Sono molte le persone che in questo ultimo periodo si interrogano sulla convenienza o meno di richiedere la totalizzazione nazionale dei contributi. Si tratta, per lo più, di lavoratori che, dopo la Riforma Fornero, sono nella condizione di esodati, quindi senza lavoro e senza reddito da pensione.
Persone che, quando capita l’occasione, fanno anche altri lavori, magari come collaboratori esterni o con contratti a progetto.
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A queste persone conviene chiedere, alla fine del lavoro, richiedere la totalizzazione contributi? Esistono dei vantaggi reali o è meglio non farla? Come funziona ora dopo l’entrata in vigore delle ultime riforme?
Proviamo a fare un excursus sulla normativa che riguarda la totalizzazione nazionale dei contributi per capirne di più e scegliere, con maggiore cognizioni di causa, se farla o meno.
1. Adeguamento della totalizzazione alla stima di vita
Con la Circolare Inps numero 35 del 14 Marzo 2012 è stato precisato che anche tutti coloro che vogliono accedere al trattamento pensionistico con la totalizzazione nazionale sono soggetti agli aumenti previsti della speranza di vita, che porta il requisito anagrafico per accedere alla pensione di vecchiaia a 65 anni e 3 mesi e quello contributivo a 40 anni e 3 mesi.
Restano valide per la totalizzazione, che prevede comunque il raggiungimento di un minimo di 40 anni di contributi, tutte le forme di contribuzione ad esclusione di contributi figurativi derivanti da disoccupazione e malattia.
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2. La finestra mobile
I lavoratori che scelgono la totalizzazione devono passare attraverso una finestra mobile di 18 mesi, come sancito dal decreto legge 78/2010. Con il messaggio Inps n. 214 del 4 gennaio 2013 l’Istituto ha anche precisato che se si accede alla pensione per totalizzazione ma indipendentemente dal raggiungimento dei requisiti anagrafici la finestra mobile aumenterà la sua durata di un mese per il 2012, di due mesi per il 2013 e di tre mesi a partire dal 2014.
3. Cancellazione del requisito dei tre anni
La riforma Fornero ha portato la cancellazione dei tre anni di durata minima per la totalizzazione delle contribuzioni. Questo vuol dire che tutte le contribuzioni accreditate possono essere utilizzate (in presenza di contribuzioni coincidenti vanno considerate una sola volta), quindi anche periodi più brevi totalizzati in altre casse andranno a far parte della contribuzione totale.
Tra le casse che partecipano alla totalizzazione c’è l’assicurazione generale obbligatoria (Ago), Fondo Elettrici, Telefonici, ex Inpdap, Casse privatizzate dei liberi professionisti, iscritti alla gestione separata dell’Inps, Fondo di previdenza del clero e dei ministri del culto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica.
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4. L’ammontare dell’assegno
Qui si inizia a parlare degli svantaggi della totalizzazione: l’assegno derivante da questa scelta contributiva, infatti, sarà sempre più basso di un assegno pensionistico tradizionale, in quanto l’ammontare dell’assegno viene calcolato solo i base al sistema contributivo, il che comporta un abbassamento del rateo del 30-35%.
5. I vantaggi della totalizzazione nazionale
Dal momento che la totalizzazione mette insieme i contributi versati in più casse, è stato deciso di dare requisiti unici per l’accesso alla pensione, che possono risultare, nella maggior parte dei casi, più vantaggiosi in termini di età e di contributi versati, rispetto ai requisiti richiesti richiesti dopo la riforma Formero per le singole casse.
Se si opta per la totalizzazione, si può accedere alla pensione di vecchiaia con 65 anni di età e 20 di contribuzione, mentre per la pensione di anzianità si necessità di 40 anni di contributi, requisiti che non variano, come invece accade per le singole casse, in caso di contribuente uomo o donna.
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Anche in caso di pensione anticipata i requisiti sono più favorevoli: con la totalizzazione l’età è irrilevante, mentre, in tutti gli altri casi, per non avere decurtazioni permanenti dell’assegno è necessario aver raggiunto almeno i 62 anni di età.