Sarà una settimana cruciale per il futuro della moneta unica europea. In questi giorni, infatti, capi di Stato e di governo si riuniranno per discutere della moneta e dei cittadini dell’Eurozona.
Oggi il meeting d’emergenza sulla Grecia; giovedì e venerdì i leader europei torneranno a Bruxelles per il normale vertice di inizio estate.
Doveva essere quella l’occasione per presentare il rapporto dei 4 presidenti sulla nuova governance dell’euro. Ma la sua approvazione viene anticipata a oggi, per mostrare ai mercati che Eurolandia va avanti e si rinforza anche nel caso di eventuale default greco. In 25 pagine Draghi (Bce), Juncker (Commissione), Tusk (Consiglio) e Dijsselbloem (Eurogruppo) disegnano il nuovo governo della moneta unica. Il testo non piacerà a tutti i premier, per alcuni potrebbe essere poco ambizioso, ma comunque introduce diverse innovazioni nella catena di comando di Eurolandia e dovrebbe essere approvato.
Durante i prossimi 10 anni i capi delle istituzioni Ue vogliono ammodernare l’euro agendo su 4 pilastri: Unione Economica, Unione Finanziaria, Unione Fiscale e Unione Politica. È prevista una road map per portare a termine la ristrutturazione della divisa comune con tre diverse tappe. Il primo “stage” parte dal primo luglio 2015 e si chiude il 30 giugno 2017. Si prevede una manutenzione “senza cambiare i trattati”. Per le due tappe successive nulla viene specificato, lasciando aperta la possibilità di modificarli. Il secondo stage parte dal primo luglio 2017 mentre il terzo si chiuderà nel 2025. Quest’ultimo non prevede però azioni specifiche con i 4 presidenti che si limitano a scrivere: “Quando le due tappe precedenti saranno completate l’eurozona sarà stabile, prospera e attrattiva per gli altri paesi che volessero entrarci “. Dunque un nocciolo duro, quello dell’euro, che va avanti, un’Unione più blanda per gli altri che possono però raggiungere i pionieri.
La filosofia è tedesca, riforme e conti a posto e poi solidarietà con una crescente cessione di sovranità: “I governi dovranno accettare una crescente condivisione delle decisioni sui loro bilanci e sulle loro politiche economiche. Un successo nella convergenza economica e nell’integrazione finanziaria apre la strada ad alcuni gradi di condivisione dei rischi”.