Il terzo trimestre dell’anno verrà ricordato come un campanello d’allarme tenendo presente che le azioni globali si trovano nel loro periodo più violento, misurato dalla prima e dalla seconda più grande ondata di volatilità, dalla crisi finanziaria del 2008.
Le azioni dei mercati sviluppati sono in calo del 6,2% nel trimestre, ma le azioni dei mercati emergenti sono vertiginosamente scese del 16,2%. Col senno di poi, è chiaro che una correzione era necessaria, dato che i mercati azionari sviluppati stavano diventando “scollegati” nonostante i molti segnali di allarme provenienti dal rallentamento sbalorditivo della Cina, dalla recessione in Brasile e dalla perdita del Brent di un altro 25%. I principali indicatori puntano verso il basso in tutto il mondo e verso tassi d’interesse più elevati all’orizzonte per gli Stati Uniti. È stata probabilmente la diffusione di una serie di dati macro dalla Cina che improvvisamente ha dato il via alla vendita di titoli azionari sui mercati sviluppati, portandoli sotto determinati valori soglia e aggiungendo quel tanto che basta di volatilità per far partire un sell-off senza precedenti su tutte le principali asset class.
Le grandi domande per gli investitori in azioni sono: quanto e quanto velocemente la Federal Reserve varerà la stretta monetaria? Le risposte a entrambe queste domande potranno creare un modus operandi certo con implicazioni per la valutazione delle azioni e delle performance. La ricerca mostra che i mercati azionari sono normalmente meno volatili dopo un aumento dei tassi della Fed, ma che non avevamo mai sperimentato un aumento dei tassi della Fed da una soglia vicina allo 0%. Nelle sue ultime proiezioni economiche, il Federal Open Market Committee prevede nel lungo periodo un tasso Fed Funds intorno al 3,75%, rispetto al 5,25% della fase espansionistica precedente alla crisi finanziaria.