Sono molte le voci che si susseguono presso il G7 di Dresda circa il futuro di Atene. C’è chi paventa un’uscita della Grecia dall’Euro e c’è chi invece crede che l’accordo con i creditori sia dietro l’angolo.
Intanto la Germania ha fatto sapere che l’obiettivo comune è che il Paese rimanga nell’euro, ribadendo le affermazioni della Commissione Ue, ma risponde a una richiesta di più ossigeno da parte del Fmi frenando: “C’è sempre stata flessibilità da parte dei partner dell’Eurozona, e ci sono state delle proroghe”. Continua intanto la fuga di capitali dalle banche elleniche, anche nell’ultimo trimestre.
I mercati concentrano l’attenzione a queste novità e inoltre ai dati dell’economia reale. Sia l’Italia che gli Stati Uniti sono chiamati alla prova della crescita, con l’Istat che conferma l’inversione di tendenza e il Pil a +0,3% nel corso del primo trimestre. Il dato statunitense è ovviamente quello più atteso a livello internazionale e segnala un’attesa contrazione: il primo trimestre 2015, caratterizzato dal rafforzamento del dollaro, ha frenato l’export a stelle e strisce, che ha riportato un calo del 7,6% come contributo all’intera economia. Il Pil Usa ha così registrato una brusca frenata con un ribasso dello 0,7%, secondo i dati diffusi dal Dipartimento del Commercio, che invece aveva annunciato come prima stima un progresso dello 0,2%. Il calo, comunque, è inferiore alle attese degli analisti che avevano messo in conto un ribasso dell’1%.
Le nuove dal fronte economico indirizzeranno l’iter di rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve; prima dei numeri odierni, le rilevazioni sul settore immobiliare erano state positive e la stessa governatrice, Janet Yellen, ha ricordato che la strada maestra prevede un innalzamento del costo del denaro (che manca dal 2006) già nel 2015. La seconda lettura del Prodotto Usa viene dopo il precedente +0,2%, ma il consensus si collocava al -1%.