Può un’azienda del calibro di Adidas entrare in crisi per mancanza di creativi disponibili al trasferimento in Germania, nel paesino di 24.000 abitanti in cui il brand ha sede? La risposta, stranamente, è si. Non a caso, dall’inizio dell’anno ad oggi dopo che le azioni del marchio avevano perso un quarto del proprio valore, Adidas aveva lanciato il terzo profit warning annuale. Un allarme più grave rispetto ai due precedenti già scattati dall’inizio del 2014 ad oggi.
L’azienda ha perso quota, soprattutto sul mercato del Nord America, in relazione ai prodotti sportivi legati all’universo del golf: uno sport molto praticato (soprattutto) da quelle parti, il cui outfit è ormai di totale appannaggio della Nike.
Le soluzioni per uscire da questo momento nero, però, non sembrano mancare. In primo luogo, per correre ai ripari, è stata aperta una sede distaccata a Brooklyn. Il quartiere newyorkese è considerato ormai come uno dei più ‘trendy’ della Grande Mela.
Da Brooklyn le nuove attività “creative” del brand prenderanno quota in tutto il globo. Steve Fogarty, responsabile del settore digitale del gruppo è attualmente alla ricerca di figure in grado di fare la differenza.
Qualcosa sta iniziando a cambiare, e non a caso i risultati immediati non tardano ad arrivare. Presso la Borsa di Francoforte, infatti, il titolo ha fatto segnare un notevole incremento con un plus di quattro punti percentuali. Oggi l’azione del gruppo con sede in Bavaria (Herzogenaurach, un paesino di 24.000 abitanti) registrava un +4,17%, e scambia a 61,72 euro.
A cosa si deve il contraccolpo in positivo di Adidas? E’ stato annunciato che il consiglio di amministrazione ha scelto di approvare un programma di remunerazione dei propri azionisti, dal valore di 1,5 miliardi di euro nei prossimi tre anni, da effettuarsi principalmente mediante un vero e proprio piano di buyback (riacquisto di azioni proprie).