Il licenziamento e l’assunzione della colf sono temi a metà strada tra il fisco e l’occupazione, ma oggi vogliamo approfondire un aspetto squisitamente fiscale della questione “licenziamento”.
Per via della riforma del lavoro, adesso, coloro che impiegano una badante, una colf o un altro collaboratore domestico, dovranno versare un ticket che sarà usato per finanziare il fondo Aspi. Questa nuova imposta sembra avere come effetto l’erosione dei risparmi delle famiglie e degli anziani che dovranno pagare in base all’anzianità di servizio del collaboratore.
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Il timore, adesso, è che si rispolveri il più economico “lavoro nero”, oppure che ci saranno forti pressioni da parte dei datori di lavoro, per “costringere” i domestici a dimettersi. Soltanto chi si avvale dei buoni lavoro per il pagamento dei collaboratori domestici, non deve versare questa imposta.
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Facendo un rapido calcolo, licenziare una colf può costare dai 39 euro dovuti per un’assunzione di un solo mese, fino ai 1418 euro, dovuti invece per il collaboratore che da tre anni e più lavora per la stessa famiglia.
La normativa specifica che questa tassa deve essere pagata in tutti i casi d’interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, per tutte le causali che darebbero diritto all’Aspi. Quindi sempre, tranne che in caso di dimissioni. Ironia della sorte, la tassa deve essere corrisposta anche se il datore di lavoro muore. La legge, fortunatamente, deve ancora essere messa a punto.