Dall’America l’idea del sequester

 Dagli Stati Uniti è arrivato un termine che ha ossessionato la cronaca economica della fine dell’anno scorso fino alla fine di gennaio: il fiscal cliff. Il pericolo del baratro fiscale ha tenuto con il fiato sospeso milioni di americani che hanno infatti rischiato di perdere numerose agevolazioni emanate dall’amministrazione Bush.

► Scattato il sequester degli Usa con tagli per 85 miliardi

Adesso il neo-rieletto presidente Barack Obama sta per lanciare un nuovo termine economico: sequester. E’ facile immaginare che la presidenza americana ha intenzione di restringere il volume delle spese e Obama ha già firmato una legge che impone 85 miliardi di euro di tagli. Il Presidente, in un discorso abbastanza allarmato, ha spiegato che se il Congresso non trova l’accordo sulla proposta dei tagli, la ripresa economica dell’America sarà molto complicata. Gli Stati Uniti dovranno fare i conti con 750 mila posti di lavoro persi.

Negli Usa scatta la sequestration

La legge, per la perentorietà della proposta, è stata soprannominata “sequester”. Si temeva da tempo un’evoluzione simile dei bilanci del paese, ma adesso i tagli alla spesa pubblica americana sono legge. Il primo marzo c’è stato il primo voto in Congresso e non è stato raggiunto l’accordo. I tagli proposti, tra l’altro, valgono per due trimestri fino a settembre ma per risanare le finanze, dicono gli esperti collaboratori di Obama, è necessario operare 1200 miliardi di tagli in 10 anni.

Scattato il sequester degli Usa con tagli per 85 miliardi

E’ allarme per gli Stati Uniti. Come preventivato se il Congresso non fosse giunto, come poi è stato, ad un accordo il primo marzo 2013 è scattato il sequester per il paese, un’operazione di taglio della spesa pubblica per 85 miliardi di dollari che porterà ad un risparmio di 1.200 miliardi in dieci anni.

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Il presidente Barack Obama ha immediatamente lanciato l’allarme per le conseguenze che i tagli avranno sul potenziale di crescita del paese e, soprattutto, sull’occupazione.

Tanto che il presidente ha tentato il tutto e per tutto cercando un accordo dell’ultimo minuto, ma il Congresso è rimasto sulle sue posizioni. Barack Obama ha reagito duramente:

Questi tagli sono stupidi e non necessari. E anche se non causeranno una nuova crisi finanziaria si faranno sentire sulla ripresa e sul mercato del lavoro.

Li chiamano tagli lineari e si abbatteranno su tutti i settori senza alcuna discrezionalità: per il primo anno 47 miliardi di dollari saranno tagliati alla Difesa, 10 quelli dell’assistenza Medicare e i restanti riguarderanno le “spese discrezionali” di Washington.

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Obama ha comunque rassicurato il paese: i tagli avranno un impatto limitato sull’economia a condizione che non si prolunghino nel tempo.

Negli Usa scatta la sequestration

 A partire da oggi, 1 marzo, scatta in America la cosiddetta “sequestration“, ovvero una serie di tagli alle spese delle Agenzie federali che incideranno sul budget complessivo del 2013 per 85 miliardi di dollari.

L’attività del sequester, inoltre, non sarà limitata al solo 2013, ma si protrarrà anche negli anni a venire, cioè per i prossimi dieci anni, consentendo così un risparmio complessivo che alla fine delle operazioni ammonterà ad un totale di 1200 miliardi di dollari.

Ben Bernake difende la FED e la sua politica monetaria

Questi tagli andranno a colpire i 50 Stati americani più il distretto federale di Washington, così come precisato da un dettagliato report sulla faccenda, diffusa dall’amministrazione di Barack Obama. I tagli sono finalizzati al contenimento delle spese federali e all’abbattimento progressivo del debito, che negli Usa ha raggiunto i 16.400 miliardi di dollari.

Il rischio “sequestrer” per gli Stati Uniti

I settori interessati dalla maxi manovra decennale saranno in primis quello difesa e poi a rotazione tutti gli altri. Si inizierà, infatti, proprio nel 2013 con 47 miliardi in meno ai programmi attuati per scopi difensivi, per poi passare alla importante fetta rappresentata dalla sanità, cioè l’assistenza Medicare, che verrà privata di 10 miliardi.

Altri settori interessati dai tagli saranno poi quelli del lavoro, dell’educazione, della disabilità e dell’ambiente, settori che già danno molto da discutere: solo per il 2013 si stimano 750 mila occupati in meno.

Inizia la class action contro la Budweiser

 La birra è una delle bevande maggiormente consumate in tutto il mondo. In America una delle marche più famose, molto conosciuta anche da questa parte dell’oceano, è la Budweiser, una birra bionda e leggera. Forse troppo leggera. Tanto da far sospettare il contenuto di acqua sia maggiore di quello riportato in etichetta.

Per questo i consumatori hanno intentato una class action contro Anheuser-Busch, produttore della birra incriminata, accusandolo di violazione delle norme a tutela del consumatore in vigore in California e Missouri tramite la falsificazione dei dati sul contenuto alcolico del prodotto.

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La denuncia collettiva è stata depositata venerdì scorso al tribunale a San Francisco, dando avvio ad altre due class action in Pennsylvania e in New Jersey, con la richiesta di rimborso a tutti coloro che hanno acquistato un prodotto Budweiser negli ultimi cinque anni.

L’accusa è sostenuta anche dalle testimonianze di alcuni ex dipendenti di Anheuser-Busch che hanno dichiarato che in molti stabilimenti è prassi consolidata aggiungere acqua alla birra appena prima dell’imbottigliamento. Una percentuale minima sul totale del prodotto, ma che consente un risparmio in termini di alcol dal 3% all’8%.

Dalla Anheuser-Busch per ora solo una secca smentita. Così ha commentato il vicepresidente Peter Kraemer

Le nostre birre rispettano completamente le direttive sulle bevande alcoliche il che le rende tra le più vendute negli Usa e nel mondo. Siamo orgogliosi di aderire agli standard più alti.

Ben Bernake difende la FED e la sua politica monetaria

 Ben Bernake, chief della Banca Centrale americana, è intervenuto di fronte al Senato degli Stati Uniti per difendere le sue posizioni e la sua linea di azione, in primo luogo per quanto riguarda l‘operazione di acquisto dei titoli di stati americani in quanto i benefici di tale operazione sono di molto superiori ai costi.La sua è una politica che andrà avanti fino a che il mercato del lavoro americano non avrà ripreso i ritmi naturali e il programma è sostenibile a livello di costi, così come ha dichiarato che la Fed potrà cambiare rotta al momento che riterrà più opportuno.

Il suo intervento si è poi spostato al suo pubblico, i componenti del Senato degli Stati Uniti, e a tutti i parlamentari in genere, chiedendo che si prendano immediatamente delle misure atte a non far entrare in vigore i tagli alla spesa pubblica previsti dall’inizio del prossimo mese.

Sono i sequester, ossia i tagli automatici alla spesa pubblica, che rischiano di mettere in serio pericolo l’occupazione e l’economia in genere del paese, soprattutto perché queste misure si andrebbero ad aggiungere a quelle già messe in atto come l’aumento delle tasse e potrebbero portare ad una brusca inversione di marcia per un’economia, quella americana, che solo da poco sta manifestando i primi segnali di ripresa.

La politica monetaria accomodante può aumentare alcuni tipi di presa di rischio, ma nelle circostanze attuali aiuta a ridurre il rischio nel sistema in generale, e soprattutto rafforza l’economia nel suo complesso. Al momento non riteniamo che i potenziali costi di un aumento delle prese di rischio in alcuni mercati finanziari possano superare i benefici del promuovere una più forte ripresa economica

ha concluso Bernake.

Il rischio “sequestrer” per gli Stati Uniti

Gli Stati Uniti si ritrovano di nuovo davanti al problema del deficit e al rischio dei tagli automatici alla spesa. Qualche mese fa a tenere in allarme la politica americana era il Fiscal Cliff, il precipizio, ora c’è il “Sequestrer”, che riguarda appunto i tagli indistinti per bloccare il deficit.

Negli Stati Uniti un piano per abbassare il deficit

I Repubblicani e i Democratici cercano un accordo e si preparano delle proposte da condividere, ma ognuno ha i suoi interessi da difendere. Gli eventuali tagli automatici riguarderebbero per circa la metà le spese della difesa e i militari e le lobby a essi legate sono sul chi va là.

L’obiettivo della politica è quindi quello di trovare un accordo ed evitare i tagli automatici. Se l’intesa non sarà trovata, all’inizio di Marzo i tagli scatteranno quindi in maniera automatica. Questi tagli automatici sarebbero un problema per l’economia e metterebbero a rischio circa 750 mila posti di lavoro. Per l’accordo è quindi una corsa contro il tempo un po’ come era stato per il Fiscal Cliff alla fine di Dicembre.

In una situazione economica in ripresa, ma non ancora stabile, questa situazione rischia di dare grandi problemi.

Il piano sui tagli che è stato deciso è stato rimandato per la sua approvazione visto che è abbastanza impegnativo. Si cercano soluzioni più chiare e si ragiona sulla “Buffett rule”, cioè una tassa del 30% per gli americani con i redditi più alti. In questo caso però l’accordo con i repubblicani è più difficile.

Negli Stati Uniti un piano per abbassare il deficit

Negli Stati Uniti la questione della riduzione del deficit continua a fare discutere la politica. Ora è arrivata una proposta bipartisan con il repubblicano Simpson e il democratico Bowles che hanno proposto un piano. L’obiettivo del piano è quello di ridurre il deficit di 2.400 miliardi in dieci anni. Si inizia quindi un altro lavoro rapido per evitare il taglio automatico della spesa che potrebbe avere conseguenze non piacevoli per i cittadini.

Fiscal Cliff: perché non basta?

Il piano si centra su un nuovo codice tributario, sull’introduzione di nuovi tagli della spesa per abbassare il deficit degli Stati Uniti.

Fiscal Cliff: ma esiste una soluzione?

Il Wall Street Journal ha riportato la notizia del piano di Simpson e Bowles. Una proposta che arriva mentre il Congresso è impegnato a bloccare l’eventuale “sequester”, cioè i tagli automatici della spesa per circa 85 miliardi di dollari. Questi tagli partiranno dal 1 Marzo se non si troverà un accordo.

Questo piano punta a riduzioni della spesa per 600 miliardi di Dollari con modifiche dei programmi di assistenza sociale e ad altri 600 miliardi che arriverebbero dalla riduzione o dall’eliminazione di una serie di sgravi fiscali. La Casa Bianca deve considerare la posizione dei repubblicani che non sono d’accordo con l’aumento della pressione fiscale. I restanti 1.200 miliardi di Dollari dovrebbero arrivare dalla riduzione delle spese del Congresso.

Google ci riprova con la rete delle vendite

 Chi ama investire in borsa ed è alla ricerca di un titolo che punta al futuro, non può scansare l’ipotesi Google visto che il colosso delle ricerche sta puntando tutto sui progetti caratterizzati dalla più alta dose d’innovazione di sempre. Il bello dell’azienda è la sua volontà di raggiungere capillarmente il pubblico.

In questo Google ha tutto da imparare dal predecessore e rivale Apple che ormai 10 anni fa ha inaugurato i primi Apple Store che diffondono i prodotti del marchio di Cupertino e sono delle vere e proprie pubblicità a cielo aperto. Tutti coloro che erano soltanto interessati alla Mela morsicata, hanno avuto la possibilità di toccarla, di conoscerla dal vivo.

 Entro fine anno Google aprirà i suoi store reali

La strategia di ampliamento del business, delle vendite e della popolarità, sperimentata con successo da Apple è stata poi replicata sul terreno anche da Microsoft e sembra che sia nelle idee di Mountain View.

► Il presidente di Google cede l’1 per cento

I Google Store che sono già online hanno un discreto successo ma sono molti gli acquirenti che vogliono qualcosa in più, che vogliono constatare dal vivo la “specialità” dei prodotti Google. Il passaggio dall’economia virtuale all’economia reale, però, non è sufficiente a convincere gli investitori, che si chiedono anche quale sarà il prodotto di punta.

La risposta è pronta: saranno i Google Glass, gli occhiali per vedere la realtà aumentata.

Scalare un’azienda per vendetta si può

 La scalata ad un’azienda, qualche volta, può essere anche il frutto di una serie di antipatie e rancori personali, covati negli anni e venuti allo scoperto nel momento più profittevole. Rileggendo l’epopea di Herbalife in borsa in queste ultime settimane, potremmo considerarlo un riassunto efficace della situazione.

 Borse tirate in basso dai dati sul PIL

I protagonisti della vicenda, fondamentalmente, sono due: Carl Icahn e Bill Ackman entrambi scalatori di successo nel mondo della finanza. Carl Icahn, forse, è più popolare del suo rivale, visto che a lui si è ispirato il protagonista del film Wall Street, Gordon Gekko.

In questa storia Icahn ha avuto la peggio perché sta rischiando davvero il KO dopo che Bill Ackman con una serie di accuse pubbliche, ha deciso di passare operativamente a contrattacco. Alla radice dello scontro il possesso dei titoli Herbalife, quotati sul mercato americano.

 Apple cede nel giorno in cui cresce Wall Street

Bill Ackman ha deciso di vendere allo scoperto a Wall Street un miliardo di azioni di Herbalife, accusando l’azienda di essere soltanto una “catena di sant’Antonio”. Non è certo l’etica ad aver ispirato il gesto, né la contrarietà recondita rispetto ai prodotti dietetici. Piuttosto è l’ostilità verso Icahn che da parte sua ha reagito comprando il 13% delle azioni di questa società.

Una scalata per vendetta che non impedirà alla Sec di vedere chiaro nel business di Herbalife.

Effetti della fusione tra American Airlines e US Airways

 La fusione tra l’American Airlines e l’US Airways porterà alla nascita della più grande compagnia aerea del mondo. Le due compagnie americane hanno deciso di fondersi per acquisire un maggiore potere economico e commerciale e la decisione non è stata affatto sofferta, anzi approvata all’unanimità dai due Consigli di Amministrazione.

L’AMR Corporation che è proprietaria dell’American Airlines ha detto sì a questo matrimonio e non è stata lasciata sull’altare dal nuovo partner, l’US Airways. Adesso, però, è necessario che le nozze siano ratificate dall’antitrust a stelle e strisce e dai giudici fallimentari che si stanno occupando dell’AMR Corporation.

► Fusione American Airlines – Us Airways

Quest’ultima società, tra l’altro, non è entrata in un periodo di crisi di recente, anzi ha dichiarato la bancarotta nel novembre del 2011 e da allora, in effetti vanno avanti le trattative per la fusione delle due compagnie aeree. L’US Airways, in termini di grandezza, è sicuramente più piccola dell’American Airlines ma avrà da guadagnare molto dalla fusione, soprattutto in termini strutturali.

► Air France smentisce la trattativa

La fusione sarà completa e, nei piani degli attori coinvolti nell’impresa, dovrebbe concludersi entro il 2013. La nuova compagnia, che scaturirà dalla fusione, dovrebbe avere un valore complessivo di 11 miliardi di dollari che in euro equivalgono a 8,2 miliardi.

Il risultato delle fusione sarà che la disponibilità di 900 aerei, 3200 voli ogni giorno e 95 mila dipendenti.