Nuovo accordo USA – Europa sui derivati

 Una volta chiusa e, almeno per il momento archiviata, la questione dei derivati italiani e del loro ruolo sui conti dello Stato, che aveva suscitato molto scalpore alcune settimane fa, si torna a parlare di derivati a livello internazionale

L’ economia americana ha bisogno di politiche accomodanti

 Così come avviene per i mercati europei, che hanno gli occhi puntati sulle decisioni dell’ Eurotower in fatti di politiche monetarie, anche l’ economia americana è decisamente sensibile alle decisioni della FED, la Federal Reserve.

Rallenta la crescita degli Stati Uniti

 Proprio poche ore fa i vertici del Fondo Monetario Internazionale – FMI – hanno annunciato la possibilità che le stime di crescita del PIL mondiale vengano presto riviste a ribasso, dal momento che anche i Paesi emergenti hanno recentemente rallentato il ritmo della loro crescita.

Anche l’economia USA pronta al rallentamento

 Wall Street teme la stretta cineseDopo l’annuncio di un rallentamento dell’economia asiatica, adesso, si cerca di capire quanto questa situazione contingente e grave possa influire sulle altre economie mondiali. Saxo Bank, in questo momento, teme soprattutto per quel che sta succedendo negli USA.

A Krugman non piace l’atteggiamento della FED perché secondo il premio Nobel americano, in questo momento, l’economia americana non è affatto sul viale della ripresa. E la pensa così anche Saxo Bank che prova a fornire una visione più ampia sulla condizione statunitense.

L’indice CFNAI, che sta per Chicago Fed National Activity Index, soltanto nel mese di maggio ha registrato una flessione di 0,30 punti mentre nel mese precedente c’era stata una flessione dello 0,52 per cento. Ad ogni modo, analizzando l’andamento trimestrale dell’indice si scopre che l’economia USA non crescerà come previsto, anzi resterà al di sotto delle aspettative.

Il fatto che l’indice CFNAI sia salito è sicuramente un segnale positivo ma questo non vuol dire che sia riuscito a soddisfare le aspettative degli analisti e degli investitori che invece si aspettavano una decrescita pari soltanto a 0,10 punti. Il miglioramento è reale ma in prospettiva la tendenza alla crescita dell’economia americana è molto ridotta.

Anche l’occupazione cresce sotto le attese, mandando nel panico le borse. Si preannuncia una settimana molto contrastata.

Wall Street teme la stretta cinese

 A rallentare non è più soltanto la Cina ma anche i paesi emergenti tra cui spicca il Brasile. Questo paese del Sudamerica, oggi teatro della Confederations Cup ha accolto la protesta della popolazione contro la scelte del governo che spenderà moltissimi soldi per finanziare la competizione sportiva in corso e poi anche i mondiali di calcio del prossimo anno.

A Krugman non piace l’atteggiamento della FED

Eppure le economie globali non dipendono tanto dai paesi emergenti quanto piuttosto dalla Cina che con il suo rallentamento annunciato ormai dieci giorni fa, sta tenendo con il fiato sospeso le maggiori borse su scala planetaria.

Wall Street è l’esempio lampante dell’interdipendenza delle borse mondiali dall’andamento di quella cinese. Ieri, infatti, le contrattazioni americane si sono chiuse in terreno negativo. L’indice azionario di riferimento, lo S&P 500 ha chiuso la giornata con una flessione dell’1,2 per cento sfiorando i 1.573,09 punti che sono il punto più basso mai toccato da due mesi a questa parte.

La Cina condiziona gli scambi

In flessione anche il Dow Jones che ha perso ben lo 0,94 per cento ed è arrivato fino a 14.659 punti. Non può mancare certo un riferimento al Nasdaq100 che è arrivato a 2.848,20 punti perdendo l’1,03 per cento. Sicuramente ha influito su questi cali anche la decisione della FED sul Quantitative Easing.

A Krugman non piace l’atteggiamento della FED

 L’ultimo meeting della FED ha dato respiro alle borse visto che si temeva un allentamento da parte della Federal Reserve nel momento in cui l’America sembra aver bisogno di sostegno. Le scelte della FED, però, non sono apprezzate universalmente, anzi c’è chi ritiene che ci sia stato un vero e proprio errore di valutazione.

I problemi monetari partono dalla BCE

Ancora una volta a parlare di quello che sta succedendo in Americo è il premio Nobel per l’economia Paul Krugman che sul suo blog, riferendosi all’ultimo meeting della FED, dice:

“Spero di sbagliare, ma questo potrebbe essere un gravissimo errore di proporzioni storiche”.

Una frase che va dritto al cuore di Ben Bernanke, il governatore della Fed che spiega che il piano d’acquisti noto al mondo finanziario come “quantitative easing”, potrebbe concludersi già il prossimo anno. Il mercato non ha sicuramente aspettato a reagire alla notizia: le borse sono colate a picco e tutti i tassi d’interesse sono schizzati ai massimi livelli.

Sale la disoccupazione in America

L’economia degli Stati Uniti, secondo Paul Krugman, è ancora lontana dalla ripresa. Si può avere la certezza di questo assunto semplicemente guardando il grafico della disoccupazione e poi anche quello dell’inflazione dove si nota l’indice molto al di sotto della aspettative.

La FED secondo Krugman dovrebbe aspettare che l’economia USA recuperi il terreno perduto con la crisi e dovrebbe far crescere l’inflazione prima di ogni altra cosa.

I vantaggi italiani dall’ accordo bilaterale USA – UE

 Come anticipato anche nei giorni scorsi, in seguito al vertice tra gli 8 Big del pianeta che si è tenuto in questi giorni in Irlanda del Nord, l’ Unione Europea e gli Stati Uniti d’ America hanno dato il loro assenso alla stipula di un accordo bilaterale relativo al commercio transatlantico.

Nessun accordo tra Svizzera e USA

 E’ sfumato proprio in questi giorni l’ accordo, a lungo cercato, tra la Svizzera e gli Stati Uniti d’ America, in merito alla possibilità che una decina di banche elvetiche, accusate dalle autorità fiscali americane di aver aiutato alcuni cittadini Usa a frodare il Fisco, si sottomettessero al pagamento di una multa da 20 miliardi di euro per risolvere la questione.

Europa e USA verso il libero scambio

 Buone notizie, sul fronte del commercio internazionale, arrivano dall’ Irlanda del Nord, dove in questi giorni si tiene il vertice degli 8 Grandi del Pianeta e dove hanno trovato una prima intesa il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama e i capi di stato europei, Cameron, Van Rompuy e Barroso.

L’Ue dà ragione alla Francia: la produzione audiovisiva è fuori dalle trattative con gli Stati Uniti

 Era questa l’unica soluzione alla quale si poteva giungere per non impedire alle trattative tra Unione Europea e Stati Uniti per la creazione del libero scambio tra i due paesi non iniziassero neanche.

► La Francia si mette di traverso al libero scambio tra Usa e UE

La Francia fin dall’inizio, infatti, aveva posto le sue condizioni: si potrà trovare un accordo commerciale solo ed esclusivamente se la produzione audiovisiva – si parla di cinema, una delle colonne portanti della cultura e dell’identità francese –  sarà esclusa da queste trattative.

E, in UE, per questi accordi si necessita dell’unanimità. Quindi, alla riunione di ieri sera, si è giunti all’unica soluzione possibile per il  mandato da affidare alla Commissione Europea per l’inizio dei negoziati con Washington che porteranno all’armonizzazione di norme e standard internazionali per il libero commercio.

Ma non è ancora detta l’ultima parola. A ventilare la possibilità di una futura comprensione nell’accordo anche della produzione audiovisiva e cinematografica è il ministro per gli affari europei finlandese Alexander Stubb, perché c’è sempre la possibilità che la Commissione Europea chieda nuove istruzioni in futuro ai singoli governi.

► In Francia la disoccupazione sale al 10,4%

L’Italia, invece, è aperta ai negoziati perché, come detto dal vice ministro per lo Sviluppo Economico italiano Carlo Calenda, ne sarebbe il primo beneficiario e soprattutto per il timore di eventuali ritorsioni da parte degli Stati Uniti.