L’attenzione degli operatori finanziari si sposta gradualmente verso Oriente. Le borse asiatiche hanno aperto manifestando segnali di debolezza anche oggi per poi ricominciare a risalire grazie a un’Eurozona più stabile e ai buoni guadagni delle società statunitensi.
Nel mezzo, un episodio che fa discutere: Caijing, quotidiano finanziario cinese, ha scritto che la Consob locale (China’s Securities Regulatory Commission) ha negato l’esistenza di un piano del governo per chiudere un fondo di Stato di salvataggio.
Alle ore 8 italiane, Hong Kong cresceva dello 0,57% , Shanghai dello 0,9%, mentre a Tokyo il Nikkei ha chiuso in rialzo dello 0,9% a 20.831 punti.
Nel frattempo è stato pubblicato il dato sugli investimenti esteri diretti della Cina, che ha giugno sono saliti dello 0,7% in confronto a un anno prima, contro il balzo del 7,8% di maggio. Il ministero del Commercio non ha aggiunto altro.
Tokyo appare positiva, a seguito della chiusura per festività di ieri. Il rialzo del dollaro (attualmente a 124,31 il cambio, +0,13% in confronto alla chiusura precedente) e il Wti che nelle scorse ore ha rotto al ribasso la barriera dei 50 dollari hanno ridato ossigeno alle large cap giapponesi.
In primo luogo il comparto tecnologico con Hitachi, Sharp, Casio, Sony e Fujitsu, e in secondo luogo alle compagnie aeree e al settore dello shipping.
Intanto, i prezzi delle materie prime sono scesi durante la sessione asiatica a causa del rafforzamento del dollaro e della previsione di rialzo dei tassi a breve da parte della Federal Reserve. Sarebbe la prima volta negli ultimi dieci anni.
L’oro ha continuato a calare dello 0,4% a quota 1.102,6 dollari. Secondo gli analisti di settore, al di sotto della barriera dei 1.000 dollari l’oncia il metallo giallo inizia a essere un costo e non più un guadagno per le società minerarie. Quindi attenzione alla possibile rottura della barriera.