I baby lavoratori di una volta sono arrivati all’attenzione del governo quando si è iniziato a parlare di calcolo dei contributi validi per l’accesso alla pensione. Il sistema pensionistico infatti non aveva mai considerato che molti in passato iniziavano a lavorare molto prima di aver finito (?) il percorso scolastico.
In pratica tanti anni fa s’iniziava a lavorare piccolissimi, magari facendo una sorta di apprendistato nelle botteghe ma questi baby lavoratori non erano considerati parte del sistema lavorativo e hanno trovato poi problemi a farsi considerare nel giusto modo anche dal sistema pensionistico. Problema risolto dal calcolo della pensione trasparente?
Assolutamente no! L’esercito dei baby lavoratori è ancora molto nutrito e l’allarme arriva dalle organizzazioni che si occupano della tutela dell’infanzia. A loro offre una cassa di risonanza anche l’INAIL che fa notare come i ragazzi che iniziano a lavorare molto giovani corrono dei rischi elevati in termini di salute e sviluppo e a niente serve, ad incidente avvenuto, denunciarlo come un incidente di gioco. I dati più rilevanti e preoccupanti al tempo stesso sono quelli riferiti alla gavetta prima dei 16 anni e alle esperienze di lavoro dure e poco sicure, altro che formazione sul campo! Ecco i dati essenziali forniti dall’INAIL:
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“La gavetta prima dei 16 anni pregiudica salute e benessere”.“L’idea che iniziare la gavetta presto possa aiutare i ragazzi a inserirsi meglio nel mondo del lavoro è falsa e fuorviante – ha spiegato Giuseppe Mele, presidente di Paidòss – Un modo utile soprattutto a nascondersi ipocritamente di fronte alla realtà: lavorare prima dei 16 anni mette a rischio la salute e il benessere psicofisico e non aiuta a trovare meglio lavoro. Le stime indicano addirittura che un bambino costretto a lavorare prima del tempo da adulto avrà il doppio delle difficoltà per trovare un impiego dignitoso”.
“Spesso sono esperienze dure e insicure”. “Purtroppo c’è una diffusa mancanza di consapevolezza della pervasività e delle conseguenze del lavoro minorile – ha confermato la senatrice Camilla Fabbri, presidente della commissione d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro – L’istruzione nell’infanzia non può essere sostituita con il lavoro: gli impieghi dei minori non hanno mai ‘valore’ e soprattutto negano un diritto umano, quello a una crescita personale, sociale e morale in serenità che ciascuno deve avere. Il lavoro minorile non è mai positivo, spesso si tratta di esperienze dure per gli orari estenuanti, la mancanza di condizioni di sicurezza, i rapporti complessi con i datori di lavoro anche quando si tratta di familiari. Un ragazzino lavoratore corre più rischi di rimanere ai margini della società: l’istruzione deve essere garantita e l’abbandono scolastico combattuto con ogni mezzo, perché è l’unico modo per garantire che i giovani acquisiscano conoscenze e competenze davvero adeguate al mercato del lavoro in continua evoluzione”.