Barbie, vendite giù e crisi a Wall Street

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Se c’è una bambola che da almeno un ventennio rappresenta un oggetto di culto all’interno di ogni cameretta, quella bambola è Barbie. O almeno, era così fino a pochi anni fa. Anni in cui lei, assieme a Ken, rappresentava il simbolo del benessere.

Oggi, però, le Barbie non riescono più a fare breccia nei cuori delle bambine sempre più prese da videogame e nuovi giocattoli. Così, le vendite crollano e il titolo ne risente fortemente in Borsa. Ma le conseguenze di questa drastica fine di una moda sono molteplici. A fare le spese della crisi è l’amministratore delegato di Mattel, Bryan Stockton, che lascia la guida del colosso dopo tre anni: le vendite dei brand – tra cui anche Fisher Price – calano senza sosta da cinque trimestri. Il suo posto verrà preso da Christopher A. Sinclair, che siede nel consiglio di amministrazione di Mattel dal 1996. Questi i risultati:

Nell’ultimo trimestre dello scorso anno i ricavi hanno nuovamente mancato le stime degli analisti con un calo a 1,99 miliardi (-6%) contro gli attesi 2,14 miliardi. Neppure le feste di Natale, dunque, sono servite a rimettere in carreggiata il gruppo californiano. A complicare la vita del gruppo è arrivata anche la decisione di Walt Disney di non rinnovare la licenza con Mattel per le sue bambole: dal 2016 saranno prodotte da Hasbro.

Nel terzo trimestre le vendite della bambola che ha fatto giocare per 55 anni milioni di bambine sono crollate del 21% contribuendo a un calo dei profitti del 22% e dei ricavi dell’8%: “Questa è una compagnia eccezionale con un grande futuro, ma il consiglio di amministrazione crede che sia arrivato il momento per un cambio al vertice che massimizzi il suo potenziale” ha detto in un comunicato Sinclair.

 

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