Primo summit Bce post referendum britannico. Francoforte ha radunato il suo direttorio, alla luce dell’evoluzione sui mercati a seguito della scelta della Gran Bretagna di uscire dall’Ue e delle forti incertezze connesse a questo processo.
Un processo che sarà lungo e pieno di fasi molto particolari. Un processo che, inoltre, avrà senza dubbio delle ripercussioni sulla (già) debole ripresa europea.
Come ha fatto la Bank of England, anche l’Eurotower ha scelto di non toccare il costo del denaro impostato nella riunione di metà marzo: il tasso di rifanziamento principale è rimasto a quota zero, mentre quello sui depositi delle banche in negativo dello 0,4%. Nella nota che ha chiuso la riunione, la Bce ha rammentato che prevede di mantenere i tassi “a questi livelli o a livelli più bassi per un periodo prolungato, ben oltre l’orizzonte del piano di acquisto di titoli” che ha come scadenza indicativa il marzo 2017. Proprio il Quantitative easing è stato confermato a 80 miliardi al mese e quanto al suo periodo d’azione si è confermato che potrebbe esser esteso in caso sia necessario per riportare l’inflazione all’obiettivo vicino al +2%.
Mario Draghi aveva già spiegato che la Brexit sarà un fattore di rallentamento della ripresa europea, indicando così che probabilmente una reazione della Bce sarà necessaria. Posizione ribadita oggi, nel momento in cui il governatore ha rammentato che il risultato del referendum ha aumentato “incertezze e volatilità sui mercati”, ma che questi ultimi si sono mostrati “resilienti” alla crisi. Il presidente ha spiegato che “nei prossimi mesi, quando avremo nuove informazioni macroeconomiche”, la Bce sarà in grado di avere un quadro più preciso e – qualora fosse lontana dai suoi obiettivi – potrebbe usare “tutti gli strumenti a sua disposizione” per raggiungerli. E ha rivendicato che la Bce ha dato prova di essere pronta e ben disposta all’azione, quando richiesto, ma anche brava ad adattarsi alle circostanze.