Unicredit vorrebbe spostare alcune funzioni centrali della sua controllata tedesca Hypovereinsbank, con sede a Monaco di Baviera, a Milano al fine di risparmiare sui costi.
Lo ha comunicato l’amministratore delegato, Federico Ghizzoni, in un’intervista al quotidiano tedesco Handelsblatt. La controllata tedesca ha mostrato un cost-income ratio del 75%, molto superiore rispetto a quello di Unicredit (60%).
“Ci sono diverse possibilità per rendere la banca più snella e per centralizzare alcuni delle operazioni non direttamente legate alla clientela a livello di gruppo”, ha aggiunto Ghizzoni che vuole presentare i dettagli del piano di ristrutturazione di Hvb entro la fine dell’anno, sempre secondo quanto riportato da Handelsblatt.
In una nota, intitolata “Beware the Underdog”, gli analisti di Mediobanca Securities avevano già evidenziato l’ampio margine che Unicredit ha per tagliare l’organico del corporate centre di Hvb che attualmente dispone di oltre 6000 dipendenti.
“Crediamo che il prossimo piano possa essere il catalizzatore per far evolvere il caso di investimento di Unicredit fornendo un taglio dei costi in Germania, una ripresa grazie al miglioramento dei non performing loans e una riallocazione di capitale in Austria-Centro Est Europa”, concludono gli analisti di Mediobanca che sul titolo Unicredit mantengono il rating outperform e il target price a 9,10 euro.
In ogni caso il top manager ha chiarito che Unicredit, che ha fronteggiato il nervosismo degli investitori per i suoi livelli di capitale, non ha intenzione di vendere Hvb oppure di quotarla, dieci anni dopo aver assunto il controllo della banca tedesca. “Sarebbe un errore. Dopo tutto, Hvb è una banca forte nell’economia più forte d’Europa. Quindi non sarebbe logico lasciare questo mercato”, ha spiegato.
Quanto al consolidamento del settore bancario in Europa, il 57% dei banchieri presenti al convegno Banken im Umbruch, organizzato dal quotidiano Handelsblatt a Francoforte, ritiene probabile un consolidamento cross-border del settore bancario nei prossimi cinque-dieci anni, mentre il 43% lo ritiene improbabile. Per lo stesso Ghizzoni un consolidamento in Europa, in teoria, avrebbe una logica ma “il vero punto è se le banche sono pronte a farlo o no”.