beni e dei servizi effettivamente consumati dalle famiglie.

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Per questo indicatore i risultati sono più omogenei rispetto a quelli del Pil, anche se si notano comunque degli alti dislivelli (ad esempio tra  il 48% della Romania e il 141% del Lussemburgo).

I vantaggi italiani dall’ accordo bilaterale USA – UE

 Come anticipato anche nei giorni scorsi, in seguito al vertice tra gli 8 Big del pianeta che si è tenuto in questi giorni in Irlanda del Nord, l’ Unione Europea e gli Stati Uniti d’ America hanno dato il loro assenso alla stipula di un accordo bilaterale relativo al commercio transatlantico.

L’Ue dà ragione alla Francia: la produzione audiovisiva è fuori dalle trattative con gli Stati Uniti

 Era questa l’unica soluzione alla quale si poteva giungere per non impedire alle trattative tra Unione Europea e Stati Uniti per la creazione del libero scambio tra i due paesi non iniziassero neanche.

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La Francia fin dall’inizio, infatti, aveva posto le sue condizioni: si potrà trovare un accordo commerciale solo ed esclusivamente se la produzione audiovisiva – si parla di cinema, una delle colonne portanti della cultura e dell’identità francese –  sarà esclusa da queste trattative.

E, in UE, per questi accordi si necessita dell’unanimità. Quindi, alla riunione di ieri sera, si è giunti all’unica soluzione possibile per il  mandato da affidare alla Commissione Europea per l’inizio dei negoziati con Washington che porteranno all’armonizzazione di norme e standard internazionali per il libero commercio.

Ma non è ancora detta l’ultima parola. A ventilare la possibilità di una futura comprensione nell’accordo anche della produzione audiovisiva e cinematografica è il ministro per gli affari europei finlandese Alexander Stubb, perché c’è sempre la possibilità che la Commissione Europea chieda nuove istruzioni in futuro ai singoli governi.

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L’Italia, invece, è aperta ai negoziati perché, come detto dal vice ministro per lo Sviluppo Economico italiano Carlo Calenda, ne sarebbe il primo beneficiario e soprattutto per il timore di eventuali ritorsioni da parte degli Stati Uniti.

La Francia si mette di traverso al libero scambio tra Usa e UE

 Il governo francese lo ha annunciato: se non si escluderanno dalle trattative tra Unione Europea e Stati Uniti per il libero scambio economico il cinema e i media digitali. La Francia teme che una tale apertura porterebbe ad una invasione del suo mercato di pellicole hollywodiane che metterebbero a repentaglio la sopravvivenza del suo cinema e, quindi, di una parte fondamentale della sua identità nazionale.

Le trattative dovrebbero partire a luglio, anche se l’idea di questa apertura risale a circa 30 anni fa, e si configura come una grandissima opportunità per l’Europa che potrebbe giovare del grande mercato degli Stati Uniti per poter risollevare le sorti della sua economia e delle sue aziende.

Ma la Francia questa opportunità la vede come un rischio e condanna la trattativa al fallimento: in Unione Europea tali decisioni richiedono l’unanimità e il voto contrario della Francia equivale ad un nulla di fatto.

Da parte degli Stati Uniti, anche loro avrebbero di che guadagnare da questo accordo, la speranza sta nel fatto che i Paesi dell’Unione Europea possano esercitare una sorta di pressione sulla Francia portandola a rivedere, o quantomeno ad ammorbidire, la sua chiusura.

E se fosse l’euro la causa della crisi?

 Qualche giorno fa Bloomberg ha pubblicato un articolo scritto da tre economisti di fama mondiale che, cercando le ragioni alla crisi che sta attanagliando alcuni dei paesi europei, concordano nel dire che la moneta unica, così come è stata concepita e recepita dai diversi paesi, potrebbe decretare la fine dell’Unione Europea.

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I tre economisti, infatti, partendo dal presupposto che la crisi si è sentita di più in quei paesi nei quali l’economia era già piuttosto debole – Grecia, Spagna, Portogallo, Italia e Ciproconcludono che il problema sta proprio nel fatto che questi paesi in difficoltà non possono recuperare competitività sui mercati perché non possono svalutare la moneta.

Questo finirà per acuire le disuguaglianze tra il nord e il sud dell’Europa, finendo anche per alimentari nuovi sentimenti anti-euro e anti-unione.

È necessario, proseguono gli economisti, fissare il tasso di cambio nominale ed eliminare il rischio valutario, cercando di far convergere, grazie all’euro, le due economie europee verso un punto comune in modo da facilitare l’affluenza di capitali dai paesi con un surplus commerciale verso quelli in difficoltà.

► Per uscire dalla crisi sono necessarie politiche nuove

In sostanza, l’euro, stando a quanto dicono questi economisti, non avrebbe fatto nulla di quanto avrebbe dovuto, ma avrebbe solo acuito il divario di competitività già presente tra il nord e il sud dell’Europa.

L’ Italia verso l’ operazione golden rule

 L’ Italia è da poco uscita in via definitiva dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo impostale dalla Commissione Europea, ma l’ attenzione sulle questioni di bilancio, con un rapporto deficit – PIL appena sotto la percentuale del 3% e un debito che comunque si attesta intorno al 130% del prodotto interno lordo stesso, non può essere allentata.

In arrivo il rating di Dagong per l’ UE

 Per il mondo finanziario internazionale sono in arrivo delle importanti novità a partire dal prossimo 13 giugno. In quella data, infatti, per la prima volta debutterà a livello europeo il rating di Dagong Europe, la società con sede a Milano sin dal 2012, che è stata recentemente autorizzata dall’ Esma ad emettere previsioni e stime a livello corporate sull’ universo economico europeo.

L’Italia salvata dalla Germania

 Nell’ultimo periodo, sul nostro paese, se ne sono dette di cotte e di crude per dimostrare da un lato che l’instabilità politica preceduta alla nomina del premier Letta, ha di fatto accelerato il declino del Belpaese e dall’altro per dimostrare che nonostante quel che si dice in giro, anche in Europa, noi non abbiamo gli strumenti sufficienti per uscire dalla crisi.

L’OCSE parla dell’economia in miglioramento

E’ chiaro che in una situazione del genere acquistano appeal alcuni Bond italiani a breve scadenza che con ogni probabilità saranno rimborsati ma sul lungo periodo l’Italia non è affidabile, a patto che non ottenga qualche aiuto consistente. Una mano tesa, secondo il professor Borghi, dovrebbe essere quella della Germania.

Il professore in questione, infatti, in un discorso tenuto a Bruxelles per la presentazione del Manifesto di Solidarietà Europea, ha detto che il modo migliore per uscire dalla crisi sarebbe un “cambio di posto” con la Germania.

La più grande sfida è l’occupazione

In pratica dovrebbero essere riallineati i cambi tra il nord e il sud in modo che anche le scelte di natura monetaria, possano in qualche modo avere effetto, invece che essere un boomerang per le realtà più deboli come quella tricolore.

Insomma, se l’uscita dall’euro deve essere considerata la scappatoia decisiva, ad uscire dalla moneta unica devono essere i paesi del nord, solo così si salverà anche l’Italia.