Sono in crescita i casi in cui una cordata cinese rileva quote di capitale di aziende italiane. Le cooptazioni tra Cina e Italia, dunque, sono in netto aumento.
Mercoledì il consiglio di amministrazione di Terna, la società partecipata dallo Stato che ha in seno la rete elettrica della Penisola, ha cooptato come nuovo amministratore non esecutivo il cinese Yunpeng He. E’ la prima volta, di fatto, che un gruppo quotato a Piazza Affari vede entrare nel proprio board un cittadino della Repubblica Popolare. La decisione non arriva però come se fosse una sorpresa, visto e considerato che la scorsa estate il colosso pubblico di Pechino State grid corporation of China ha comprato il 35% di Cdp Reti, l’azienda controllata da Cassa depositi e prestiti che detiene il 30% di Snam e, appunto, di Terna. Un investimento da 2 miliardi le cui clausole comprendono appunto il diritto, per State grid, di designare un amministratore nei consigli delle due aziende. La scelta è caduta su He, vicedirettore dell’ufficio europeo di quella che è la più grande società elettrica del mondo.
In ogni caso, la nomina segna una svolta. Che arriva proprio mentre il governo Renzi studia norme per attirare in Italia gli investimenti dei grandi capitali stranieri. Ed è solo un assaggio, considerato che le partecipazioni rilevanti in società quotate detenute dalla Cina attraverso People’s Bank of China sono già otto. Oltre a Terna, l’istituto centrale di Pechino ha pacchetti di più del 2% in Saipem, Assicurazioni Generali, Eni, Enel, Prysmian, Telecom Italia e Fca.
Ma le operazioni descritte sono sono le uniche in essere.
In queste settimane, infatti, sono in corso le trattative tra Finmeccanica e la società cinese Insigma per la cessione di AnsaldoBreda, specializzata nella costruzione di treni, tram e metropolitane, e Ansaldo Sts, che si occupa di segnalamento ferroviario. E, passando alle non quotate, va ricordato che nel maggio scorso Shangai electric è entrata nel capitale di Ansaldo Energia con una partecipazione del 35%.