Banca Mondiale chiede riforme e certezze

 Il generalizzato stato di incertezza in cui versano la maggior parte delle economie sviluppate ha messo in allarme la Banca Mondiale, che vede nei problemi fiscali degli Stati Uniti un reale pericolo per tutte le altre economie.

A dirlo è Kaushik Basu, capo economista della Banca Mondiale, che parla di un anno molto rischioso, durante il quale una crisi degli Stati Uniti – in questo momento particolarmente a rischio a causa delle polemiche e degli slittamenti dell’accordo sul tetto del debito che influenza anche le borse mondiali – potrebbe portare a conseguenze ben più gravi di quanto possa fare quello che accade, ad oggi, ad Eurolandia.

Banca Mondiale taglia stime di crescita PIL

Gli Stati Uniti sono la prima economia al mondo e per quest’anno la crescita del paese sarà dell’1,9%, ma la recessione è dietro l’angolo e tutto dipenderà dallo sviluppo della situazione politica, mentre per l’Eurozona è stata prevista una contrazione dell’economia dello 0,1%.

A risentirne maggiormente i paesi in via di sviluppo, i quali, nel frattempo, hanno già evidenziato un rallentamento nella crescita come non succedeva da almeno dieci anni.

Obama preoccupato per il rischio default

La Banca Mondiale parla di un critical divide, ossia una situazione per cui anche se il sentiment degli investitori va migliorando grazie ai provvedimenti che sono stati presi soprattutto nell’Eurozona, le economie sottostanti manifestano evidenti segni di debolezza, che potrebbero venire a galla se la situazione di incertezza attuale non migliora, dando vita ad un’altra serie di rischi finanziari. Basu sottolinea che per le economie emergenti è necessaria la stabilità dell’economia USA, e chiede, quindi, che la situazione di paralisi fiscale attuale venga risolta prontamente con provvedimenti mirati ed efficaci.

Auto e Case trainano economia Usa

L’economia americana sta crescendo, anche se a rilento. Lo afferma la Fed all’interno del primo Beige Book del 2013. In tutti i dodici distretti della Federal Reserve si è verificata una crescita ‘modesta’ o ‘moderata’, la quale conferma un accrescimento dell’attività economica.

Ciò è accaduto in particolar modo nei distretti di New York e Philadelphia, dove si segnala un ‘rimbalzo’ a seguito delle conseguenze negative dell’uragano Sandy.

In tutti i distretti la spesa delle famiglie è cresciuta, al punto da far scaturire un bilancio finale delle vendite di fine anno leggermente più alto rispetto a quello del 2011.

AUTO

La Fed parla dunque, a ragion veduta, di una forte ripresa delle vendite di automobili nuove in dieci distretti su dodici. All’interno del Beige Book, tuttavia, si sottolinea anche come malgrado la cautela dei consumatori a causa delle incertezze provocate dallo stallo nel dibattito sul bilancio federale, rimane positivo il panorama per le vendite future.

TURISMO

Appare particolarmente fiorente anche la situazione del settore turistico, con una crescita dell’attività.

IMMOBILI

In tutti i distretti cresce bene anche il settore immobiliare, fondamentale per l’economia statunitense, in virtù di uno sviluppo positivo dell’edilizia non residenziale, che si riprende da anni di stenti.

 

Individuate le cause del deficit americano

Ci sono ormai un buon numero di elementi per considerare l’andamento dell’economia americana anche se non si può affermare con certezza che gli USA si siano affrancati dal fiscal cliff.

Cosa succede se il tetto del debito americano non verrà alzato

soluzione al default USA un po’ bizzarra: il famoso dollaro di platino.

America: scontro sul tesso al debito

Adesso gli analisti, con maggiore lucidità, pensano ad individuare le cause del debito americano e ne hanno individuate ben quattro. La prima è sicuramente la recessione economica che ha depresso le entrate fiscali dello Stato.

Al secondo posto troviamo gli sgravi fiscali introdotti da Bush molto tempo addietro, circa 10 anni fa, ma pesano sul bilancio – e arriviamo alla terza causa del deficit – anche le spese sostenute per le imprese militari, visto che l’America è ancora impegnata su più fronti, per esempio in Afghanistan e in Iraq. 

L’ultimo elemento tirato in ballo sono le spese sociali, per esempio il medicare e la social security che si preoccupano delle cure per anziani e persone con particolari patologie, oppure delle indennità di disoccupazione, vecchiaia e malattia.

Cosa succede se il tetto del debito americano non verrà alzato

 Obama è impegnato in una nuova ed estenuante lotta contro i repubblicani. Dopo essere riuscito ad aggirare, almeno per ora, l’incubo del Fiscal Cliff, il presidente americano ha, adesso, l’impellenza di convincere i repubblicani ad aumentare il tetto del debito del paese.

Per ora il tetto è fissato a 16,4 trilioni di dollari, ma questa cifra risulta insufficiente per la copertura delle spese che le amministrazione devono affrontare. Quindi, o questo tetto viene alzato, o si dovrà ricorrere a misure drastiche ben più impopolari di quelle prese per evitare il Fiscal Cliff.

► Obama preoccupato per il rischio default

Tra le varie misure che potrebbero essere prese, ci sono tagli generalizzati alla spesa governativa (per circa il 40% del totale), rinvio del pagamento degli assegni del Social Security (le pensioni) e dei contratti per gli appalti della difesa e, in ultimo, cessioni di asset come riserve aurifere o titoli garantiti da mutui.

► Bernanke interviene su tetto del debito americano

Un’altra soluzione meno drastica, e quindi anche meno incisiva, potrebbe essere quella del pagamento rateizzato di quanto sopra, decidendo di volta in volta a chi dovranno andare i soldi che lo Stato riceverà dalle nuove entrate fiscali.

Sono state proposte anche altre soluzioni per superare la resistenza repubblicana all’innalzamento del tetto del debito (i repubblicani potrebbero cedere solo a fronte di ulteriori tagli alla spesa) ma tutte si sono poi rivelate poco efficienti nella risoluzione di quella che è una vera e propria emergenza.

Il tutto si definisce chiaramente nelle parole di Jay Carney, portavoce del presidente Obama:

Ci sono solo due opzioni: il Congresso può pagare i suoi conti o spingere il Paese verso il default.

Obama preoccupato per il rischio default

 Ancora giorni difficili per Barack Obama. Il suo secondo mandato si sta preannunciando molto più difficile del primo e il presidente sta cercando, mettendo mano a tutti i suoi poteri, di arrivare il prima possibile ad un accordo per alzare il tetto del debito americano.

► Bernanke interviene su tetto del debito americano

Non c’è tempo da perdere per Barack Obama. Se il tetto non viene alzato l’economia americana correrà ben più del solo rischio default: potrebbe crollare sotto il peso delle spese che non potranno essere sostenute. Il presidente ha pronunciato parole dure, nel tentativo di spronare i membri della Camera – la cui maggioranza è repubblicana – a trovare un punto di incontro, al massimo entro febbraio.

Se questo non accadrà, a farne le spese saranno i pensionati, che non riceveranno il loro assegno mensile, e i militari, i quanto i tagli alla Difesa impedirebbero, di fatto, di elargire lo stipendio. Obama è deciso a non far accadere nulla di tutto questo e ammonisce:

I pensionati non avrebbero l’assegno mensile e i militari lo stipendio, se vogliono assumersene la responsabilità (i repubblicani), facciano pure.

► Cosa succede se il tetto del debito americano non verrà alzato

Il momento è difficile e quello che potrebbe accadere se non si arriva all’accordo è un vero e proprio disastro. Ma la battaglia si prospetta lunga, anche se non è solo Obama a chiedere di stringere i tempi. Insieme a lui Ben Bernanke, presidente della FED, e Tim Geithner, il Ministro del Tesoro.

 

 

 

Per il dollaro oggi c’è appuntamento con Bernanke

 Il mercato valutario, ogni giorno, è mosso sa una serie di elementi, di pubblicazioni, dichiarazioni o eventi che prendono il nome di market mover. Quelli che in un giorno sono più interessanti da monitorare, riguardano specificatamente dollaro ed euro.

Un po’ di calma sul mercato valutario

Partiamo dalla moneta americana per scoprire che il market mover di oggi è un discorso del presidente Ben Bernanke, atteso in serata. Parlerà all’Università del Michigan e parlerà sicuramente della politica monetaria della Fed che vuole colpire alla radice la crisi finanziaria.

L’economia americana in toto sta per affrontare un periodo molto difficile e quindi ci saranno da monitorare in modo privilegiato ed attento, le mosse delle varie banche centrali che hanno un impatto decisivo sui mercati.

► Fed indecisa sul riacquisto dei bond. I mercati reagiscono male

Per quanto riguarda l’euro, invece, saranno determinanti per l’andamento della nostra moneta unica, la pubblicazione dell’indice dei prezzi all’ingrosso della Germania e l’andamento della produzione industriale in Italia e nell’Eurozona.

Il primo indicatore misura la variazione dei prezzi per i fornitori all’ingrosso e può anticipare in quale modo l’andamento dei prezzi al consumo. Per il momento si prevede un indice positivo, al di sopra delle aspettative degli analisti.

Per quanto riguarda la produzione industriale, italiana ed europea, siamo in un momento di recessione ma secondo gli analisti s’intravede un miglioramento all’orizzonte.

AIG non farà causa al governo degli Stati Uniti

 E’ di ieri la notizia che Hank Greenberg, ex-a.d. della Aig ora alla guida della società Starr International, società che compare tra le principali azioniste della compagnia assicurativa American International Group, avrebbe voluto chiedere un pesante rimborso (intorno ai 25 miliardi di dollari) al governo degli Stati Uniti.

► AIG farà causa al governo americano?

La motivazione della richiesta di Greenberg era molto semplice: le condizioni applicate al prestito erano troppo onerose e il governo degli Stati Uniti ha ottenuto un ottimo guadagno dalla vendita delle azioni della compagnia al momento della sua nazionalizzazione.

In molti hanno storto il naso. Il prestito fatto dalla Casa Bianca è stato il mezzo attraverso il quale la compagnia ha potuto salvarsi da un sicuro fallimento e le condizioni per la restituzione erano state concordate da entrambe le parti. E così è stato e il consiglio di amministrazione di American International Group ha rifiutato in toto la proposta di Greenberg di partecipare alla causa.

► Altri guai per Obama: le compagnie assicurative aumentano i prezzi

Il commento di Robert “Steve” Miller, presidente del consiglio di amministrazione di AIG, è stato molto chiaro e deciso: il prestito fatto dalla Casa Bianca ha salvato il posto di lavoro ai 62 mila dipendenti di AIG e solo grazie a quel prestito è stato possibile ricostruire una grande società.

A oggi AIG ha restituito all’America 205 miliardi di dollari, comprendenti un utile di 22,7 miliardi di dollari. Noi continuiamo a ringraziare l’America per il suo sostegno.

Sulla moneta di platino USA interviene anche MMT

 Si è diffusa la voce che una soluzione bizzarra ma plausibile per il debito americano fosse nella coniazione di una supermoneta, un superdollaro di platino dal valore di 1000 miliardi che gli Stati Uniti potrebbero usare in funzione anti-default.

► Soluzione al default USA

Praticamente ne parlano tutti e già s’immagina il presidente Obama alla FED per il deposito ufficiale del superdollaro. Peccato che molti vedano in questo gesto e in questa soluzione soltanto la base per un periodo di iperinflazione.

In realtà i primi due effetti che avrebbe la moneta di platino sarebbero una vendita di bond da parte delle banche private e poi la rimozione degli interessi passivi con effetto deflazionistico.

► Diminuzione inflazione 2013

La MMT è intervenuta sull’argomento spiegando la differenza tra tecnica e pratica. Tecnicamente è possibile e conferma che la FED non fa altro che monetizzare il deficit. Molti pensano che lo abbia già fatto con il Quantitative Easing che è un duration trade, ma non si basa sulla monetizzazione.

Il rialzo dei prezzi degli asset sarebbe immediato con un impatto inflazionistico molto importante, mentre non è assolutamente vero il discorso legato all’iperinflazione. Infatti l’inflazione si produce soltanto in presenza di un eccesso di spesa. La moneta di platino sarebbe soltanto un quantitative easing di minore entità e durata.

AIG farà causa al governo americano?

 Il ringraziamento di AIG per i 182 miliardi di dollari ricevuti dal governo americano – che l’hanno salvata da un sicuro fallimento – dopo la crisi dei mutui subprime del 2008 è una causa per un risarcimento di 25 miliardi di dollari.

► Altri guai per Obama: le compagnie assicurative aumentano i prezzi

La proposta di fare causa al governo americano, che ha già richiesto un rimborso dalle banche per i mutui immobiliari,  è stata fatta nel 2011 da Hank Greenberg, ex-a.d. della Aig ora alla guida della società Starr International – tra i principali azionisti della compagnia assicurativa – perché i termini per il rimborso del pacchetto di aiuti ricevuti sono troppo onerosi (in effetti, il tasso di interesse sul debito è del 14%) e anche perché il governo Usa ha ricavato un profitto di circa 22 miliardi di dollari con la vendita delle azioni dell’Aig ricevute durante la parziale nazionalizzazione della società.

► Assicurazioni nel mirino dell’Antitrust

In questo modo il governo, secondo l’accusa di Greenberg, avrebbe favorito i  colossi di Wall Strett, primo fra tutti Goldman Sachs, a discapito degli azionisti della AIG.

In questi giorni la proposta di Greenberg verrà vagliata dal consiglio di amministrazione di AIG. Dalla Casa bianca ancora nessun commento, ma dalla FED fanno sapere che il pacchetto di aiuti e le relative modalità di restituzione del debito, sono state il frutto di una scelta comune tra le due parti. Anche perché, se non fossero stati emessi, la AIG non avrebbe avuto nessuna via di fuga dal fallimento certo.

Il problema è che il cda della AIG deve per forza di cose prendere in considerazione la possibilità di fare causa al governo insieme ai suoi azionisti, che, in caso di esito positivo della loro causa contro il governo, potrebbero continuare la loro azione legale anche contro la compagnia stessa.

Soluzione al default USA

 Il Presidente Obama, adesso che è stato approvato l’accordo sul fiscal cliff, che le borse hanno reagito con entusiasmo e che tutti si sono spesi per dire che non è comunque la soluzione definitiva, torna alla battaglia con i Repubblicani ma le alternative sono poche per evitare il default.

Il primo punto all’ordine del giorno è sicuramente quello del tetto del debito che in modo molto poco lungimirante, secondo tanti analisti, è stato introdotto nell’economia americana e non solo. In pratica questo tetto impedisce al Congresso di fare le manovre desiderate, visto che sono posti dei limiti.

Il corto circuito nasce dal fatto che il Congresso si trova nelle condizioni di approvare le imposte e le spese che determinano il deficit dei bilancio e di poter rifiutare di concedere al presidente Obama la possibilità di chiedere un prestito. Il default in questo caso è assicurato. I Repubblicani, per far pendere la bilancia dalla loro parte, sono pronti a minacciare con questo particolare la Casa Bianca.

L’alternativa legale a questa situazione, è nella politica monetaria o meglio nella coniazione di  monete di platino. Coniando anche una sola moneta da 1000 miliardi di dollari da depositare poi presso la FED, il Tesoro americano avrebbe le scorte finanziarie per attuare le riforme. Una soluzione che per quanto possa apparire bizzarra, è comunque praticabile.