Più di trecento miliardi di dollari. A tanto si attestano, in base ad un nuovo studio della britannica Ccp Research Foundation di cui dà conto il Financial Times, i costi legali che le maggiori banche mondiali dal 2010 alla fine dell’anno scorso hanno sostenuto.
L’ultimo report mostra infatti che il totale per 16 banche arriva a oltre 205 miliardi di sterline (306 miliardi di dollari), in crescita di circa un quinto rispetto all’anno precedente.
Chris Steares, il direttore della ricerca, fa notare al quotidiano della City che, malgrado questi costi, molti manager di banca continuano ad affrontare questo tema come se nulla fosse, tanto che i recenti accordi stipulati dalle banche con le Autorità di regolamentazione fanno riferimento a comportamenti manipolatori che si sono protratti fino al 2013. Ci si domanda, dunque, se i comportamenti siano realmente cambiati dopo la grande crisi e si sia andati verso atteggiamenti più virtuosi. La risposta lascia aperti molti dubbi.
In ogni caso, da parte della politica e dell’industria finanziaria arrivano i primi appelli a mollare la presa sulle banche; anche i dirigenti di banca hanno potuto scrivere nei conti minori esborsi, recentemente, per le spese legali. Il Ft cita l’esempio di Bruce Thompson, a capo delle finanze di BofA, che nell’aprile scorso ha presentato un trimestre con spese legali molto più leggere che – ha auspicato – permetteranno di ridurre le riserve di capitale da detenere per far fronte al rischio.
Ma ci sono ancora molti casi che pendono sulla testa dei grandi banchieri, magari su divisioni che fino ad ora erano rimaste immuni: a febbraio, ad esempio, Jp Morgan ha spiegato in una comunicazione obbligatoria che era coinvolta in 20 diversi fronti legali alla fine dell’anno scorso, inclusa un’indagine del Dipartimento di Giustizia americano sull’erogazione di finanziamenti per l’acquisto di auto parametrati in base all’etnia dei clienti.