In un periodo di crisi la famiglia può rappresentare un’ancora di salvezza, soprattutto se insieme alla famiglia si riesce a costituire un’impresa. Nonostante la disciplina di riferimento sia l’articolo 230-bis del Codice Civile, ci sono stati degli aggiornamenti legati al modificarsi della famiglia. Ecco qualche punto di riferimento normativo.
Il Codice Civile dà la definizione di impresa famigliare ed è possibile leggere l’articolo 230-bis direttamente sul sito della Camera di Commercio. Ne riportiamo lo stralcio dedicato alle relazioni famigliari:
Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo [c.c. 74, 75, 76, 77, 78]; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo.
Com’è possibile notare non si parla di conviventi e, in un punto precedente a quello citato si fa riferimento al fatto che i famigliari, cui spetta il 49% degli utili, da dividere in modo proporzionale, non partecipano alla gestione dell’impresa che resta a carico dell’imprenditore. Altrimenti si dovrebbero costituire in società.
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Due sentenze della Corte di Cassazione sono intervenute a disciplinare sia il ruolo della convivente in un’azienda famigliare, sia il contributo che la moglie casalinga dà all’impresa stessa.
La Cassazione Civile , Sez. lavoro, sentenza 15.03.2006 n° 5632 spiega che nell’impresa famigliare la moglie e la convivente di fatto svolgono un ruolo analogo. Per la precisione si spiega che:
L’attività lavorativa e di assistenza svolta all’interno di un contesto familiare in favore del convivente di fatto trova abitualmente la sua causa nei vincoli di solidarietà ed affettività esistenti, che di regola sono alternativi ai vincoli tipici di un rapporto a prestazioni corrispettive, qual è il rapporto di lavoro subordinato, mentre talvolta è possibile inquadrare il rapporto stesso nell’ipotesi dell’impresa familiare, applicabile anche alla famiglia di fatto in quanto essa costituisce una formazione sociale atipica a rilevanza costituzionale ex art. 2.