I guai per questo colosso delle automotive non accennano a diminuire. Dopo il diesel gate che ha incrinato di parecchio la credibilità di un’azienda per anni assurta a modello delle industrie automobilistiche europee e mondiali, adesso all’orizzonte compare la nuova sfida: dimostrare di essere estranei all’accusa di evasione fiscale.
Gli inquirenti dicono che Volkswagen a truccato i risultati sugli scarichi delle sue vetture ma ha truccato anche i conti. I due argomenti vanno di pari passo, questo è facile intuirlo. Al centro c’è l’indagine della Procura Braunschweig che contesta tasse inferiori al dovuto per via della manipolazione delle emissioni.
Come ha spiegato il procuratore di Braunschweig, Klaus Ziehe,
“al momento ci sono cinque indagati che provengono dall’ambito del gruppo Volkswagen”.
Spiegano le agenzie stampa:
Alla base dell’indagine il danno per il fisco legato alla manipolazione delle emissioni di CO2 delle vetture del gruppo tedesco, un elemento che in Germania è fondamentale nel calcolo della tassa di circolazione. Essendo le emissioni reali notevolmente più alte, è l’ipotesi su cui si basa l’indagine, esiste una forte discrepanza fra quanto dovuto e quanto incassato dal fisco. Quella fiscale è la seconda inchiesta aperta dalla procura di Braunschweig in merito alla falsificazione delle emissioni da parte dei veicoli del gruppo VW.
In parallelo all’annuncio giunto da Braunschweig, Volkswagen ha respinto le nuove accuse giunte dagli Stati Uniti circa la presenza nei motori diesel da tre litri di Audi e Porsche di un programma in grado di manipolare le emissioni di inquinanti. Porsche. “Ci sono diverse interpretazioni tecniche” circa il software identificato nei motori dei modelli premium, ha spiegato un portavoce di Volkswagen, aggiungendo che queste interpretazioni “sono oggetto di discussioni in corso con le autorità statunitensi”.