Tra le misure contenute nel Def 2014 appena approvato dal Consiglio dei Ministri c’è l’ok all’aumento dell’aliquota della tassazione sulle rendite finanziarie che andrà dal 20 al 26% partendo dal prossimo mese di luglio.
Quindi, se sui titoli di Stato (Bot e Btp) si continuerà a pagare il 12,5%, su azioni, obbligazioni, conti, la tassa sulle rendite finanziarie, in altre parole sugli interessi e sui guadagni in conto capitale, salirà dal 20 a 26%, probabilmente già dal primo maggio. È un aumento molto criticato ma che effettivamente allinea l’Italia al resto d’Europa dove l’aliquota è al 25%. Ma di diverso dagli altri paesi europei, c’è che in Italia già si paga una mini patrimoniale che dal primo gennaio è salita allo 0,2%.
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Ed è dietro questa mini patrimoniale che si nasconde il problema del reale rialzo delle tasse sulle rendite finanziarie, perché, se, portare l’aliquota al 26% non è una cosa negativa considerando che in Europa viene già applicata, quello che rappresenta in totale un salasso è che all’aumento dell’aliquota al 26% bisogna bisogna quell’ulteriore spesa dello 0,2% della mini patrimoniale sui prodotti finanziari.
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Il Def prevede per il 2014 una crescita del Pil, pari allo 0,8%, lievemente più bassa di quella stimata dal governo Letta, lievemente più alta di quella fissata dalle principali organizzazioni internazionali. Per il rapporto tra il deficit e il Pil, si indica il 2,6%. Stando al documento del governo l’economia italiana è ancora ‘fragile e i risultati della manovra per la crescita si vedranno nei prossimi due-tre anni’.