Come USA e Giappone sostengono le borse

 Abbiamo già visto insieme come spingono la crescita gli Stati Uniti e il Giappone e la risposta, da diversi mesi è la stessa: a colpi di svalutazione del dollaro e dello yen. Questo atteggiamento ha influito sul mercato valutario ma non ha praticamente avuto effetto sul mercato, inteso come borse.

In Giappone aumenta il Nikkei e perde lo yen

Anzi, le scelte compiute dalle amministrazioni giapponese e americana, in qualche modo, hanno tenuto a galla i mercati. In America la Fed ha deciso di porre fine al QE facendo presagire che l’economia del paese è in ripresa. Poi è arrivato anche l’annuncio di Obama riguardo gli investimenti pubblici.

Come spingono la crescita gli Stati Uniti e il Giappone

A questa notizia si è aggiunta quella relativa alla Bank of Japon che ha offerto nuova liquidità al paese, svalutando lo yen, nella speranza di far riprendere l’economia. Così la borsa di Tokyo ha toccato i livelli di crescita che non raggiungeva dal 2008.

Anche Wall Street, in questi giorni, sta toccando i suoi massimi livelli. Il tutto mentre l’Europa entra in una nuova fase d’incertezza per via della fragilità dei debiti sovrani. Si attendono però i dati sul mercato del lavoro americano. Oggi saranno pubblicati i numeri sui sussidi di disoccupazione.

Piazza Affari, tanto per fare uno zoom sul mercato italiano, guadagna lo 0,6 per cento e prosegue nella “giusta direzione” come Francoforte, Londra e Parigi. Lo spread è sceso sotto la soglia critica dei 300 punti con i titoli che hanno un rendimento pari al 4,3 per cento.

Come spingono la crescita gli Stati Uniti e il Giappone

 Il Giappone e gli Stati Uniti hanno deciso con le loro rispettive banche mondiali, di partire all’assalto dell’economia internazionale e di svalutare yen e dollaro per sostenere l’economia interna. Una scelta che è stata considerata discutibile dai loro partner, tanto che in Europa si è arrivati a parlare di guerra di valute.

La Fed condiziona il mercato Forex

Il fatto è che l’Europa, dal punto di vista monetario, sembra essere rimasta a guardare quello che fanno gli altri. Lo stesso Draghi ha lasciato invariati i tassi ma non ha detto se ci sono altre azioni preventivate da qui alla fine dell’anno.

Secondo il Fondo Monetario, a questo punto, si può parlare di un mondo a tre velocità che lascia però perplessi molti leader. Il primo tra tutti è Barack Obama che non si rassegna a considerare morente l’Europa. Queste “considerazioni”, però non influiscono sull’andamento dei mercati.

In Giappone aumenta il Nikkei e perde lo yen

Per esempio in Europa, le varie “piazze affari” sono sospinte dall’entusiasmo. Lo spread italiano in calo è preso come simbolo di questa euforia. Poi, nel caso particolare dell’Italia c’è la speranza che entro 50 giorni si formi il nuovo governo.

La banca di Tokyo, intanto, spinge per risollevare l’economia locale che da almeno 20 anni sembra intorpidita da una gestione poco lungimirante delle finanze nazionali.

La Fed condiziona il mercato Forex

 La Fed come anche la Bce riesce a condizionare in modo importante il mercato valutario. In questi giorni a finire sull’ottovolante è stato il dollaro dopo una serie di minute pubblicate proprio dalla Fed.

Il dollaro, però, non è riuscito ad andare oltre la soglia dei 100 yen, probabilmente per il fatto che si aspetta un altra mossa della Fed, magari l’annuncio di una riduzione del piano di acquisto di titoli, il famoso quantitative easing, già alla fine del 2013.

L’evoluzione del cambio euro/dollaro

Se il dollaro oscilla, ci sono delle ripercussioni anche sull’euro e infatti nella mattina dopo le minute della Fed lo scambio si è assestato intorno ad 1.3072 nella sessione asiatica degli scambi. L’euro, in pratica ha perso lo 0,001% rispetto al dollaro, anche se ha contestualmente guadagnato terreno rispetto alla sterlina e perso nei confronti dello yen lo 0,05% del suo valore.

A cosa prestare attenzione per investire nel Forex

Le minute della Fed, ad ogni modo, lasciano intendere che entro la metà dell’anno ci sarà una riduzione del QE con il passaggio entro la fine dell’anno ad un piano d’acquisti pari a zero.

Questi documenti, secondo molti analisti, sembrano molto aggressivi. Altri, interrogati sull’argomento, ritengono che tutto dipende dal fatto che la situazione economica americana è in una fase non positiva e si cercano strumenti per nasconderlo agli investitori.

Bernanke parla della ripresa dell’America

 Se il Vecchio Continente è in crisi, questo non vuol dire che la stessa cosa valga per tutti gli altri continenti e per tutte le altre economie. Anche se i sistemi economico-finanziari sono interlacciati tra loro.

L’evoluzione del cambio euro/dollaro

Non stupisce allora che nello stesso momento in cui Draghi e gli altri leader europei si trovano a posticipare la ripresa dell’Eurozona fino al 2014, Ben Bernanke dichiari invece che l’America è già sul viale della rinascita economica.

Il governatore della Fed, infatti, ha osservato che rispetto alle prime fasi della crisi finanziaria, quelle sviluppate nel 2008-2009, oggi le banche americane si sono irrobustite e sono in grado di sostenere l’economia america in questa fase di ripresa.

Il dollaro in rimonta e cambiano le visioni dell’America

Questo non vuol dire che il peggio è passato, anzi, l’economia statunitense deve ancora fare numerosi aggiustamenti prima di dire che il peggio è passato ma di certo non c’è da alimentare alcuna discussione riguardo la politica monetaria definita dalla Fed.

L’America, tra l’altro, deve fare i conti con quello che succede in Europa dove la situazione economica resta quanto mai complessa visto che ci sono paesi ancora alle prese con la crisi del debito ed altri che stanno già ripartendo. Questo giustifica in qualche modo la politica “tasso zero” della Fed, uno strumento di fondamentale importanza per la ripresa americana e per la diminuzione del tasso di disoccupazione a stelle e strisce.

Fitch taglia tutti

 L’agenzia di rating Fitch non ha fiducia nella possibilità che nel 2013 si riesca ad uscire dalla crisi economica o iniziare la strada che porta alla fine del tunnel.► Fitch abbassa il rating del debito italiano

Prendendo anche spunto dal bollettino mensile della BCE emanato ieri che mette in evidenza come siano ancora presenti degli altissimi margini di rischio recessione per l’economia della zona euro, l’agenzia americana ha deciso di tagliare le stime di crescita per il mondo intero.

Fitch ha rivisto al ribasso le stime di crescita globali per il 2013 e per il 2014, portandole ad un +2,2% per quest’anno, contro il 2,4% precedentemente stimato, e al 2,8% per il prossimo anno (prima la crescita prevista era del 2,9%).

La situazione più problematica, secondo Fitch, è quella dell’Eurozona: per il 2013 il Pil del complesso dei paesi dell’Unione è previsto in contrazione dello 0,5% (la stima di dicembre era di -0,1%) e solo nel 2014 si potrà assistere ad una leggera crescita, stimata all’1%, contro l’1,2% delle stime di dicembre.

► Morgan Stanley abbassa stime del Pil italiano

Meglio, invece, per gli Stati Uniti dove per l’anno in corso è prevista una crescita dell’1,9%, comunque in calo dalla precedente stima del 2,3%. Questo abbassamento è il risultato del sequester, che porterà ad un taglio lineare alla spesa pubblica di circa 85 milioni di dollari, con un’incidenza diretta sul pil dello 0,5%.

 

Niente entusiasmo sul fronte americano

 La Federal Reserve ha pubblicato in questi giorni il famoso Beige Book che da anni è lo strumento privilegiato dagli investitori che vogliono fare fortuna in territorio americano. Peccato che il report, stavolta, non sia così promettente e non incoraggi l’ingresso di capitali nei paesi a Stelle e strisce.

 Mark mover impattanti per le maggiori monete

Il Beige Book della Federal Reserve, infatti, parla dell’incertezza del recupero dell’economia americana che non vuol dire che gli Stati Uniti sono in una fase di recessione, ma vuol dire che il lavoro nel paese migliora in modo troppo limitato.

Il resoconto della FED tiene in considerazione soprattutto quello che è successo nei primi due mesi dell’anno: la crescita del mercato è stata modesta, così come irrisorio il miglioramento del mercato del lavoro, dove a fare la differenza sono le tasse sugli stipendi più alti e il sequestrer inaugurato da Obama.

 Dall’America l’idea del sequester

I tagli alla spesa e l’incertezza sul fronte occupazionale, mettono a repentaglio al salute dell’economia statunitense, per questo è necessario che s’intervenga anche sul fronte monetario. Il Beige Book, infatti, adesso passa nelle mani della banca centrale americana. Si attende di conoscere l’esito della valutazione dello stato dell’arte che farà Ben Bernanke tra il 19 e il 20 marzo prossimi.

La pubblicazione del report ha comunque avuto un effetto immediato sul mercato dove il Dow Jones ha rallentato crescendo soltanto dello 0,23 per cento.

 

Wall Street non basta come traino d’Europa

 Le borse, lo sappiamo benissimo, sono legate a doppio filo l’una all’altra e se per esempio Wall Street mette in fila una serie di risultati positivi, questo comporta un traino sicuro anche per i mercati europei. Stavolta però, la borsa americana non è stata sufficiente a risollevare le sorti dell’Europa che ha chiuso le contrattazioni un po’ più contrastata.

Scende lo spred e vanno bene le banche

In Europa, quindi, i mercati che avevano chiuso nei giorni precedenti con rialzi rassicuranti, non sono riusciti a consolidare il risultato a metà settimana. Il sogno di ripartire, iniziando dalla finanza, si è di nuovo infranto contro il muro delle vendite e della sfiducia degli investitori.

Le elezioni italiane e gli investimenti

D’altronde, dal Vecchio Continente, non arrivano notizie rassicuranti: gli ultimi dati Eurostat sul PIL, parlano di una contrazione dello 0,6 per cento messa a segno nell’ultimo trimestre dell’anno scorso. Nel 2012, quindi, la crescita è stata di molto rallentata. Nel nostro paese, per esempio, Bankitalia è stata costretta a prendere coscienza del fatto che due famiglie su tre hanno un reddito insufficiente a coprire le spese di un mese.

A livello finanziario, ad ogni modo, piazza Affari va meglio delle consorelle europee, trainata dall’entusiasmo per la vendita di La7. C’è stato quindi un crollo del titolo TiMedia, la società cedente, e un aumento delle quotazioni della Cairo Communication, la società che ha acquistato la rete televisiva.

Il FMI trova la soluzione nell’unione bancaria

 Il Fondo Monetario Internazionale, per sé, non ha alcun interesse a raggiungere l’unione monetaria nel paese, anche perché il mercato creditizio americano funziona in modo molto diverso rispetto al mercato europeo. Il Vecchio Continente è il destinatario delle ultime riflessioni del FMI.

► La crisi nella zona Euro non è finita

Il fatto è che in Europa domina ancora l’incertezza politica e monetaria e ci sono alcuni paesi, come l’Italia, che non hanno ancora trovato un accordo sul governo e questo potrebbe mandare all’aria tanti piani dell’UE. Basta pensare a quello che è successo a Piazza Affari nei dieci giorni che hanno seguito le elezioni: sono stati polverizzati 17 miliardi di euro e lo spread è tornato a livelli “imbarazzanti”.

Scatta il tira e molla sui debiti tra UE ed Irlanda

Adesso, mentre si fanno tante ipotesi sui ministri e sul Presidente del Consiglio italiano, il FMI invita tutti a riflettere sull’opportunità dell’Europa di consolidare l’unione bancaria in modo che il programma di acquisti della BCE e la riduzione dei tassi d’interessi, siano efficaci anche in paesi “periferici” come l’Italia e la Spagna.

Per l’Italia, poi, l’auspicio del Fondo Monetario è che si prosegua sulla strada tracciata da Mario Monti. Gli analisti del FMI, infatti, notano che con il suo Governo tecnico, lo Stivale ha acquisito gli strumenti necessari per raggiungere il pareggio di bilancio in termini strutturali. Lo shock legato ad un eventuale ritorno alle urne potrebbe deprimere l’economia del Belpaese.

Wegelin pagherà una multa di 74 milioni di dollari per evasione fiscale

 74 milioni di dollari. Questo è l’ammontare della multa che gli Stati Uniti ha deciso di far pagare alla Wegelin di San gallo, la più antica banca svizzera, per aver aiutato molti facoltosi americani ad evadere il fisco.
► Gli accordi fiscali con la Svizzera

La sentenza è arrivata da Jed Rakoff, giudice distrettuale di Manhattan, ed è la prima volta che gli Stati Uniti prendono una tale decisione, che ha anche rilevanza penale, contro un istituto di credito estero. Secondo il giudice che ha emesso la sentenza la banca svizzera si sarebbe comportata in modo riprovevole.

Un duro colpo per una banca, la Wegelin, che è sempre stata considerata come la punta di diamante degli istituti svizzeri, presa ad esempio anche da tutti gli altri e guidata da un personaggio particolarmente carismatico che ha sempre difeso il modello fiscale svizzero.

Le banche svizzere aspirano i soldi dagli altri Stati. Sono consapevole che non si tratta di un atteggiamento democratico, ma non lo è neppure quello di molti Paesi, nei confronti dei loro contribuenti.

► La legge svizzera contro gli stipendi dei manager

Questo il principio che ha spinto la Wegelin, nel 2009, ad elaborare un sistema fiscale grazie al quale gli americani potevani depositare i loro soldi nella banca elvetica senza essere in alcun modo controllabili dalle istituzioni Usa. Ma alla fine è stato scoperto e ora la banca dovrà pagare 74 milioni di dollari agli Stati Uniti.