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In Italia è quindi in aumento la deprivazione che porta al rischio di povertà. Le famiglie che non possono permettersi di andare in ferie sono aumentate passando dal 46,7% al 50,8%. Quelle che non si possono permettere un adeguato riscaldamento della propria casa sono aumentate dal 18% al 21,2%. Sono aumentate anche le famiglie che non sono in grado di sostenere spese impreviste di 800 euro, passando dal 38,6% al 42,5% e quelle che non sono in grado di avere un pasto proteico adeguato ogni due giorni, dal 12,4% al 16,8%.
Il rischio di povertà e di esclusione sociale è più alto nelle famiglie numerose, dove arriva al 39,5%, e in quelle dove è solo un membro ad avere un reddito, dove arriva al 48,3%.
Tra le categorie sociali a maggiore rischio povertà aumentano i pensionati, che tra il 2011 e il 2012 sono passati dal 34,8% al 38%, le famiglie con un solo genitore, passate negli stessi anni dal 39,4% al 41,7%, e le famiglie con tre o più figli, con il rischio di povertà che è passato dal 39,8% al 48,3%.
Nel 2001 la deprivazione era presente maggiormente nei lavoratori dipendenti con il 10,7% rispetto ai lavoratori autonomi che sono al 7,1%. L’anno successivo conferma che c’è maggiore rischio per i lavoratori dipendenti, ma la distanza si abbsassa con questi al 13,7% di rischio e i lavoratori autonomi al 12,6%.
Il reddito medio nel 2011 in Italia è stato di 24.634 euro l’anno. Nel Sud la situazione è diversa con la metà delle famiglie che ha un reddito minore di 20.129 euro l’anno. Il 20% delle famiglie italiane più ricche percepisce il 37,5% del reddito totale. L’indice di Gini ha mostrato che la diseguaglianza è rimasta stabile.