Mercati in apertura vogliono dare fiducia agli USA

 Nella mattinata di oggi i mercati nazionali ed internazionali sembrano tornare a sperare o comunque a scommettere su quello che è un possibile accordo tra il partito dei Repubblicani e il partito dei Democratici per quanto riguarda lo shutdown.

Piazza Affari: tutti i dati del 14 ottobre 2013

 Piazza Affari, nella giornata di ieri, è riuscita a chiudere in rialzo nonostante le diverse oscillazioni che si sono verificate durante la giornata. Tra i singoli titoli, il 14 ottobre ha visto una registrazione da record per quanto riguarda le società di calcio, società che sono andate decisamente bene.

Piazza Affari sotto l’influenza degli USA

 Piazza Affari, durante la giornata di ieri, è riuscita ad azzerare completamente le perdite d’innanzi a quella che è stata una mattinata con diverse oscillazioni. La giornata di ieri, infatti, si è conclusa con un rialzo dello 0,19%, rialzo che arriva a un passo dalla quota di 19 mila punti, un livello quest’ultimo che arriva ai massimi dal 26 luglio del 2011.

I singoli titoli hanno avuto diversi esiti, il titolo Mediaset è riuscito a tenere mentre per quanto riguarda Ansaldo la giornata di ieri ha visto gli azionisti molto concentrati su quello che è il riassetto del gruppo della stessa società. Punti da record sono stati registrati dalle società calcistiche, società calcistiche che si sono ritrovate a registrare dati incredibili, come la società della Juventus, ma in particolare la società della Roma e della Lazio che durante la mattinata di ieri sono state sospese per eccesso di rialzo. World Duty Free è andato bene. Un andamento positivo quest’ultimo grazie al Banco Santander che ha avviato quella che è la copertura con rating buy e target price a 9,60 euro, una copertura a fronte di un valore delle azioni sul mercato di 8 euro circa.

I mercati nazionali ed internazionali, comunque, continuano a subire l’influenza del possibile default di una delle principali economie del paese, ovvero quella dell’economia americana. Infatti, il mancato accordo tra il partito dei Repubblicani e il partito del Democratici durante lo scorso fine settimana, ha reso i mercati molto prudenti d’innanzi al possibile default tecnico previsto per la giornata di giovedì di questa settimana. Anche per quanto riguarda il mercato delle valute, gli investitori sono tornati a premiare lo yen giapponese.

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Gli USA frenano le borse mondiali

 Un lunedì mattina difficile per le Borse di tutto il mondo, borse che hanno subito l’influenza degli Stati Uniti. Mancano 10 giorni all’accordo che gli Stati Uniti devono trovare per evitare il default, un accordo sul tetto del debito che deve emergere dalla parte dei Democratici e dei Repubblicani. Se così non fosse, nel giro di altri 10 giorni Washington non sarà più in grado di pagare gli interessi e lo stesso governo rischia di finire la liquidità necessaria a no far fermare il paese.

Piazza Affari conferma la fiducia al Governo Letta

 Piazza Affari subisce nuovamente effetti positivi dalla politica italiana. Oggi, a gran sorpresa, Silvio Berlusconi, dopo le dichiarazioni dei giorni passati, dichiarazioni che avevano influenzato i mecati, ha sorpreso tutti lasciando l’appoggio al governo delle larghe intese. Un mossa, quella del Cavaliere, decisamente inaspettata ma che aumenta la fiducia dei mercati: Milano segna un guadagno del 1,4%; lo spread tra Btp e Bund si assesta a 255 punti per un rendimento decennale italiano del 4,35%. Una situazione politica che ha creato non pochi problemi ai mercati negli ultimi giorni. La scorsa settimana, infatti, le difficile situazione politica all’interno del Governo Letta inciso pesantemente su Piazza Affari. Incerto, invece, era stato l’inizio della settimana, un inizio di settimana che però ha visto la ripresa con la fiducia dei mercati ad Enrico Letta nella giornata di ieri.

Dow Jones cambia faccia: fuori Alcoa, dentro Goldman Sachs

 Cos’è il Dow JonesPrima di capire come si sta trasformando il Dow Jones Industrial Average, cerchiamo di capire di cosa si tratta: il Dow Jones è l’indice più noto della borsa del NYSE (New York Stock Exchange, ovvero la borsa di New York) che raggruppa le maggiori 30 imprese industriali statunitensi in un rapporto al loro prezzo, allo scopo di valutare i ritmi di crescita dell’economia americana.

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La rivoluzione del Dow Jones: chi esce e chi entra

Il difetto principale del Dow Jones è che la sua composizione è limitata a soli 30 titoli (in gergo sono chiamati Blue Chips) che, anche se nel corso del tempo sono variati, non riescono a riflettere l’intero andamento del listino azionario americano.

Per questo la S&P Dow Jones Indices, la società che gestisce l’indice controllata da Mcgraw Hill Financial, ha deciso di rivoluzionare la sua composizione per dare nuovo smalto a questo indice, eliminando dei titoli storici che, però, non sono più rappresentativi dell’industria americana.

Dal 20 settembre, giorno in cui debutterà il nuovo Dow Jones, i 30 titoli azionari del Dow Jones non comprenderanno più: Alcoa, il colosso dell’allumino presente sul listino da ben 54 anni, Hewlett-Packard, il produttore di pc sul listino dal 1997, e la Bank of America.

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Al loro posto subentreranno, rispettivamente, il marchio dell’abbigliamento sportivo Nike, il gruppo di carte di credito Visa e, dopo 5 anni,  Bank of America verrà sostituita da Goldman Sachs.

Gli Usa scommettono sull’Europa: mai così tanti capitali dal 1977

 Nei primi sei mesi del 2013 in Europa sono arrivati ben 65 miliardi di dollari dagli Stati Uniti, sotto forma di investimenti da parte dei principali fondi pensione americani e da varie istituzioni.

Una cifra del genere non si registrava dal 1977 e questo trend ha una sola spiegazione: gli Stati Uniti credono nelle capacità dell’Europa, e delle sue aziende, di uscire dalla crisi e di tornare competitive sui mercati e, a giudicare dal flusso costante di denaro affluito sui mercati europei, gli States credono in una ripresa molto veloce, che dovrebbe arrivare entro la fine di quest’anno.

► Cambio Euro/Dollaro – Le previsioni per settembre 2013

I primi segnali della ripresa, che purtroppo non interessano l’Italia, è stata già tracciata dll’Eurostat, così come anche la rinnovata fiducia dei consumatori. Fattori che piacciono ai grandi investitori americani che, con le loro immissioni di denari, stanno ulteriormente rafforzando i titoli azionari delle imprese del vecchio continente.

Le prospettive, quindi, sembrano essere ottime per l’Europa, grazie anche all’azione diretta ed incisiva di Mario Draghi: dal giugno 2012 le azioni europee sono risalite del 27 per cento; da inizio 2013 il Ftse Mib è salito del 7,4%, il Dax dell’8,5%, il Cac 40 di oltre 13 punti percentuali.

Secondo Hsbc, inoltre, in futuro la situazione potrebbe volgere ulteriormente al meglio, dato che al momento le azioni della zona euro sono ancora sottovalutate del 15% rispetto al loro reale valore nel lungo periodo, discrepanza che si risolverà presto grazie alla ritrovata fiducia degli investitori.

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L’Europa, però, se vuole davvero tornare ad essere un attore economico e finanziario importante deve fare attenzione ad alcune variabili fondamentali: la direzione degli investimenti americani e le sue conseguenze e, soprattutto ora, la possibilità di un attacco Usa in Siria.

La Fed ha annuciato il tapering: di cosa si tratta?

 Per chi non ha dimestichezza con le parole dell’economia e della finanzia, è difficile capire il motivo di tutto il subbuglio che ha creato l’annuncio del tapering da parte di Ben Bernanke, numero uno della FED, durante l’incontro con il Congresso che si è tenuto il 22 maggio scorso.

 Da settembre via al tapering

Una parola, il tapering, che difficilmente si sente in finanza, ma che adesso sta riempiendo le pagine di tutti i giornali. Il motivo è semplice: il tapering è la diminuzione degli stimoli monetari da parte della FED alle economie emergenti. Cosa vuol dire? Vuol dire che la FED non acquisterà più titoli (bond) di paesi emergenti, riducendo così il flusso di denaro che, da sempre, arriva a questi paesi dagli Stati Uniti.

Utilizzando il gergo tecnico, gli Stati Uniti ridurranno il Quantitative Easing (QE), ossia gli investimenti previsti negli annunciati programmi di acquisto di bond. Durante l’incontro del 22 maggio con il Congresso Bernanke ha annunciato che i programmi di Quantitative Easing, che non hanno mai trovato un consenso unanime, potrebbero passare dagli 85 miliardi di dollari previsti a 60/65 miliardi.

Certo, non è che gli USA acquistano titoli e bond di altri paesi a solo scopo di solidarietà, lo fanno perché in questo modo acquistano anche ricchezza, ma, in un momento come quello che sta vivendo l’America, e con lei anche tutti i paesi emergenti, si deve cercare di ridurre tutti i rischi di politica monetaria.

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A patire di più dopo l’annuncio del tapering sono stati i paesi emergenti, che vedranno ridursi sensibilmente il denaro a basso costo da tempo assicurato dagli Usa.

 

Cambio Euro/Dollaro – Le previsioni per settembre 2013

 Durante il mese di agosto il cambio Euro/Dollaro è stato sempre sui massimi livelli, per poi riportarsi verso quote più basse appena è subentrato il mese di settembre. Potrebbe essere questo il trend che seguiranno Euro e Dollaro nei prossimi giorni, ma mai come in questa settimana è difficile fare delle previsioni a lungo termine.

► Le valute maggiormente in crisi

Prima di capire se è possibile fare delle previsioni, magari non a lungo termine, vediamo quali sono i fattori che determineranno l’andamento del cambio Euro/Dollaro (come base di partenza c’è un solo dato già certo, che è quello relativo alle PMI della zona Euro sulla manifattura, che è  risultato di 51.4 punti, superiore a quanto si attendevano gli analisti):

– dati PMI del settore dei servizi: attesi per mercoledì, secondo gli esperti potrebbero essere molto positivi;

– dati sulle vendite al dettaglio nella zona euro, che la BCE vede in crescita dello 0,5%, ma bisogna attendere mercoledì per il dato reale;

– decisioni della BCE sulla politica monetaria, che saranno comunicati in conferenza stampa giovedì, come da tradizione;

– per venerdì sono attesi i dati della bilancia commerciale tedesca; per i quali è atteso un surplus di 15.9 miliardi di euro.

► Da settembre via al tapering

Quindi, prima di poter prevedere come sarà il cambio Euro/Dollaro per settembre, è necessario attendere fino alla fine della settimana, quando la Germania, al momento l’economia centrale dell’Europa, rilascerà i dati sulla sua situazione. Ma le acque sono parecchio mosse anche sull’altra sponda dell’oceano: difficile dire come reagirà il Dollaro alla decisione della Federal Reserve sull’avvio o meno del tapering peril mese di settembre.

Usa e Svizzera firmano l’accordo fiscale

 Si chiama Joint Statement il documento firmato dagli Stati Uniti e dalla Svizzera che mette fine alla controversia sul segreto fiscale tra i due paesi. Non si ancora molto dei dettagli dello storico accordo tra i due paesi, se non che, come previsto, gli istituti elvetici che hanno amministrati capitali americani sottraendoli al fisco, dovranno pagare una multa che potrebbe arrivare al 20/50% del totale dei fondi sottratti a partire dal 1 agosto 2008.

► La Svizzera apre allo scambio di informazioni con i paesi Ocse

L’accordo fiscale impone anche alla Svizzera una totale trasparenza e collaborazione verso il Fisco americano, con l’obbligo di comunicazione delle generalità dei cittadini americani colpevoli di evasione fiscale in Svizzera, le informazioni sui conti da loro detenuti e anche i dettagli dei conti dei cittadini americani che passano, o sono passati, in Svizzera prima di approdare in qualche paradiso fiscale.

Possono aderire all’accordo tutte le banche che non sono state già messe sotto inchiesta dagli Usa – per le quali sono già in corso i processi e i relativi patteggiamenti per le multe – facendo richiesta al governo americano entro il 31 dicembre 2013 se hanno motivi per credere di non essere in regola con il fisco Usa.

 Multe salate per le banche inglesi

Le banche che ritengono di non avere violato il diritto fiscale statunitense e quelle che svolgono solo un’attività locale potranno richiedere tra il 1 luglio 2014 e il 31 ottobre 2014 alle autorità statunitensi una Non-Target Letter, una sorta di carta bianca.