Un contribuente che non abbia pagato di tasca propria un’autovettura di grossa cilindrata ma, poniamo il caso, l’abbia ricevuta in eredità, deve documentare che il possesso dell’auto non implica per lui una maggiore ricchezza.
Possedere una macchina di grossa cilindrata, non sempre, indica che il contribuente che si ha davanti ha un patrimonio adeguato a sostenere la spesa per l’autovettura. Nonostante questo presupposto, l’Agenzia delle Entrate presume che il contribuente abbia un maggiore reddito rispetto a quanto dichiarato.
Il presupposto dell’Erario deve quindi essere confutato dal contribuente stesso, provando che le entrate presunte, inserite nel redditometro, non esistono o se ci sono sono, sono di natura inferiore alle “previsioni” dell’Agenzia delle Entrate.
Ad affermare il tutto ci ha pensato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18604 del 29 ottobre 2012. I porporati hanno dovuto pronunciarsi in merito ad un fatto pratico: l’Agenzia delle Entrate ha dovuto quantificare ad un contribuente un reddito maggiore rispetto a quello dichiarato alla luce del fatto che dispondeva di tre autovettura di grossa cilindrata.
La Corte d’Appello ha quindi accolto il ricorso del contribuente contro l’avviso d’accertamento perché secondo i giudici la Commissione Tributaria Provinciale non era riuscata a dimostrare che per tenere quelle auto il contribuente sosteneva spese incompatibili con il reddito dichiarato.
Adesso però, l’ultimo pronunciamento della Cassazione, attribuisce al contribuente l’onere della dimostrazione.