Accordo fiscale tra Svizzera e Usa

 Sta per arrivare l’accordo che metterà fine al contenzioso fiscale tra Svizzera e Stati Uniti. I due paesi potrebbero firmare un accordo che prevede che le banche svizzere siano tenute a rivelare i loro rapporti con i clienti americani potendo mantenere, però, il segreto sui nominativi dei clienti.

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Ma questa apertura non è bastata per agli Stati Uniti che, per mettere definitivamente la parola fine al contenzioso, hanno deciso di far pagare una multa piuttosto salata alla Svizzera – 20 miliardi di dollari  secondo il quotidiano di Zurigo, Blick, 10, invece, secondo il New York Times – che è comunque ancora in via di negoziazione.

La proposta è stata fatta dal ministro delle finanze svizzero, Eveline Widmer-Schlumpf, che ha presentato questa mattina un progetto di legge in tre articoli, chiedendo al Parlamento di approvarlo entro giugno.

Il disegno di legge prevede sì lo scambio di maggiori informazioni, ma una sorta di segreto potrebbe essere mantenuto dato che il fisco americano potrebbe accedere ai nomi dei clienti statunitensi solo con l’apertura di una apposita procedura di assistenza giudiziaria.

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Ad essere rivelati, però, sarebbero i nomi dei consulenti bancari svizzeri, che finiranno così di essere più a rischio dei clienti americani.

Nuove tasse in Usa per le vendite on line

 Al momento è solo una proposta di legge, ma sembra che la Marketplace Fairness Act non avrà problemi a divenire effettiva.

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Dopo che il Senato degli Stati Uniti ha votato a favore dell’introduzione della Marketplace Fairness Act con 69 voti – i contrari sono stati solo 27 – ora la proposta di legge è in attesa di passare al setaccio della Camera. Non dovrebbero esserci grandi problemi anche in questa sede, dove le grandi lobbies dell’e-commerce non dovrebbero disdegnare la possibilità di guadagnare di più.

La Marketplace Fairness Act, infatti, è una tassa che si dovrebbe applicare sulle compravendite online, ma non si tratta di una nuova tassa, bensì di un cambiamento nell’applicazione della tassazione stessa.

Negli Stati Uniti le tasse sulle transazioni on line, infatti, dovrebbero essere pagate dagli compratori finali che, però, spesso non pagano quanto dovuto e il gettito potenziale – circa 23 miliardi di dollari – che dovrebbe arrivare allo Stato è solitamente molto inferiore alle attese.

Per ovviare a questo problema il Governo degli stati Uniti ha proposto che la tassa sia pagata dai commercianti e non più dai compratori finali, accollandosi l’onere di far pagare la tassa direttamente sul prezzo del prodotto.

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Ma, se da un lato questo nuovo metodo di tassazione porterebbe a delle entrate certe, dall’altro, come prevedono Ebay ed Amazon che sono già sul piede di guerra, potrebbe anche essere un deterrente alle vendite e un rallentamento delle attività produttive di tutti coloro che vendono solo su Internet.

Lo stato di salute dell’economia Usa

 Dagli anni ottanta ad oggi c’è una relazione costante e negativa tra l’inclinazione della curva dei rendimenti e l’attività economica degli Stati Uniti.

L’esperto Anthony Doyle, team fixed income M&G, ha dichiarato in un suo contributo che analizzando le differenze tra i tassi sui Treasury a 10 anni e a 3 mesi (nota anche come yield-curve spread) si può calcolare la probabilità di una recessione negli USA nei prossimi 12 mesi.

In base a questa teoria, un inasprimento monetario eleva i tassi a breve termine. Di conseguenza si verifica un appiattimento (o un’inversione) della curva dei rendimenti nel contesto di una decelerazione dell’economia e di un calo della domanda di credito.

In questo contesto, stando così le cose, potrebbero ridursi anche le attese di inflazione.

La ricerca di Doyle dimostra il modo in cui il profilo della curva è riuscito ad anticipare quasi ogni recessione americana dal 1950, eccetto un “falso” segnale che ha preceduto la crisi creditizia e il calo della produzione nel 1967.

La curva dei rendimenti è dunque un ottimo indicatore di recessione. Quali sono le probabilità di una recessione Usa nei prossimi dodici mesi in base al mercato obbligazionario? Per la precisione la probabilità di recessione si attesta intorno al 5,38%. Molti esperti sono pronti a scommetterci, mentre una minima parte non è più molto convinta del potere predittivo della curva dei rendimenti.

La FED non abbandona il QE

 Tutte le speranze dell’America e anche dei paesi che dipendono nel loro business dall’andamento del mercato a stelle e strisce, sono riposte nelle decisioni della FED che come tutte le altre banche centrali deve decidere se stimolare ancora l’economia con una svalutazione del dollaro.

Cala Wall Street dopo i dati macroeconomici USA

Ben Bernanke ha tenuto con il fiato sospeso i mercati che si sono trovati davanti alla decisione forse più ovvia, soltanto dopo le 16, quando il presidente della FED ha tenuto la sua audizione davanti al senato americano. Una mezz’ora d’interazione in cui gli investitori internazionali hanno avuto idea della direzione del mercato.

Il piano monetario contro il dollaro

Il numero uno della FED, dall’aver escluso a priori la possibilità di continuare con il QE, è tornato sui suoi passi e invece di annunciare l’abbandono progressivo del programma ha confermato la volontà dell’istituto che guida a proseguire con il programma d’acquisto dei bond. Si parla di un’iniezione di liquidità di circa 85 miliardi di dollari al mese. Il quantitative easing resta allora invariato.

Bernanke ha spiegato con chiarezza che in questo momento la stretta sulla politica monetaria sarebbe un passo troppo azzardato perché di riflesso ci sarebbe un rialzo dei tassi d’interesse e un rallentamento nella crescita dell’economia.

Le borse americane, preso atto delle decisioni della FED sono rimaste in territorio positivo ed hanno raggiunto i livelli massimi del periodo.

Svizzera risarcirà Usa per evasione delle tasse

La Svizzera è pronta a pagare una multa salatissima. Il motivo? Per anni lo Stato ha aiutato migliaia di cittadini degli Stati Uniti a evadere il fisco.

Ora, è il momento di pagare i danni. La stampa svizzera parla di una sanzione la cui cifra si aggira al miliardo di dollari.

Nell’operazione sono coinvolte molte banche, alle quali Washington ha richiesto di trasmettere i dati. Non solo quelli dei clienti americani sospettati di aver eluso il Fisco, bensì anche quelli dei funzionari complici in questo affaire losco. Il loro, avendo aiutato i cittadini ad occultare i loro averi, è un concorso in colpa.

I media danno la colpa a Eveline Widmer-Schlumpf, Ministra delle Finanze svizzera soprannominata “Lady di Ferro”.

Gli istituti bancari sospettati di comportamenti illeciti, dal punto di vista fiscale sarebbero tredici.

Dal momento che, per alcuni di essi, eventuali pesanti sanzioni non sarebbero sopportabili, come è accaduto in gennaio alla Wegelin di San Gallo (costretta a chiudere i battenti), pare che la signora Widmer-Schlumpf abbia meditato a lungo al fine di proporre un accordo complessivo, riguardante l’insieme della piazza finanziaria.

Cala Wall Street dopo i dati macroeconomici USA

 La seduta di Wall Street di giovedì è stata in calo probabilmente a causa dei dati macroeconomici riferiti all’economia americana, che non sono stati brillanti ed hanno impensierito molti investitori che legano i loro capitali all’andamento finanziario USA.

Importante l’annuncio di un membro del Fomc che ha previsto una revisione della politica monetaria da parte della Fed. Secondo il Fomc, Ben Bernanke tornerà presto sui suoi passi e potrebbe approvare una nuova stagione di quantitative easing.

I traders sono in via d’estinzione

I segnali macroeconomici, infatti, non fanno sperare niente di buono. Infatti, se solo si considerano le nuove richieste di sussidi di disoccupazione, oppure il tasso d’inflazione core, oppure ancora le nuove abitazioni, è chiaro che l’economia americana non attraversa una fase brillante. La liquidità che la Fed assicura al mercato, quegli 85 miliardi di dollari al mese, sono provvidenziali.

Deludono i marchi tecnologici

I dati macroeconomici sul mercato americano non potevano non avere impatto sulla borsa e così il riflesso dei report su Wall Street si è fatto sentire immediatamente. L’indice Dow Jones, per esempio, ha chiuso a 15.233,22 punti, in calo di 0,28% punti. Nella stessa giornata, però, è stato aggiornato il nuovo record storico che era fissato a 15302,49 punti.

In flessione anche l’indice S&P500 che ha perso lo 0,50% e il Nasdaq Composite che ha fatto registrare una flessione dello 0,18%.

Quando il dollaro investito frutta davvero

 Alcun investimenti fatti in dollari, sono stati capaci di fruttare tantissimo. Negli Stati Uniti, per esempio, gli investimenti nella rete elettrica, hanno generato un ricavo di 2,5 dollari per ogni dollaro investito nel settore.

Il piano monetario contro il dollaro

I fatti da cui trae origine questa deduzione sono i seguenti. Da agosto del 2009 fino a marzo del 2012 sono stati investiti circa 3 miliardi dollari, con la conseguente creazione di 47 mila posti di lavoro e un gettito fiscale di 1 miliardo di dollari.

Questi investimenti hanno riguardato l’American recovery and reinvestment act, un progetto che si è occupato dei progetti per la trasformazione della rete di distribuzione sulla base del modello offerto dalle smart grid, cioè le reti intelligenti.  Queste sono in grado di gestire i picchi e i sovraccarichi di tensione senza interrompere l’erogazione dell’elettricità, anzi rendendola più efficace.

Morgan Stanley sul mercato valutario

Con i programmi di stimolo finalizzati a questa particolare categoria socio-economica, sono stati creati dei posti di lavoro, si è creato un vero mercato di dimensioni regionali di cui hanno beneficiato un buon numero di aziende attive nel settore della componentistica wireless, del materiale elettrico, dei gruppi IT, delle società di consulenza tecnica.

Secondo un editorialista di Italia Oggi, indirettamente hanno beneficiato dell’investimento nelle smart grid anche gli imprenditori del settore immobiliare, di quello della ristorazione, dei servizi alla persona.

Alla fine dei conti i 3 miliardi investiti hanno generato un valore della produzione di 6,83 miliardi dollari. 

Negli USA torna la fiducia dei consumatori

 Gli USA, nell’ultimo report sulle vendite al dettaglio, sono andati meglio del previsto e questo ha fatto immediatamente pensare che l’economia americana sia in una fase di slancio, nel pieno della ripresa.

I market mover del 14 maggio

Le vendite al dettaglio negli USA sono cresciute dello 0,1 per cento a dispetto degli economisti che si aspettavano un calo di 0,3 punti percentuali. Intanto la versione core del report, quella che esclude dal computo delle vendite il comparto automobilistico, si assesta sul -0,1 per cento. Nonostante la negatività degli indici, bisogna comunque riconoscere un miglioramento rispetto ai mesi precedenti.

In Italia a soffrire sono soprattutto i consumi

Le vendite al dettaglio, con segno positivo, come abbiamo indicato in apertura, arrivano nel momento migliore. In questo periodo, infatti, è stato scelto che l’imposta sui salari fosse usata per finanziare l’assicurazione sanitaria, di recente portata al 6,2% per i cittadini con un reddito superiore ai 113.700 dollari annui. Precedentemente la spesa per l’assicurazione sanitaria era stata ridotta al 4,2 per cento per sostenere l’economia.

In tutto questo quadro: si può effettivamente parlare di ripresa economico-finanziaria? Sicuramente siamo in una fase crescente e i consumatori possono tornare a spendere qualcosa in più, i prezzi del petrolio sono in costante diminuzione e il mercato del lavoro è in recupero.

Krugman confronta Lettonia e Stati Uniti

 L’austerità è una teoria che in questo momento tutti stanno mettendo in discussione. In primo luogo perché l’algoritmo che aveva giustificato le teorie economiche legate all’austerity si sono rivelate matematicamente erronee. In secondo luogo perché soltanto spostando l’attenzione dai conti pubblici alle riforme è possibile lavorare sulla crescita del paese.

L’austerity criticata dal basso

Ci sono però degli studiosi, come Martin Wolf, che ancora giustificano l’austerità, trovano cioè degli esempi reali del fatto che questa rigida teoria economica funziona. Un esempio lampante, secondo Wolf, è la Lettonia. I temi presi in considerazione sono il PIL che è ancora al di sotto del periodo pre-crisi e la disoccupazione che è ancora ad un livello molto elevato nonostante il flusso migratorio sia molto possente.

La Germania deve ripensare all’austerità

Paul Krugman, però, vuole partire dalla considerazioni di Wolf per allargare la riflessione e spiega che nei paesi Baltici l’aggiustamento economico è più semplice perché siamo di fronte ad economie molto aperte che non possono essere paragonati con le realtà occidentali. Questo vuol dire che in poco tempo è automatico che crescano in modo importante le esportazioni.

Per quanto riguardo il PIL basso e la disoccupazione alta, Krugman spiega che i valori del 2006-2007 erano dettati dalla bolla speculativa e non erano dati reali, per questo è molto complicato fare dei paragoni.