Le Banche Popolari stilano in soldoni quanto potrebbe costare all’economia italiana la riforma del comparto così come è stata proposta nel decreto legge del governo Renzi.
Stando a una nota dell’associazione che le rappresenta la misura contenuta nel decreto determinerà, in termini di Prodotto interno lordo, una contrazione pari a 3 punti percentuali incrementando così l’attuale situazione recessiva e quella già di per sé drammatica dell’occupazione e eliminando le debolissime possibilità di ripresa dell’attività economica.
Inoltre, si evince da una nota della Assopopolari:
Il decreto metterà in moto un meccanismo speculativo tale da determinare un progressivo trasferimento della proprietà di una parte rilevante del sistema bancario italiano alle grandi banche internazionali, stimabile in un totale di attività pari a 528 miliardi di euro, ed avrà come effetto la diminuzione di un flusso di crediti alla clientela stimato in 80 miliardi, dei quali 25 alle famiglie e 55 alle imprese. I tagli imposti ai costi del personale saranno pari a oltre 1,5 miliardi di euro, determinando una contrazione del numero degli occupati pari a circa 20.000 unità. Queste le stime numeriche senza contare però che la trasformazione in Spa delle prime 10 Banche Popolari, con un totale attivo superiore agli 8 miliardi di euro (oltre il 90% dell’intera Categoria del Credito Popolare), penalizzerà fortemente i territori di riferimento e l’economia reale del Paese. Attualmente le Banche Popolari erogano crediti a clientela per circa 375 miliardi di euro, un valore che rappresenta il 27% degli impieghi complessivi del sistema bancario italiano.
Un polmone finanziario che nell’arco di tempo che va dall’inizio della fase di credit crunch nel 2011 sino alla fine del 2013, le Popolari hanno aumentato i prestiti alla clientela del 16% più che compensando la ritirata delle altre banche che hanno diminuito l’erogazione di fidi del 5%.