Acri è l’associazione che rappresenta collettivamente le Fondazioni di Origine Bancaria e le Casse di Risparmio Spa e il 28 ottobre ha celebrato la 91a Giornata Mondiale del Risparmio: in questa occasione vengono presentati i risultati di un’indagine di opinione effettuata presso un campione di popolazione italiana adulta.
Ecco i risultati che riguardano il capitolo sulla nuova Europa,
> 91ª Giornata Mondiale del Risparmio – L’Europa e l’Euro
Innanzitutto molti italiani ritengono che l’Europa stia riguadagnando in centralità sullo scacchiere internazionale: se solo 3 anni fa il pendolo del futuro pareva spostarsi decisamente verso Est, a favore dei Brics e in seconda battuta degli Usa, ora la situazione appare differente. Dei Brics, solo la Cina mantiene le proprie posizioni di vertice nelle aspettative degli italiani, ma se nel 2012 il 60% la ritenevano tra i paesi più importanti per il futuro, ora il dato è sceso al 47%. Nel contempo gli Stati Uniti riprendono centralità, passando dal 34% al 42%, mentre al terzo posto risale l’Europa, dal 19% al 25%. L’attivismo russo invece non pare convincere del tutto gli italiani: rispetto a tre anni fa la Russia guadagna solo un punto percentuale (dal 15% al 16%). L’Europa sembra offrire modelli di comportamento molto migliori di quelli di cui fanno esperienza i nostri concittadini, soprattutto riguardo a senso civico (migliore in Europa rispetto all’Italia per il 72% degli italiani), classe dirigente adeguata (per il 68% è migliore a livello del resto d’Europa), rispetto dell’ambiente (maggiore in Europa per il 63%). L’Italia appare più in linea con l’Europa per quanto riguarda la produttività (per il 46% è meglio in Europa, per il 50% è uguale o migliore in Italia), per la qualità della vita (40% meglio in Europa, 55% uguale o meglio in Italia), mentre l’Italia appare decisamente più attrezzata per quanto riguarda la capacità di risparmio (31% maggiore in Europa, 63% uguale o maggiore in Italia). Gli italiani ritengono che se non ci fosse stato il percorso di integrazione europea l’Italia sarebbe più arretrata, con meno giustizia sociale, meno importante sulla scena internazionale, e forse un po’ più povera. Però sarebbe anche più libera. Otto anni fa la percezione a questo riguardo era opposta: cioè la maggioranza riteneva che senza l’integrazione europea l’Italia sarebbe stata meno libera; questo capovolgimento d’opinione insieme al ridimensionamento della percezione dei vantaggi derivanti da 50 anni di Europa unita dovrebbe indurre una riflessione in merito alla distanza tra le attese dei cittadini italiani e la risposta che a esse arriva dall’Unione Europea.
Gli italiani auspicano un’Europa che sappia soprattutto ridurre le diseguaglianze, tra paesi (economiche, fiscali, legali) e tra i cittadini (sulla distribuzione del reddito e sulla parità di genere); un’Europa anche più attenta ai cittadini, specie quelli più giovani, e alle imprese; un’Europa che investa in ricerca e sviluppo. Un’Unione Europea che punti più sulle piccole imprese (77%) che non sulle grandi (17%) quale asse portante del proprio contesto produttivo, un’Europa che abbia sempre più a cuore agricoltura e industria (76%) piuttosto che servizi e informatica (19%), un’Europa che definisca una maggiore uniformità legislativa nell’economia (64%) piuttosto che lasciare completa autonomia ai paesi (28%): queste sono le caratteristiche che deve avere primariamente. Ma deve anche essere un’Europa che faccia crescere e sviluppare tutti i territori (62%), piuttosto che puntare al mero spostamento dei lavoratori tra i paesi (33%); che si possa allargare (49%, che arriva al 61% tra i giovani) piuttosto che restringersi (42%), ma che deve anche svilupparsi in modo che, nel farsi ancor più “Unione Europea”, non annulli le specificità dei singoli paesi, anzi le sappia valorizzare (49%, specie fra le donne, mentre il 45% vorrebbe una piena integrazione politica).