La Corte di Cassazione ha stabilito con la sentenza numero 1352 del 31 gennaio che se la Guardia di Finanza durante gli accertamenti, chiede informazioni al contribuente indagato per evasione fiscale, quando non è presente il suo difensore, può comunque usare le informazioni carpite per l’accertamento.
“Non parlerò se non in presenza del mio avvocato” è quindi una frase che potremo sentire soltanto nei film, oppure dalla bocca di qualche cittadino non informato sulla nuova normativa fiscale.
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Il fatto che ha generato il pronunciamento dei giudici di Piazza Cavour, risale al 1997 quando l’Amministrazione finanziaria aveva inviato degli avvisi di accertamento ad un contribuente relativi a dichiarazioni già presentate dallo stesso nel 1990, 1991 e 1992.
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Non è tanto il fatto in sé a sorprendere, quanto piuttosto che l’accertamento si fosse fondato su dei particolari raccolti durante le indagini finanziarie che erano seguite alla notifica. Il contribuente, nel dettaglio, aveva fatto delle dichiarazioni alle fiamme Gialle, relative ai movimento del suo conto corrente, facendo pensare che potesse avere in Italia un’attività imprenditoriale.
Il contribuente ha fatto ricorso contro gli accertamenti spiegando che l’Amministrazione finanziaria aveva agito in modo illecito, acquisendo informazioni quando il contribuente non era in presenza del suo difensore. Il ricorso del contribuente è stato respinto dai giudici che lo hanno anche condannato al pagamento delle spese processuali.