Diritti di recesso limitati per i soci delle banche popolari che chiederanno il rimborso delle azioni quando il loro istituto si convertirà in una spa.
A stabilirlo è la Banca d’Italia, emanando le disposizioni secondarie di attuazione della riforma delle banche popolari, in una misura volta a proteggere il patrimonio primario (Cet1) delle vigilate. L’interpretazione di Via Nazionale sgombra il campo dai timori di alcuni banchieri che avrebbero potuto trovarsi carenti di capitale in caso di uscita di troppi soci durante la trasformazione in spa. Con questo atto si completa la riforma voluta dal governo di Matteo Renzi, e scattano (non appena ci sarà la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, prevista a ore) i 18 mesi di tempo previsti dalla legge entro i quali le 10 banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi di euro sono obbligate a trasformarsi in società per azioni.
La disciplina “tiene conto dei numerosi commenti ricevuti, che sono pubblicati (nel rispetto delle richieste di anonimato o riservatezza) sul sito internet della Banca d’Italia insieme al resoconto della consultazione e alla relazione sull’analisi di impatto della regolamentazione”. E si applica a 10 gruppi: Ubi banca, Banco popolare, Banca popolare dell’Emilia Romagna, Banca popolare di Milano, Banca popolare Vicenza, Veneto banca, Credito valtellinese, Banca popolare di Sondrio, Banca popolare dell’Etruria e del Lazio e Banca popolare di Bari.
Le principali determinazioni della vigilanza riguardano il calcolo dell’attivo bancario che fa rientrare gli istituti nella fattispecie – al disotto degli 8 miliardi, le popolari continuano a restare tali, mentre le Bcc stanno completando un’autoriforma in coordinamento con le autorità – e il diritto di recesso.