L’aumento di capitale di Banca Carige sarà di 800 milioni di euro, il massimo autorizzato dalla delega data dall’assemblea. È questa la decisione presa dal cda dopo una lunga seduta in cui è stato approvato il piano industriale 2014-2018 e i conti dell’esercizio appena concluso. I risultati 2013 segnano una perdita di 1,76 miliardi di euro, per la svalutazione quasi totale degli avviamenti (per 1,67 miliardi) e di una immensa pulizia nel portafoglio crediti, al cui interno sono state apportate rettifiche per 1,09 miliardi.
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Il lavoro è stato svolto dal nuovo amministratore delegato, Piero Montani, su input di Bankitalia e che ha dato la possibilità di alzare la copertura delle sofferenze dal 49,8% al 56,3% e quelle degli incagli dal 14,6% al 20,3%. In merito al piano industriale è stato anche deciso di diminuire l’organico con 600 prepensionamenti incentivati da realizzare entro il 2018. Ci sarà anche la chiusura di un centinaio di filiali. Alla fine del piano, che riprova l’intenzione di cedere le assicurazioni e gli asset non core, il gruppo mira a un rote (ritorno sul capitale tangibile) del 9%, a diminuire il cost-income (rapporto tra costi e ricavi) al 51,4% e a raggiungere un livello di Cet1, principale indicatore di solidità patrimoniale sotto Basilea III, dell’11,5%. Per l’aumento di capitale il cda, come deciso con la Fondazione Carige, procederà a giugno, con l’avvio della negoziazione dei diritti di opzione in borsa. La riuscita della ricapitalizzazione, che si scontrerà con un mercato affollato dagli aumenti di diverse banche italiane, è garantito dal consorzio di garanzia a cui partecipano Mediobanca, Citigroup, Credit Suisse, Deutsche bank, Unicredit, Commerzbank, Nomura e il Santander.